Si è aperta ufficialmente la crisi di Governo, dopo che l’ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha firmato le proprie dimissioni e scritto la sua ultima e-news. Ma cosa avrebbe voluto? E le opposizioni?
Renzi ed il PD
Ciò che è chiaro, dopo la Direzione del Partito Democratico, è che Renzi ha cercato di andare ad elezioni anticipate. Lo dice, chiaramente, quando suggerisce che il PD non “ha paura di andare al voto”, provando a forzare la mano e ad accelerare, come alcuni renziani come Luca Lotti gli suggerivano di fare, ma senza riuscire nel proprio intento. Il Segretario, ormai ex Presidente del Consiglio, avrebbe voluto sfidare tutti appena dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum. Ha dovuto seguire il consiglio di altri, mantenendo toni più fermi e moderati, dichiarando o “unità nazionale o voto”. Una sfida contro il tempo.
È stato fermato dai suoi alleati interni, ma il primo con cui si è scontrato è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale, non avrebbe mai sciolto le camere per mandare l’Italia al voto con due leggi elettorali diverse, una per la Camera dei Deputati e una per il Senato della Repubblica. Il passaggio interno, dice Renzi, sarà “duro”, ma si farà “dopo la crisi di governo”. Il Segretario, dopo la sconfitta del 4 dicembre, ha compreso di essere in minoranza rispetto a quanti, anche suoi alleati (Franceschini, Delrio), vorrebbero intraprendere la strada di un nuovo esecutivo (loro sostengono Renzi, ma non sono disposti a seguirlo nell’anticipazione del voto).
Del resto, la maggioranza parlamentare sulla quale Renzi si basava, esiste ancora, non ci sono stati transfughi o dichiarazioni dell’ultima ora delle forze politiche alleate che dicano il contrario. Voto a febbraio? Ad aprile? Non si sa, questo dipenderà molto dalla personalità scelta dal Presidente della Repubblica e dall’influenza del Partito Democratico e dalle sue diverse anime interne.
Le opposizioni
Il Movimento 5 Stelle ha dichiarato di voler subito il voto, estendendo l’Italicum anche al Senato. Ne sono talmente convinti che hanno depositato a Montecitorio una proposta di legge che estende i principi del sistema elettorale vigente per la Camera anche al Senato. Grillo punta ad andare al voto subito dopo l’espressione della Consulta. “Chi propone altro vuole imporre al Paese l’ennesimo governo non eletto che riproporrà le solite manovre lacrime e sangue per arrivare fino a settembre 2017 quando i parlamentari matureranno la pensione d’oro”. Posizione chiara.
Matteo Salvini, invece, dichiara di voler scendere in piazza per manifestare se “tra una settimana non ci saranno risposte chiare sul voto: il 17 e il 18 dicembre siamo pronti per una raccolta firme per elezioni subito”.
Silvio Berlusconi è l’unico che non vuole il voto subito, dichiarando che spetta al Partito Democratico dare vita ad un nuovo governo che metta in sicurezza i conti pubblici, ma soprattutto dare al Parlamento l’approvazione di una nuova legge elettorale. Un nuova legge che permetta di portare l’Italia al voto in tempi brevi.
Le opzioni di Mattarella
Il Presidente della Repubblica, certamente, intende conoscere le posizioni di tutti, com’è prassi istituzionale. Già da oggi comincia a confrontarsi con tutte le forze politiche. Sabato l’ultimo giro di consultazioni, domenica il cosiddetto giorno di riflessione e, lunedì, potrebbe essere partorito il nome. Ovviamente, sul tavolo, ce ne sono vari: in pole c’è Pier Carlo Padoan con un governo politico, l’attuale ministro delle Finanze, che ha una sua credibilità sul piano europeo. Pietro Grasso con un governo istituzionale, gradito ad una parte del PD avversa a Matteo Renzi. Qualcuno suggerisce di glissare, per non trovarsi con lo squilibrio di dover trovare anche un nuovo Presidente del Senato. La figura che, però, potrebbe unire il PD, è quella di Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri, ben voluto da tutto il Partito, preparato politicamente, che, forse, dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale, potrebbe portare il Paese al voto. Tra i nomi possibili ci sono anche il ministro Delrio, oppure Dario Franceschini.