L’Università Federico II di Napoli costituisce uno degli innumerevoli motivi di vanto per la nostra città: 8 secoli di storia e di cultura ne fanno una delle istituzioni più antiche d’Europa e più ambite d’Italia.
Le sue origini risalgono al 5 giugno 1224, per volere di Federico II di Svevia.
«Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace».
Ultimo della famiglia degli Hohenstaufen a regnare in Sicilia, duca di Svevia, re dei Romani e infine imperatore del Sacro Romano Impero, il regno di Federico fu caratterizzato dalle sue scelte volte alla promozione della cultura e dell’arte, in linea con un progetto di unione di popoli e terre fortemente contrastato dalla Chiesa, definito l’ “Anticristo” e scomunicato per due volte da papa Gregorio IX. Parlante di sei lingue, Federico fu un brillante letterato, protettore di studiosi che gravitavano intorno alla sua figura: la sua corte siciliana, infatti, fu il punto di incontro tra la cultura greca, latina, ebraica, araba e germanica. Da qui, nacque l’esperienza letteraria della Scuola Siciliana, in cui si ebbe l’utilizzo letterario di una lingua romanza, cioè il siciliano, con un’importante influenza sulla nascitura lingua italiana.
All’età di 30 anni, nel 1224, con un editto istitutivo emanato a Siracusa, Federico si rese autore della fondazione della prima universitas studiorum statale e laica della storia d’Occidente. Con il termine statale si intende indicare la nascita di uno Studium per volere di un’autorità governativa, in opposizione a quanto era avvenuto a Bologna, dove le università rappresentavano aggregazioni spontanee di studiosi, istituite da associazioni o corporazioni. L’obiettivo della scelta di Federico era duplice: da un lato, provvedere alla formazione della curia regis, cioè della classe dirigente dello Stato, ed in particolare dei giuristi, autori della legislazione del regno, dall’altro, incentivare la promozione della cultura della popolazione, scoraggiata dai costosi viaggi di formazione all’estero.
Sebbene Federico vivesse e amasse la Sicilia («Non invidio a Dio il paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia»), fu Napoli la prescelta a diventare sede dello Studium. La città vantava infatti una ricca tradizione culturale, gravitante intorno alla figura di Virgilio, e per di più godeva di una posizione geografica strategica: situata al centro del regno, ideale per i traffici marittimi, con un clima mite tutto l’anno. La costruzione dell’Università coinvolse Pier delle Vigne e Taddeo de Sessa, due tra i più famosi giuristi campani.
Le discipline privilegiate furono naturalmente il diritto, la medicina, le arti liberali e la teologia. Mentre durante il periodo angioino l’Università di Napoli continuò a beneficiare dei favori del re Carlo I, le difficoltà giunsero con il dominio aragonese: l’Università fu costretta a chiudere per la prima volta nel 1443, anno che inaugurò l’inizio di una fase buia, in cui alle chiusure si alternavano riaperture momentanee. Solo nel 1507 si verificò la riapertura definitiva con lo spostamento della sede nell’ex Convento di San Domenico Maggiore. Durante il XVII secolo, essa conobbe una decadenza che si verificò analogamente in tutti gli istituti europei. Solo nel 1700 l’Università conobbe una nuova fioritura, prima con gli Asburgo, poi con i Borbone. Furono gli anni in cui Giambattista Vico insegnò all’Università, gli anni in cui essa ampliò la sua offerta didattica, con la nascita della cattedra di astronomia e della prima cattedra del mondo in economia. Nel 1777, per volere di Carlo III di Borbone, la sede fu spostata nel Convento del Salvatore. Durante il primo ventennio del 1800 la Federico II conobbe la sua modernizzazione; fu infatti suddivisa in 5 facoltà: Lettere e Filosofia, Matematica e Fisica, Medicina, Teologia e Giurisprudenza.
Nel 1884, in seguito a un’epidemia di colera, la sede principale fu spostata in Corso Umberto I, dove si trova tuttora.
Nel ‘900, l’Università si sviluppò soprattutto in campo scientifico, mentre i limiti riportati in campo giuridico e amministrativo saranno superati a seguito della Legge Gentile. E, nonostante le difficoltà del ventennio fascista e nonostante i danni riportati dopo l’incendio a opera dei tedeschi durante il secondo conflitto mondiale, la Federico II si è affermata nel dopoguerra come secondo ateneo italiano per numero di iscritti.
Oggi l’Università, retta da Gaetano Manfredi, con le sue 4 scuole (Scuola di Medicina e Chirurgia, Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria, Scuola delle Scienze Umani e Sociali, Scuola Politecnica e delle Scienze di Base) articolate in 26 dipartimenti, con i 42 Centri di ricerca, 2 orti botanici, 108 biblioteche e 12.000 postazioni informatiche, continua a rappresentare uno degli istituti più in auge della penisola: la Facoltà di Ingegneria, per esempio, è stata riconosciuta come la migliore d’Italia.
«Se la bontà, la moderazione, la virtù, le sostanze, la nobiltà, potessero far resistere alla morte, non sarebbe morto Federico, che qui giace».
Sonia Zeno