Dalla mappa in copertina, prodotta dall’associazione Openpolis, un osservatorio civico sulla trasparenza della politica italiana, si può notare la distribuzione sul territorio nazionale degli scioglimenti dei comuni italiani.
I dati sono così distribuiti: Campania (18,28%), Lombardia (13,46%), Calabria (12,29%), Puglia (9,39%), Piemonte (8,39%) e Lazio (8,01%). Solo Friuli-Venezia Giulia e Valle D’Aosta non hanno avuto amministrazioni sciolte nel periodo esaminato, mentre il triste record spetta alla Campania dove ci sono stati 43 consigli comunali sciolti solo nel 2009.
Secondo le stime della stessa associazione, inoltre, in Italia si contano nove città commissariate tre volte per mafia: quattro in Campania, quattro in Calabria e una in Sicilia. La possibilità di sciogliere un’amministrazione per i rapporti con la criminalità organizzata è stata introdotta nel 1991.
Essa segue un processo che prevede il coinvolgimento di più organi: per accertare l’accusa, infatti, il prefetto nomina una commissione d’indagine che entro tre mesi deve consegnare le proprie conclusioni. Entro 45 giorni, il prefetto invia al ministro dell’Interno una relazione, mentre a decretare lo scioglimento è il Presidente della Repubblica, su proposta del ministro suddetto. L’intervento è valido per un periodo che va dai dodici ai diciotto mesi e contro il decreto di scioglimento si può ricorrere dinanzi al TAR e, in appello, dinanzi al Consiglio di Stato.
Dal 1991 in poi, come anticipato, nove comuni italiani sono stati commissariati per mafia in tre occasioni.
I comuni interessati sono: Casapesenna (CE), Casal di Principe (CE), Grazzanise (CE), Melito di Porto Salvo (RC), Misilmeri (PA), Roccaforte del Greco (RC), S.Cipriano di Aversa, S. Ferdinando (RC) e Taurianova (RC).
Fra il 2010 e il 2014, a livello nazionale, il 7,10% dei comuni è stato commissariato per due volte, mentre è molto più raro che lo stesso comune venga sciolto tre volte nello stesso anno.
Nonostante la presenza di provvedimenti – soprattutto nelle regioni meridionali –, vi è stato un incremento al Nord nel periodo 2010-2014, durante il quale si sono verificati quattro casi di commissariamento a fronte dell’inesistenza di casi nel periodo 2001-2009.
Il presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, proprio in merito allo scioglimento di alcuni comuni in Sicilia, lo scorso settembre ha dichiarato: «noi non abbiamo una competenza specifica sulla questione del commissariamento per infiltrazioni mafiose», mettendo in evidenza come molto spesso dopo il commissariamento si ritorni a una situazione quasi analoga alla precedente, senza che né la legge né l’autorità che egli stesso presiede possa in qualche modo intervenire, ed evidenziando come proprio questa difficoltà sia indicativa di una «delle patologie della normativa».
Sabrina Carnemolla