Tre anni di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Questa la pena inflitta all’ex premier Silvio Berlusconi, dai giudici della prima sezione del Tribunale di Napoli, dopo sei ore di camera di consiglio.

Stessa pena inflitta anche a Valter Lavitola. Gli imputati sono stati inoltre condannati al risarcimento dei danni, che verrano definiti in sede civile, nei confronti del Senato della Repubblica, che si è costitutito parte civile.

L’accusa mossa dal pool di magistrati della procura – il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i pm Henry John Woodcock, Fabrizio Vanorio e Alessandro Milita – sulla base delle dichiarazioni dell’ex senatore Sergio De Gregorio (condannato ad un anno e otto mesi dopo il patteggiamento), era quella di corruzione, da parte di Berlusconi allo stesso De Gregorio, eletto nelle file dell’Italia dei Valori, per passare tra i pidiellini e annullare la maggioranza risicata dell’allora Governo Prodi (crollata poi definitavemente col passaggio nelle file del centro destra di Clemente Mastella e Tommaso Barbato dopo l’arresto di Sandra Lonardo, moglie dello stesso Mastella), causando la fine dell’esecutivo stesso.

Nel dettaglio, l’ex cavaliere avrebbe pagato una tangente al leader dell’associazione Italiani nel mondo da ben tre milioni di euro, dei quali due milioni sarebbero stati versati in contanti, attraverso l’intermediazione dell’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola, e un milione versato ufficialmente nelle casse del movimento Italiani nel mondo. La pena è stata comunque meno dura di quanto richiesto dai pm (cinque anni per Berlusconi, quattro anni e quattro mesi a Lavitola).

È la prima volta nella storia repubblicana che un leader politico viene riconosciuto colpevole di aver corrotto un senatore per far cadere il Governo del proprio paese, presieduto da un suo avversario. E proprio Romano Prodi, che al pm Woodcock aveva riferito di non essere a conoscenza di alcuna compravendita di senatori, dichiara di non volersi essere costitutito parte civile al processo perché “Non è stata lesa la mia persona, bensì la democrazia”.

“Prendo atto di un’assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibilie”. Così Silvio Berlusconi dopo la sentenza.
“È una sentenza che riteniamo clamorosamente ingiusta ed ingiustificata” dichiara il suo legale Niccolò Ghedini ha già fatto sapere che farà ricorso in Cassazione. Dichiarazione che appare quasi ridicola, dato che la sentenza non potrà mai essere eseguita perché il 6 Novembre decorrerà la prescrizione, a cui gli imputati tuttavia potrebbero anche rinunciare (cosa che appare quantomeno difficile).

La sentenza quindi va a rimpolpare il già nutrito numero di vittorie di Pirro della Giustizia italiana, aggirata e violentata continuamente da certi personaggi che costruiscono i loro percorsi politici ed istituzionali sulla corruzione, il sotterfugio e il potere mediatico. Personaggi che credono di poter dare un rezzo a qualsiasi cosa, a qualsiasi uomo. Personaggi che trovano terreno fertile proprio quando incontrano altri personaggi come lo stesso De Gregorio, che giocando a fare la parte del peccatore in via di redenzione come San Francesco dichiara “Mi appello al presidente Renzi perché faccia approvare il pacchetto anticorruzione che contempla una norma che impedisce la prescrizione in casi come questo.”

E sempre con dichiarazione dello stesso De Gregorio, rilasciata ai magistrati durante la sua confessione, fa da manifesto a tutta questa vergognosa vicenda: “La considero la peggior storia di malcostume politico della vita repubblicana e io, poprio io, me ne sono fatto portatore”.

Domenico Vitale

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