Carne, riso e latticini, ovvero come fare a pezzi l'Accordo di Parigi
Fonte: pixabay.com

Entrato in vigore il 4 novembre 2016, l’Accordo di Parigi contro il riscaldamento globale sembra essere ormai carta straccia. Negli ultimi sette anni gli impegni presi dai 55 Paesi che hanno ratificato il patto sono stati resi nulli dall’esplicita negligenza ambientale dei Governi di tutto il mondo. In nome di una continua e incessante crescita economica tutte le speranze verdi si stanno via via trasformando in un cupo destino contro cui l’umanità si schianterà a tutta velocità. Nonostante i chiari segnali d’allarme che la scienza lancia da decenni e i catastrofici eventi che la crisi climatica provoca con sempre più violenza, l’indifferenza ambientale del mondo politico e di una gran fetta della popolazione globale sembra aumentare al pari delle emissioni inquinanti. Un recente studio pubblicato su Nature riguardante le emissioni dell’industria alimentare conferma la tragica direzione intrapresa dalla specie umana. Il solo consumo di carne, riso e latticini condurrà il mondo oltre gli 1,5°C di aumento della temperatura globale.

Le conseguenze ambientali del consumo alimentare globale

«Un’azione urgente per il clima può garantire un futuro vivibile per tutti». È il messaggio chiave del nuovo Synthesis Report dell’IPCC, un report storico che per il presidente del World Resources Institute, Ani Dasgupta, potrebbe rappresentare una condanna per l’intera umanità e allo stesso tempo un manuale di sopravvivenza che, se utilizzato tempestivamente, garantirebbe un futuro vivibile per tutti. Oltre alla immediata eliminazione dell’utilizzo di combustibili fossili, per evitare di superare gli 1,5°C di aumento della temperatura media globale il mondo ha il dovere e la necessità di un drastico cambio della dieta alimentare globale.

«Il cibo è sia un aspetto essenziale della vita che una fonte considerevole di emissioni di gas serra (GHG). Il settore agricolo è responsabile di quasi la metà delle emissioni di metano (CH4), dei due terzi delle emissioni di protossido di azoto (N2O) e del 3% delle emissioni di anidride carbonica (CO2) derivanti dalle attività umane in tutto il mondo. Questi tre gas serra rappresentano l’80% del riscaldamento globale odierno, suggerendo che l’agricoltura potrebbe essere responsabile di circa il 15% degli attuali livelli di riscaldamento». Il capitolo introduttivo dello studio “Future warming from global food consumption“, pubblicato su Nature, ribadisce ancora una volta quel che la scienza ambientale afferma da anni.

Nel 2015 le emissioni mondiali legate al sistema alimentare erano pari a 18 gigatonnellate di CO2 all’anno, ovvero sia il 34% dell’inquinamento totale da gas serra. La maggior parte di queste emissioni (71%) erano attribuibili al comparto agricolo e al cambiamento dell’uso del suolo, mentre le attività di filiera, quali vendita al dettaglio, trasporti, consumi, produzione di combustibili, gestione dei rifiuti, processi industriali e imballaggi rappresentavano il 29% del totale. Numeri in costante aumento e destinati a subire un ulteriore incremento, data l’esponenziale crescita della popolazione mondiale.

Il messaggio chiave degli innumerevoli studi scientifici che in questi anni hanno tentato invano di avvisare l’uomo è più che mai chiaro: senza una repentina rivoluzione del sistema alimentare globale gli obiettivi climatici contenuti nell’Accordo di Parigi saranno presto irraggiungibili. Dal 2015 ad oggi solo un terzo dei Paesi che hanno ratificato l’Accordo ha adottato misure utili alla mitigazione dell’inquinamento dovuto all’agricoltura. Una condizione che non fa ben sperare, soprattutto se si considera che entro il 2100 la sola produzione di carne, latticini e riso causerà un aumento della temperatura di 0,7°C i quali si sommeranno agli 1,1°C attualmente registrati. Tre alimenti che da soli spediranno il mondo verso il secondo scenario previsto dall’IPCC, ovvero sia quello in cui l’atmosfera della Terra sarà più calda di 2°C rispetto ai livelli preindustriali.

Carne, riso e latticini, ovvero come fare a pezzi l'Accordo di Parigi
Fonte immagine: Infographic TS.1 in IPCC, 2021: Technical Summary

Carne, latticini e riso condanneranno la specie umana

Aspetto essenziale per la vita degli esseri umani, il cibo è causa di una gran parte delle emissioni inquinanti che aggravano la crisi climatica. Comprendere l’impatto ambientale del sistema alimentare globale risulta quindi essere fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. Un prezioso quanto drammatico contributo in tal senso arriva dal recente studio condotto da un team di ricercatori della Columbia University di New York in collaborazione con il Fondo per la difesa ambientale degli USA e il Dipartimento di Biologia dell’Università della Florida.

Secondo il rapporto pubblicato lo scorso 6 marzo su Nature, entro il 2100 il solo consumo alimentare mondiale potrebbe comportare un aumento aggiuntivo di 1°C della temperatura media globale (già incrementata di 1,1°C rispetto ai livelli preindustriali). Il 75% di questo riscaldamento extra è determinato da prodotti alimentari che causano elevate emissioni di metano (carne, latticini e riso). Gli attuali modelli dietetici su scala globale si rivelano quindi non più sostenibili. Già nel 2019, tramite alla macellazione di 80 miliardi di animali, la produzione mondiale di carne raggiungeva i 340 milioni di tonnellate all’anno. Un comparto che, insieme a quello dei latticini, distrugge l’ambiente, ma non sfama il mondo. Un articolo pubblicato nel 2018 su Science sottolinea che questi due alimenti forniscono solo il 18% delle calorie e il 37% delle proteine consumate a livello globale.

Non è solo il consumo umano a preoccupare. Per i ricercatori: «Con la crescente domanda prevista per i prodotti animali, potremmo registrare un riscaldamento ancora maggiore di quello stimato in questo studio».

Uno scenario critico che potrebbe essere evitato, grazie ad azioni da intraprendere con urgenza soprattutto nei Paesi ricchi, maggiori responsabili della crisi ambientale e climatica. L’aumento di temperatura previsto dal report potrebbe essere infatti ridotto del 55% attraverso «miglioramenti tecnologicamente disponibili per le pratiche di produzione, decarbonizzazione del settore energetico, cambiamenti nelle abitudini alimentari attraverso l’adozione di una dieta sana e riduzione degli sprechi alimentari». Per essere realmente efficaci queste misure devono però essere necessariamente accompagnate da campagne di sensibilizzazione che aiutino le persone nella comprensione dell’impatto che il sistema alimentare globale ha sull’ecosistema Terra.

Marco Pisano

Marco Pisano
Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

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