Personalità enigmatica, artista sorprendente, Michelangelo Merisi, meglio noto come il Caravaggio, ha lasciato di sé un segno tanto vivido e profondo da riuscire ancora a scuscitare la curiosità di molti e l’ammirazione di tutti. Formatosi tra Milano e Venezia, allievo dell’allora già celebre Tiziano, matura in breve tempo un innovativo metodo di approccio alla pittura: un naturalismo che fa della luce un drammatico strumento indagatore della condizione umana psicologica ed esteriore.
A Roma, città nella quale completa e arricchisce il proprio bagaglio conoscitivo grazie all’amicizia con il colto cardinale Francesco Maria Del Monte, Caravaggio, che ha già intanto, portato a termine numerose commissioni e dunque notevoli dipinti, inizia a manifestare l’irrequietezza del suo spirito e di conseguenza, ad avere gravi problemi con la legge. Proprio a Roma, infatti, in seguito ad un omicidio da lui compiuto durante una rissa avvenuta nel Campo Marzio, viene condannato a morte : spaventato, l’artista decide di fuggire.
Nel 1606 giunge a Napoli, nei Quartieri Spagnoli e sotto la protezione della famiglia Carafa-Colonna vive un periodo lavorativo particolarmente prospero, regalando alla città partenopea uno dei suoi più grandi capolavori: Le Sette Opere di Misericordia.
L’opera, un olio su tela, che rappresenta le sette opere di Misericordia corporali, è collocata al Pio Monte della Misericordia, in via dei Tribunali, dove martedì 9 giugno alle ore 12:00, si terrà la presentazione di “Merisi, la verità dal buio“, spettacolo teatrale, scritto da Febo Quercia, che ripercorrerà i movimentati istanti napoletani della vita del Caravaggio, mettendo a fuoco non solo l’estro creativo dell’artista, ma anche la sua indole turbolenta.
Nello spettacolo, che andrà in scena il 13 e il 14 giugno fino alla fine del 2015, acquisisce rilievo il momento di esecuzione della grande tela, con la quale il Merisi dimostra la sua incredibile abilità nel manovrare, letteralmente, la luce e nell’articolare la scena pittorica.
Le Sette Opere di Misericordia vertono infatti su uno strabiliante gioco di bagliori ed ombre che a sua volta, trova perfetta corrispondenza nella spontanea sintesi di sacro e profano che è alla base dell’iconografia della tela.
La Grazia di Dio discende in un vicolo popolare di Napoli, con lenzuola svolazzanti in bella vista e che divengono vessilio di semplicità e tradizione. Non siamo, però, di fronte ad una scena di genere o a un bozzetto di vita popolare. Qui, l’umano si veste di divino: gesti caritatevoli celano la profondità di significato delle Opere di Misericordia enunciate da Cristo nel Vangelo di Matteo ed essenziali per la purificazione dal peccato che, in un certo qual modo, anche il Caravaggio vuole espiare. In particolare, la Madonna e il Bambino, avvolti dall’abbraccio quasi “carnale” di due Angeli in volo, sembrano rendere davvero tangibile il “meraviglioso cristiano” che si cela dietro scene all’apparenza ordinarie e che mostrano, invece, il possibile e sperato ritorno ai valori pauperistici annunciati dal Figlio di Dio.
Il Naturalismo caravaggesco raggiunge in tal caso il suo vertice estremo, caricandosi però di un forte simbolismo che va a toccare il rapporto simmetrico tra le opere misericordiose che l’uomo compie per avvicinarsi a Dio e la misericordia della Grazia che Dio rende all’uomo.
Le Sette Opere di Misericordia hanno, dunque, rivoluzionato il mondo della pittura, condizionando miriade di artisti. L’opera del Caravaggio merita comunque di essere guardata dal balconcino del museo superiore alla cappella del Pio Monte della Misericordia, dove essa è situata: soltanto dall’alto è possibile apprezzare realmente tutta la forza suggestiva del binomio luce ed ombra che fa di questa tela un capolavoro senza tempo. C’è allora da stupirsi: Caravaggio e Napoli sono senz’altro un’accoppiata vincente!
Anna Gilda Scafaro