Ognuno di noi si sarà chiesto almeno una volta, con la testa tra le mani sui banchi di scuola, a cosa servano tutte quelle nozioni e formule matematiche che gli insegnanti si affaticano a spiegare di anno in anno, ripetutamente, ai propri studenti: ebbene, lo scrittore Maurizio de Giovanni, nel romanzo L’equazione del cuore, rende questa materia apparentemente astratta quanto di più concreto e quotidiano possa esistere.
Analisi della trama
Il titolo, sintesi perfetta della trama del libro, si riferisce, in particolare, all’equazione di Dirac, secondo la quale, come riporta l’autore stesso, “se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema”.
Il protagonista della vicenda è Massimo De Gaudio, professore di matematica ormai in pensione, che gli studenti erano soliti beffeggiare per via del chiaro conflitto tra il suo cognome e il suo carattere: Massimo, infatti, è descritto come un tipo solitario che porta dentro sé il fardello della perdita dell’amata moglie e che vede e sente poco la sua unica figlia, Cristina, trasferitasi ormai al nord Italia dopo il matrimonio con un importante imprenditore.
Sebbene Maurizio de Giovanni non fornisca subito al lettore precise indicazioni spazio-temporali, stimolando così la sua immaginazione e rendendolo una sorta di coautore della storia stessa, dalla lettura del romanzo si intuisce che Massimo vive a Procida; in particolare, la prima immagine che abbiamo di lui è quella di un nonno pescatore profondamente amato dal proprio nipote, tanto da diventare per lui un modello da seguire.
Ecco, dunque, la famiglia: è questo, matematicamente parlando, il primo sistema che viene presentato, i cui i vari componenti hanno instaurato tra loro delle relazioni affettive più o meno profonde e più o meno consapevoli. E Massimo, che vive la sua vita in maniera eccessivamente logica e razionale tanto da apparire una figura estremamente fredda e scostante, nonostante voglia dimostrare di essersene staccato, sa bene che in quel sistema è perfettamente incastrato, e non può non esserne influenzato.
Tuttavia, a svegliarlo da quell’apatia che aveva messo a protezione della sua stabilità sentimentale è la notizia di un tragico incidente stradale in cui a perdere la vita sono sua figlia Cristina con il marito Luca, e di cui l’unico sopravvissuto è proprio il piccolo Checco, suo nipote, che lotta tra la vita e la morte.
Qui la crisi: Massimo, pur non rinunciando alla sua rigorosa fede nella rigida logica matematica, a seguito di questo evento traumatico sarà costretto ad aprirsi al mondo; sarà lui, infatti, a dover indagare le cause e la dinamica dell’incidente, e questa volta non gli basterà agire e pensare seguendo degli schemi matematici.
E il merito di Maurizio de Giovanni in questo libro sta proprio in questo: per quanto il protagonista possa apparire odioso e antipatico, egli è allo stesso tempo in grado di suscitare nel lettore sentimenti contrastanti. Non si può, infatti, non provare dolore, compassione e persino affetto per una figura che affettuosa non lo è stata mai davvero, quantomeno non come ci si aspetterebbe che fosse, nemmeno in un momento così drammatico come quello che lo ha travolto improvvisamente.
Questo è probabilmente dovuto alla capacità di de Giovanni di raccontare, con frasi pulite e senza orpelli, la cruda realtà della vita umana: non esistono solo l’amore e le grandi passioni, ma anche l’abitudine, la freddezza, il distacco, anche nei rapporti famigliari più stretti.
Non esiste una norma unica e universale in grado di regolare i sentimenti; accanto alla forza c’è la debolezza; si può raggiungere la vetta e si può anche precipitare rapidamente.
La vita è caos, non è staticità, e forse la conclusione più giusta per questo romanzo è proprio quella che non c’è: de Giovanni, infatti, lascia che sia il lettore a continuare la storia. Se la vita è un flusso in continuo movimento, in costante cambiamento, non può essere soggetta a banali generalizzazioni, e allora non può esserci un finale uguale per tutti.
Mariella Rivelli