Fonte: artslife

È chiaro che i luoghi di aggregazione come li concepivamo prima dovranno subire un ripensamento profondo; e così, di riflesso, anche i vari luoghi in cui si fruiva dell’arte, come fiere e musei.

Nell’ottica della ripresa post Coronavirus si inizia a pensare alle nuove modalità di accesso ai luoghi di aggregazione, ed è chiaro che dovranno essere ripensati in un’ottica totalmente diversa; da questo non sono certamente esclusi l’arte ed i suoi luoghi di fruizione: musei e fiere.

Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, parla proprio di questo incerto futuro con la consapevolezza che la normalità sia ancora lontana e che i dubbi siano tantissimi.

Tutto il mondo dell’arte si è fermato ormai da molto tempo: gli artisti hanno continuato a produrre le loro opere ma l’intera filiera è in un momento di stallo, perché le frontiere sono chiuse, così come le gallerie, i musei e le varie fiere. Anche quando sarà possibile ripartire, tutto sarà chiaramente rallentato.

Per adesso alcuni musei, come la Pinacoteca di Brera o il Museo egizio di Torino ed il Moma di New York, hanno dato la possibilità di fruire dei loro servizi tramite il web, e molte associazioni di arte e cultura hanno lanciato iniziative online per promuovere e non far fermare del tutto il mondo dell’arte, come l’iniziativa dell’associazione Invasioni Digitali per la “Notte bianca digitale”, lanciata lo scorso 13 marzo.

Per adesso quindi, l’unico terreno su cui l’industria dell’arte può operare è quello della rete, una progettazione sicuramente alternativa che permette alle gallerie e musei di esporre, e magari anche di vendere. Per adesso non può che essere così perché oggi la richiesta è questa, diversa e varia, così varia che anche «le vecchie metodologie di vendita, che già non erano sufficienti a soddisfare la domanda, hanno lasciato spazio al web, che soddisfa pienamente ogni tipologia d’esigenza, di richiesta e di cliente.», ci dice Valentina Petrucci in un articolo pubblicato su Domus.

Ilaria Bonaccosa però, si interroga sulle modalità di fruizione post Coronavirus. Eravamo infatti abituati a grandi numeri, spazi affollati, spostamenti intercontinentali e interconnessione elevata, come sottolinea, tutte cose che, almeno nel breve periodo, non sono certo possibili.

«L’afflusso alle fiere potrebbe diventare contingentato, limitando gli ingressi soprattutto ad appassionati e collezionisti, facendo sì che piccoli gruppi possano accedere agli spazi espositivi, alternandosi. Credo che le fiere avranno una dimensione più contenuta, più umana. Questo potrebbe anche essere un bene: consentirebbe un rapporto più intimo con i galleristi» spiega Bonaccosa, permettendo anche maggiore intimità personale con le opere d’arte.

Le fiere invece potrebbero avere un carattere strettamente locale, essendo gli spostamenti limitati sia per le persone che per le opere, permettendo una maggiore valorizzazione dei beni locali.

Per Ilaria, pensare ad Artissima come una fiera più locale, più europea, potrebbe essere positivo perché «le gallerie, anche le italiane, rappresentano artisti di tutti i paesi del mondo e sarà la loro ricerca e visione a rendere comunque internazionale l’offerta» sottolinea.

La cosa certa è che anche l’arte oggi ha scoperto la forza di internet, che permette ormai a qualsiasi settore di  rafforzare e mantenere una certa potenza economica, e così potrebbe essere anche per il mondo dell’arte. D’altronde il principio stesso della rivoluzione telematica era proprio quello dell’aumento degli affari.

Ovviamente pensare ad un poderoso sbilanciamento a favore della rete fa svilire il metodo classico di fruizione dell’arte, che per molti è quasi un momento magico ed intimo con l’opera stessa; per questo sarebbe opportuno trovare la “medias res”, che potrebbe proprio essere la via per una ripartenza stabile e innovativa.

La stessa Ilaria Bonaccosa sottolinea come, l’abitudine di fruire dell’arte, da molti scoperta proprio in questo periodo anche come momento e motivo di sollievo, non sarà abbandonata nel graduale processo di ritorno alla normalità, e ciò permetterà un importante sostegno all’industria ed una ripartenza che, seppur graduale, sarà costante e decisiva.

Anche il mondo dell’arte dovrà ripensarsi in un ottica nuova, forse proprio partendo dalle possibilità offerte dall’industria digitale; saranno necessari nuovi confronti e prospettive per gli artisti, che chiaramente, all’interno della filiera produttiva solo quelli che vivono più difficilmente questo momento. Ripartire dalla dimensione locale potrebbe far valorizzare le risorse più vicine, rendendole internazionali proprio grazie all’industria digitale.

È certamente una rivoluzione, quella a cui la pandemia ci ha messi di fronte, una rivoluzione a 360° che se cavalcata nel giusto modo, potrebbe produrre molti successi inaspettati, come per l’arte. Un’occasione quindi, per ripesare i rapporti insiti nel mondo dell’arte e come sottolineato dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt intervistato dal Corriere.it,  «ripensare a quello che funziona bene ma anche a quello che non funziona» .

Martina Guadalti

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