Nonostante il sistema maggioritario a collegi uninominali – sinonimo di stabilità nella narrazione politica italiana –, anche il Regno Unito è ingovernabile. Dopo le elezioni svoltesi ieri, infatti, il Parlamento britannico non ha una maggioranza. Il Partito Conservatore di Theresa May si ferma a 318 seggi – ne servono 326 per la maggioranza assoluta –, mentre il Partito Laburista guidato da Jeremy Corbyn riesce a raggiungere i 262 seggi.
PRIMI SENZA VINCERE
“Hung Parliament”: parlamento sospeso o impiccato. Esattamente come è impiccata la leadership di Theresa May. Il primo ministro aveva indetto, infatti, elezioni anticipate per ottenere una maggioranza più ampia. Invece, si è fermata a 318 seggi, un numero lontano dai 326 necessari per la maggioranza assoluta e ancor di più dai 330 di cui disponevano i conservatori prima del voto. La scommessa della May di ottenere una maggioranza ancora più ampia – dettata dai sondaggi favorevoli – per affrontare la Brexit è stata persa a causa dell’avanzata inarrestabile del Partito Laburista di Jeremy Corbyn, che raggiunge i 262 seggi. La sconfitta elettorale dei conservatori sembra segnare anche la fine della leadership della May nel partito e il suo incarico da Primo Ministro. Il più probabile successore di Theresa May alla guida del Partito Conservatore è Boris Johnson, ex sindaco di Londra e sostenitore della Brexit durante la campagna referendaria del 2016.
CORBYN RILANCIA IL PARTITO LABURISTA
Se Theresa May è arrivata prima ma non ha vinto – per utilizzare un’espressione di bersaniana memoria –, il vero vincitore di queste elezioni è Jeremy Corbyn, il leader del Partito Laburista. Dato per sconfitto fin dall’inizio della campagna elettorale, considerato sostenitore di una linea vecchia, troppo radicale e, per questo, perdente, Corbyn ha portato il Partito Laburista ad ottenere 262 seggi, il massimo dal 2010 ad oggi, superando sia Ed Miliband (232) che Gordon Brown (258). E, in termini di percentuali – oltre il 40% –, ha superato anche il risultato di Tony Blair del 2005 – 35,2% –, che però vinse per il numero di seggi. Corbyn è riuscito a far crescere il Partito Laburista, dopo anni di declino, e ad impedire a Theresa May di ottenere la maggioranza. Forse, dopo le primarie in cui quasi nessun deputato laburista lo sostenne, dopo la sfiducia e la sua conferma alla guida del partito, finalmente la sua leadership sarà riconosciuta.
SI RAFFORZA IL BIPOLARISMO, SI INDEBOLISCONO GLI ALTRI PARTITI
Nel Regno Unito, a differenza del resto d’Europa, il bipolarismo non è mai stato messo realmente in discussione. In queste elezioni ne esce addirittura rafforzato: su 650 seggi, 580 appartengono ai primi due partiti. Fino ad oggi, erano 562. Ne pagano le conseguenze i partiti minori. Lo UKIP perde il suo unico seggio, rimanendo fuori dal parlamento, riducendo all’1,8% il suo consenso (perde 11 punti). Del resto, il suo principale scopo – l’abbandono dell’UE – è stato raggiunto, dunque l’elettorato lo ha abbandonato, rivolgendosi, però, più al Partito Laburista che al Partito Conservatore. Perde ben 21 seggi, fermandosi a 35, il Partito Nazionale Scozzese. Crescono, invece, i Liberal-Democratici – che arrivano a 12 seggi (contro gli 8 di prima) –, la sinistra radicale irlandese Sinn Fein – che arriva a 7 seggi –, la sinistra indipendentista gallese Plaid Cymru – 4 seggi – e il Partito Unionista Democratico – che arriva a 10 seggi. Mantengono il loro seggio i Verdi.
IL FUTURO DEL REGNO UNITO
Il Regno Unito esce, dunque, completamente instabile dalle elezioni, in un momento – quello della preparazione della Brexit – in cui sarebbe necessario un governo forte.
Siccome un governo di minoranza non è auspicabile in una situazione del genere, si ragiona su altre ipotesi. Una di queste è la costruzione di una coalizione di governo. A governare con il Partito Conservatore non sono, però, disponibili né il Partito Laburista, né i Liberal-Democratici, né le Sinistre territoriali. Il partito ideologicamente più vicino a quello della May sarebbe il Partito Unionista Democratico. Un’altra ipotesi della quale si è parlato durante il conteggio dei seggi è quella di una coalizione progressista, composta da Partito Laburista, Partito Nazionale Scozzese, Sinn Fein, Plaid Cymru e Verdi. Seppur più probabile per omogeneità ideologica, questa coalizione è diventata, però, numericamente insufficiente al momento della fine del conteggio: si fermerebbe a 309 seggi. Lo scenario al momento più probabile è, dunque, il ritorno al voto, esattamente come in Spagna. Theresa May, però, ha dichiarato che non intende rassegnare le dimissioni, richieste da Corbyn.
Pietro Marino