«Simone, il tuo racconto sulla piazza del PD è piaciuto, vorremmo che lo ripetessi per la Manifestazione per la Cultura e il Lavoro, il 6 ottobre.»
È sabato mattina, vorrei riposarmi dalle fatiche della settimana e invece niente, alle 10 (e mezza, ho fatto tardi) sono in piazzale Ostiense, al lavoro, pronto a documentare le cose più bizzarre che incontrerò durante la giornata.
In realtà, mi accorgo subito che rispetto alla piazza di domenica scorsa la differenza è netta.
Innanzitutto, una piazza “statica” è preferibile per raccogliere opinioni o impressioni, rispetto ad un corteo in movimento. A fare la sua parte ci pensa anche la pioggia, a tratti così intensa da costringerci a focalizzare la nostra attenzione solo sull’ombrello; ma soprattutto, la piazza del PD era unita, divisa semmai solo dalle appartenenze territoriali.
Stavolta invece la manifestazione è spezzettata, il corteo non è omogeneo e in alcuni tratti i temi della cultura e del lavoro sembrano lasciare spazio all’autopromozione delle diverse realtà presenti nel corteo.
Storco quindi un po’ il naso pensando che non troverò molto materiale da riportare nell’articolo, ma sarò costretto a ricredermi subito dopo.
Quando arrivo nel piazzale la gente è poca, il corteo si popolerà un po’ successivamente ma la concomitanza di altri eventi (il villaggio Coldiretti al Circo Massimo e il corteo di Riace per Mimmo Lucano) ha inevitabilmente limitato la partecipazione, e il maltempo ha poi completato l’opera. Addirittura sento due signore che conversano e una che chiede all’altra: “Ma tua figlia poi si è sposata?“. Aria intima quindi, di famiglia.
Ovviamente anche oggi mi accompagnano cartelli dal gusto quantomeno discutibile: in particolare citazioni di autori importanti (coerenti col tema o meno, non fa differenza) e un meme sul lavoro del restauratore che sembra uscito da una qualsiasi bacheca di Facebook del 2012.
In ogni caso alle 11.30 circa il corteo parte, e io inizio a girovagare per i diversi spezzoni.
Ben presto mi imbatto in quella che poi sarebbe diventata l’attrazione della giornata, ovvero lo spezzone dell’associazione “Facciamo la conta”: un gruppo di attori e attrici professionisti costituito “per presentare alle Istituzioni richieste di tutela che riconoscano la centralità dell‘attore“. Tra gli attori presenti ci sono anche volti noti del mondo dello spettacolo, e quindi scatta il toto-attore: «Lui ha fatto Un Posto al Sole, intervistiamolo», «No, andiamo da quello lì che ha fatto Un Medico in Famiglia», «Ragazzi, ma quello non è Elio Germano?» «No, adesso ci stiamo allargando un attimo».
E così via per un bel pezzo di strada.
Il corteo intanto prosegue, animato da diverse sigle diverse: partiti, sindacati o semplicemente associazioni che si occupano di cultura e diritti del lavoro. Gli spezzoni più rumorosi sono forse quelli di Potere al Popolo, di Link Coordinamento Universitario e dell’Unione degli Studenti, composti principalmente da giovani e quindi più abituati a questo tipo di manifestazione di piazza.
Anche gli spezzoni più “anziani” provano a farsi sentire, ma con risultati che spesso lasciano un po’ perplessi: è il caso di una signora, all’apparenza molto composta, che lancia il coro “col forfait fatti un bidet” con aria visibilmente divertita. E subito penso a Nanni Moretti (quand’è che non penso a Nanni Moretti?) che in Caro Diario si lamentava con i rivoluzionari ormai cresciuti della sua generazione: «Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!»
Proseguo nella mia analisi della manifestazione dando un’occhiata più da vicino alle varie realtà presenti: oltre a quelle già citate riconosco tra i sindacati UIL, CGIL e USB, mentre tra i partiti c’è anche Rifondazione Comunista (che proprio in quelle ore consumava la lite interna al già citato Potere al Popolo sulla questione dello statuto), oltre ad una presenza che mi lascia incredulo e spiazzato.
Sto parlando di Possibile, il partito fondato nel 2015 da Pippo Civati: l’uomo che è riuscito nell’impresa di non essere segretario di un partito in cui c’è solo lui.
E infatti la scena che mi si presenta davanti è impietosa: i militanti di Possibile sono tre, e hanno in dotazione quattro bandiere. Sì, più bandiere che militanti; e infatti un ragazzo è costretto a trascinarne due (con faccia, assicuro, visibilmente scoraggiata).
Finalmente, intorno alle 12.30, il corteo arriva in piazza Mastai a Trastevere, accompagnato dalle note di quella che riconosco essere “Nostra patria è il mondo intero”. Mentre scorrono gli interventi finali è il cielo, con la pioggia che torna a battere insistente, a decretare la fine di questa manifestazione, e quindi mi allontano mentre in sottofondo risuona l’Estate dalle Quattro Stagioni di Vivaldi. Siamo o no ad una manifestazione per la cultura?
Mentre mi allontano incrocio in direzione opposta alla mia uno dei tre militanti di Possibile, una donna che cerca di riparare sé e la sua bandiera dalla pioggia. Mi sale una tristezza infinita al solo pensiero che lei possa aver fatto tanta strada per una manifestazione non partecipatissima, sotto la pioggia e in uno spezzone che era in netta minoranza. Ma forse è in questa immagine che sta il valore dell’impegno: valore che cerco disperatamente di trovare in occasioni come queste e che spesso si confonde in mezzo a esaltati, urlatori seriali e gente che non ha la più pallida idea del perché si trovi lì.
Mentre penso queste cose, mi accorgo che sono le 14, che non mangio dalla colazione e che ho una fame incredibile; e visto che siamo comunque a Roma, con i miei colleghi decido di trovare in un’osteria, una carbonara e un bicchiere di vino, un rifugio dal maltempo.
Dopotutto, forse è vero che con la cultura non ci si riempie lo stomaco.
Simone Martuscelli