Domenica 3 ottobre 2015 il Portogallo è stato chiamato alle urne per eleggere il nuovo governo. Tra i principali sfidanti alla carica di primo ministro figuravano Pedro Passos Coelho (centrodestra) e António dos Santos da Costa (leader della sinistra riformista).

Queste elezioni rappresentano un momento molto delicato per la terra lusitana, in quanto sono le prime dopo un periodo durante il quale il Portogallo è stato messo a dura prova: la profonda crisi economica – anche se sarebbe più opportuno ma meno prudente definirla crisi del debito delle banche portoghesi nei confronti delle banche tedesche – del Paese infatti ha segnato l’inizio di una politica di estrema austerità, caratterizzata da tagli alle spese, flessibilità e numerose riforme, elementi che insieme costituiscono il piano di salvataggio del Portogallo per il quale il Fondo Monetario Internazionale ha erogato 78 miliardi di euro.

Molti esperti che hanno seguito il caso da vicino sono concordi nell’ammettere che però, ad un anno dalla fine del piano di salvataggio, il Portogallo è un paese profondamente cambiato. Come c’era da aspettarsi, i più fedeli sostenitori dell’austerità (tra i quali, oltre la solita Angela Merkel, il ministro dell’economia tedesco Wolfgang Schaüble) parlano della situazione portoghese come il risultato di una giusta politica economica e come fulgido esempio della estrema efficacia delle “soluzioni” della Troika. Dal punto di vista prettamente strutturale e burocratico, però, ben poche sono le cose ad essere cambiate.
Perché però queste persone ritengono che tre anni di Troika abbiano portato buoni risultati al paese iberico? Perché, secondo dati statistici, nell’ultimo periodo si parla di una timida ripresa dell’economia e di un lento ritorno dei conti finanziari ed economici. In realtà la vittoria della Troika, ovvero dell’Unione Europea che per quattro anni ha bastonato Lisbona esattamente come più recentemente è successo alla Grecia, risiede in quella che è stata la vera vincitrice di queste elezioni: l’astensione dal voto. I dati definitivi dichiarano che quest’anno il 43% dei portoghesi ha consapevolmente rinunciato al proprio diritto di voto, che si trova alla base dei diritti basilari di ogni cittadino e soprattutto alla base di ogni democrazia.

Ciò che si evince da questi dati è che i portoghesi sono stanchi: quattro anni di tagli, di privatizzazioni e di aumento delle tasse hanno spossato il popolo lusitano, lo hanno fatto arrendere e gli hanno fatto totalmente perdere la fiducia nei confronti della politica, arrivando così, per il 43%, a rinunciare di prendere parte alle elezioni di coloro i quali decideranno della loro vita.

Domenica sera, alle 20 ore italiane, i seggi si sono ufficialmente chiusi.
Il Partito Social-Democratico di centro destra del già premier Pedro Coelho raggiunge la maggioranza dei voti con il 36,83% dei voti: testimonianza della resa totale dei portoghesi, i quali hanno deciso di riconfermare al governo una persona che ha chinato la testa e obbedito ai diktat della Troika. Tuttavia ciò non costituisce una maggioranza assoluta, che viene raggiunta solo in caso di 45 % dei voti, e questo crea una situazione di paralisi, rischiando di far tornare Coelho alle urne in non meno di sei mesi, se prima non arriverà ad un equilibrio all’interno del Parlamento.
Il Partito Socialista dell’altro principale candidato António Costa raggiunge invece il 32,38%.

Queste elezioni però, probabilmente a causa delle delicate circostanze in cui hanno avuto luogo, hanno portato con loro il primo colpo di scena.
Acquisisce infatti risalto il Bloco de Esquerda (letteralmente Blocco di Sinistra) con il 10,22%, un partito che per la sua natura può essere accostato al SY.RIZ.A. greco: difatti è stato affermato dal partito stesso che voteranno contro nel momento in cui il Presidente della Repubblica dovesse dare mandato al centrodestra di formare un governo. I socialisti desiderano infatti formare un governo di sinistra che ponga fine una volta per tutte all’austerità imposta in questi anni al paese. Corposa è stata la ripresa elettorale di questo partito dal 2011 ad oggi: il numero di voti si raddoppia tanto da superare il Partito Comunista fermo all’8,27%, il quale ha anzi perso diversi voti quest’anno, tanto da dichiararsi pronto a governare il paese e guidarlo in salvo dopo un periodo dai ritmi serrati che rischia di prolungarsi ulteriormente nel momento in cui dovesse essere riconfermato il governo di centrodestra con a capo Coelho.

Sembra dunque che ci sia ancora qualcuno che crede in una possibile rimonta keynesiana del paese.Tuttavia agli occhi di tutti l’elevatissimo tasso di astensione dal voto dovrebbe allarmare non poco. La sfiducia nei confronti della politica ormai è diffusissima nel paese e la voglia di lottare e di riacquistare fierezza si affievolisce sempre di più, consentendo ai fautori dell’austerità di aumentare il proprio potere e soprattutto continuando con l’opera di terrorismo psicologico adattata in molti paesi nell’ultimo periodo, uno su tutti la Grecia.

Si attendono con ansia le riunioni dei partiti, in sede delle quali verranno decise le sorti del Portogallo. Se Coelho si riconferma primo ministro con l’appoggio del Partito Socialista, come trapela dai media lusitani, dovrà assicurarsi di mantenere un delicato equilibrio in Parlamento, se non ha intenzione di affrontare nuove elezioni entro i prossimi sei mesi; i socialisti del Blocco sono fermamente convinti delle proprie posizioni e sembrano determinati e decisi nel loro intento.
Ci sarà ancora voglia di lottare per l’indipendenza del Portogallo? Perché è questa la principale nemica per qualsiasi tipo di colonizzatore tecnocratico, l’indipendenza.

Ginevra Ciccarelli

2 Commenti

  1. Emerge in questo articolo ,redatto da una promettente giornalista, la teoria keynesiana ,il termine Troika, e la semplicità espositiva con cui hai affrontato un tema di politica internazionale,cogliendo aspetti ben definiti……per il momento puoi gia Sostituire il giornalista covotta Andrea del tg2; successivamente potrai emulare almeno il compianto Sandro paternostro…….datti da fare …..perché le qualità professionali ci sono

  2. Un’analisi perfetta di quella che è la situazione politica ed economica dei paesi europei che devono sottostare alla Merkel. Leggendo l’articolo paragonavo la situazione Portoghese a quella della nostra Italia: non ho trovato differenze.

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