manifestazione 8 marzo don

I fatti che andiamo a raccontarvi sono, all’incirca, realmente accaduti. Sono frutto di una conversazione tra una donna e un uomo, giovani, che hanno partecipato alla manifestazione dell’8 marzo e che su questo evento, e in generale sui temi attuali del femminismo, si confrontano mostrando due punti di vista diversi.

“Amore…”

“Dimmi.”

“Allora? Cosa ne pensi? Come ti è sembrata la manifestazione?”

“Non male, anzi. Gli organizzatori hanno affermato che solo a Roma dovrebbero aver partecipato circa 50.000 persone, e c’erano manifestazioni anche in numerose altre città d’Italia. Ho l’impressione che gli eventi di Non una di meno siano tra i pochi che ancora riescono a portare in piazza tante persone, e perfino – miracolo dei miracoli – ad unire per un giorno tutti i partiti di sinistra che nel resto dell’anno si fanno la guerra.”

Ma devi parlare di politica anche dopo una manifestazione femminista?”

“Beh, si cantava ‘odio la Lega’… e ho visto cartelli con la scritta ‘Salvini ce l’hai piccolo’: se non è politica questa…”

Hai ragione, ho notato un attacco – lecito, certo, ma inappropriato in queste forme – a precise figure politiche. La battaglia di Non una di meno è fondamentale sul piano culturale prima ancora che politico. I vari Salvini e Pillon sono prima di tutto uomini: l’educazione al rispetto della donna si rivolge proprio a questo dato. Dietro all’assurdità di un disegno di legge come quello presentato da Pillon c’è un uomo che è portavoce del pensiero di tanti altri uomini, sicuramente contro la piena libertà e l’autodeterminazione della donna.”

“Ecco, questa è una questione che mi ronzava in testa da un po’: come si pone un uomo di fronte al femminismo? È il grande tema dell'”oppressore” che si riconosce in quanto tale e solidarizza con gli oppressi; come un bianco che lotta contro il razzismo, o un eterosessuale che lotta contro l’omofobia. Ricordo che anni fa, ad un’altra manifestazione di Non una di meno dell’8 marzo, arrivò l’indicazione rivolta agli uomini di “farsi da parte e lasciare alle donne la testa del corteo”. Cosa posso fare io, nel pratico? Devo sostenere la battaglia con tutti i mezzi possibili, rischiando un eccesso di protagonismo? O semplicemente lasciare che siano le donne a combattere per se stesse, con il pericolo invece di scivolare facilmente nell’indifferenza?”

Non mi hai detto cosa pensi. Dal mio punto di vista da un uomo mi aspetterei prima di tutto una maggiore consapevolezza: non potete negare che godete di una serie di privilegi, a causa di un sistema patriarcale che da secoli ci sfrutta. E a partire da questo, vorrei che vi batteste tutti i giorni per i nostri diritti, non solo l’8 marzo, che vi indignaste per i soprusi, le violenze, le ingiustizie che quotidianamente e in qualsiasi misura subiamo e denunciaste insieme a noi la situazione, con tutti i mezzi che ci sono a disposizione. Anche l’uomo può – e aggiungerei deve – essere femminista.

“Certo che l’uomo deve essere femminista. Ed è proprio per questo che quando vedo scene come quella che ti ho raccontato prima, o quando leggo che secondo autorevoli scrittrici «Nascere maschi è come nascere figli di boss mafiosi» resto interdetto, ci rimango male. Dovrebbe essere una battaglia comune. Certo, capisco che noi uomini facciamo di tutto per farci volere male: vedi il manifesto della Lega di Crotone, Pillon e il suo decreto…”

Questo succede perché stiamo ritornando, semmai ne fossimo davvero usciti, a una mentalità chiusa e profondamente maschilista. È l’uomo a decidere al posto della donna: sul suo ruolo di genitore, sul suo corpo, sul suo lavoro. Nel caso del ddl Pillon le donne vittime di violenza familiare incapperebbero in ulteriori problemi al momento del divorzio e questo non salvaguarderebbe nemmeno il minore. O ancora: l’obiezione di coscienza, altro orrendo strumento di controllo fisico e psicologico da parte di un uomo. Vogliamo parlare poi del World Congress of Families che si terrà a fine mese a Verona? Con che coraggio dicono di essere ‘schierati dalla parte di lei?'”

“Gli obiettori di coscienza sono una enorme piaga, concordo. Ci sono regioni in cui non esistono medici non obiettori: oltre ad essere un colpo alla laicità dello stato, è anche una di quelle situazioni in cui, come dicevi tu, l’uomo si arroga il diritto di decidere per la donna. Che senso ha ora una legge del genere? Se non vuoi praticare aborti, non fare il ginecologo. Mi sembra poi che il femminismo abbia anche molte rivendicazioni sociali: sentivo le donne inneggiare alla parità di salario, e all’abbattimento del Gender Pay Gap. Ecco perché all’inizio parlavo di ‘sinistra’. La manifestazione contro il razzismo del 2 marzo di Milano, quella dell’8 marzo e quella del 15 marzo per il clima hanno un filo in comune: i diritti, per tutti. E come può chiamarsi un movimento che lotta per i diritti se non, banalmente, ‘sinistra’? E infatti, ieri, si cantava ‘Bella Ciao’…”

Concordo con te sull’importanza di battersi per i diritti che proprio perché riguardano tutti i cittadini dovrebbero essere difesi senza paura. E sull’importanza di portare nelle piazze e anche nelle battaglie quotidiane persone di ogni sesso ed età. Questa eterogeneità l’ho vista bene alla manifestazione femminista dell’8 marzo, e ne sono orgogliosa perché significa che non solo io sono responsabile dei diritti delle donne, ma tutta la comunità.”

“Vedo che siamo, tutto sommato, d’accordo. Ora però devo confessarti una cosa… ho fame.

“Anche io… dove andiamo a mangiare?”

“Boh, decidi tu.”

“Perché tra di noi decido sempre io dove andare a mangiare??”

Testo a cura di Arianna Saggio e Simone Martuscelli

Fotografie di Elisabetta Elia

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