Fino al 1992, anno in cui in Italia l’amianto è stato proibito, questo materiale è stato normalmente e diffusamente utilizzato nel nostro paese sia nell’industria che in edilizia. Si stima, infatti, che in Italia tra il 1984 e il 1988, di amianto, isolato o misto al cemento, ne siano stati utilizzati 3 milioni di tonnellate e che oggi siano ancora presenti 2,5 miliardi di mq. di coperture in cemento-amianto, pari a circa 32 milioni di tonnellate, in gran parte friabili e, se consideriamo i rifiuti esistenti, quelli da amianto sono secondi per volume solo a quelli urbani e primi in quantità considerando i rifiuti tossici.
La ragione dell’utilizzo massiccio è legata alle caratteristiche dell’amianto: elevata resistenza agli agenti chimici, agli sforzi di trazione, forte potere isolante termico, elettrico, acustico e di coibenza.
Dopo che indagini epidemiologiche ne hanno accertato l’estrema pericolosità per la salute, e che dell’amianto, per legge, siano state proibite l’estrazione, l’importazione, la produzione e la commercializzazione, visti i numeri, il rischio da esposizione, sia in ambito industriale che in quello delle costruzioni persiste.
Il pericolo dell’amianto per l’ambiente
Oltre ai rischi per la salute umana, l’amianto presenta gravi pericoli anche per l’ambiente. Quando materiali contenenti amianto vengono danneggiati o si degradano, le fibre di amianto possono essere rilasciate nell’aria e depositarsi nel suolo e nell’acqua.
Questo inquinamento ambientale porta a una contaminazione a lungo termine che può influenzare negativamente gli ecosistemi locali. Le fibre possono rimanere nell’ambiente per lunghi periodi, resistendo alla decomposizione a causa della loro natura inerte.
Inoltre, l’amianto abbandonato in discariche o in siti non regolamentati può portare a contaminazioni del suolo e delle falde acquifere. La presenza di amianto nell’ambiente non solo riduce la biodiversità, ma costituisce anche un rischio per la salute degli animali selvatici e può influenzare negativamente la qualità delle risorse naturali, come l’acqua potabile. È quindi fondamentale attuare strategie di gestione e smaltimento corrette per limitare l’impatto ambientale dell’amianto.
Aspetti importanti da considerare
Occorre sottolineare come la presenza negli edifici o in impianti industriali di materiali contenenti amianto non rappresenti di per sé un pericolo, lo diventa quando esiste il rischio di rilascio delle sue fibre nell’ambiente e della possibile inalazione delle stesse, un rischio che aumenta con l’aumentare della friabilità delle strutture che contengono amianto come pannelli, travi e tubazioni, o in caso di danneggiamento o demolizioni di tramezze, coperture, lastre etc, che possono liberare nell’atmosfera queste fibre pericolose.
Nel processo di verifica le ispezioni ambientali sono il primo passo, e per comprendere come si svolgono e le basi su cui si poggia l’analisi dei rischi abbiamo posto alcune domande agli esperti di MBA Milano, azienda leader in Bonifica Amianto in Lombardia, che ci spiegano che: “La nostra attività inizia con l’esame delle informazioni fornite dal responsabile del sito, prestando particolare attenzione all’anno in cui l’opera è stata realizzata, un criterio di valutazione decisivo. Questo esame comprende anche lo studio approfondito della documentazione del progetto. Successivamente, procediamo con un’ispezione dettagliata sul campo, concentrandoci in particolare su quelle parti delle opere dove è più probabile trovare materiali che contengono amianto friabile. Questi includono, tra gli altri, elementi come le coperture, l’isolamento termico e ignifugo, e le pannellature.”
Avere chiara la situazione relativamente alla presenza e allo stato di conservazione dell’amianto in edifici, aree o siti produttivi, rappresenta una sicurezza tanto per la collettività che per i proprietari dei beni, così da pianificare gli interventi nel caso se ne dimostrasse la necessità.
L’importanza della bonifica
Dopo aver ultimato tutte le fasi di analisi e i disbrighi burocratici, si passa allo smaltimento dell’amianto che prevede la bonifica.
L’utilizzo del fibrocemento nasce all’inizio del 1900 e già intorno agli anni 30 dello scorso secolo si era iniziato a parlare della sua pericolosità per l’uomo, mentre risalgono agli anni 50 le prime ricerche che lo indicavano come cancerogeno. Solo al 1992 risale la legge 257, la prima nel nostro Paese che ne ha limitato l’uso, oltre a definirne le norme di sicurezza e la bonifica.
Successivamente sono stati emanati altri decreti e circolari applicative, ma solo con il DM del 06.09.1994 e con il decreto 20/1999 vengono definite normativa e metodiche per la bonifica e lo smaltimento. I lavori di demolizione e di rimozione dell’amianto sono trattati dall’art. 256.del D.LGS. 9 aprile 2008 n. 81. Viene stabilito innanzitutto che tali interventi possono essere effettuati solo da soggetti iscritti all’albo delle imprese che effettuano la bonifica di beni contenenti amianto.
Il datore di lavoro deve predisporre preventivamente un piano di lavoro, che deve essere inviato all’organo di vigilanza 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. L’organo di vigilanza può richiedere integrazioni o modifiche e può rilasciare prescrizioni operative. Circa i metodi di bonifica che possono essere applicati ai materiali contenenti amianto, sono sostanzialmente tre le tipologie di intervento: la rimozione; l’incapsulamento ed il confinamento.
La scelta del metodo di bonifica più opportuno nei casi concreti è complessa e deve tener conto di fattori di tipo tecnico, organizzativo ed economico. Inoltre, quanto più è friabile la matrice del materiale contenente amianto oggetto di bonifica, tanto più risulta necessario adottare cautele specifiche per salvaguardare la salute dei lavoratori coinvolti nella bonifica e l’ambiente esterno.