Fonte: commons.wikimedia.org Nelson Rockefeller, gouverneur van New York, houdt een persconferentie te Merauke over de vermissing van zijn zoon Michael, KITLV 34911.tiff

Michael Clark Rockefeller è una figura associata al mistero, all’avventura e a una delle vicende più enigmatiche del XX secolo. Nato il 18 maggio 1938, Michael era figlio di Nelson Rockefeller, allora governatore dello Stato di New York e futuro vicepresidente degli Stati Uniti. Cresciuto in una famiglia influente e con una formazione di alto livello, Michael decise di seguire un percorso diverso, dedicandosi all’esplorazione e all’antropologia, che lo portarono nelle remote terre della Nuova Guinea.

Nelson Rockfeller, padre di Michael. Fonte: Wikimedia Commons

Il suo nome, però, è ricordato principalmente per la sua misteriosa scomparsa nel 1961, un evento che ha generato innumerevoli ipotesi e speculazioni, affascinando storici, esploratori e appassionati di enigmi.

Fin da giovane, Michael Rockefeller si distinse per la sua curiosità e il desiderio di conoscere mondi diversi. Laureatosi con lode ad Harvard nel 1960, con una tesi in economia e storia, decise di intraprendere un viaggio alla scoperta di culture lontane piuttosto che seguire la carriera politica o finanziaria della sua famiglia.

La sua passione per l’antropologia e l’arte primitiva lo portò a lavorare con il Museum of Primitive Art, un’istituzione creata dal padre a New York. In questo contesto, Michael sviluppò un profondo interesse per le culture indigene, in particolare quelle della Nuova Guinea, una regione ancora poco esplorata all’epoca, dove le tradizioni antiche resistevano ai cambiamenti portati dal mondo occidentale.

Nel 1961, Michael intraprese una spedizione antropologica in Nuova Guinea con l’obiettivo di documentare e raccogliere opere di arte tribale, come sculture e maschere rituali degli Asmat, una popolazione indigena che vive lungo il fiume omonimo. Questa missione segnò l’inizio del suo ultimo viaggio.

Asmat. Fonte: Wikimedia Commons.

Nell’autunno del 1961, Michael si trovava nella Nuova Guinea olandese (oggi parte dell’Indonesia) come membro di una spedizione guidata dall’antropologo olandese René Wassing. L’obiettivo era studiare la cultura degli Asmat, conosciuti per la loro abilità artistica e per tradizioni che includevano il cannibalismo rituale e la caccia alle teste, pratiche che suscitavano al contempo fascino e timore negli esploratori occidentali.

Il 17 novembre 1961, mentre viaggiavano lungo la costa meridionale della Nuova Guinea a bordo di una canoa, un incidente segnò una svolta tragica. La canoa si capovolse a chilometri dalla riva, lasciando Michael e Wassing in balìa delle correnti. Dopo ore trascorse aggrappati al relitto, Michael decise di nuotare fino alla costa per cercare aiuto, dicendo al compagno: “Penso di farcela”. Fu l’ultima volta che venne visto.

La scomparsa di Michael Rockefeller diede avvio a una delle più grandi operazioni di ricerca nella regione. Le autorità olandesi, con il supporto della famiglia Rockefeller, organizzarono squadre di ricerca composte da militari, missionari e abitanti locali. Nonostante settimane di perlustrazioni via terra, mare e aria, non fu trovata alcuna traccia del giovane esploratore.

La famiglia Rockefeller mantenne un atteggiamento riservato sulla vicenda, evitando speculazioni pubbliche. Tuttavia, la scomparsa di Michael divenne rapidamente un tema di interesse internazionale. Due ipotesi principali si fecero strada: Michael era morto annegato oppure era stato ucciso dagli Asmat. Entrambe le teorie avevano punti di forza e di debolezza, ma nessuna poteva essere confermata.

La spiegazione più semplice è che Michael non sia mai riuscito a raggiungere la costa, soccombendo alle correnti forti e alle acque popolate da squali e coccodrilli. Questa teoria appare plausibile, dato il pericolo delle condizioni marine, ma l’assenza di un corpo ha sempre lasciato spazio a dubbi.

Un’altra ipotesi, molto discussa, è che Michael sia riuscito a raggiungere la costa ma sia stato ucciso dagli Asmat. All’epoca, le relazioni tra gli Asmat e gli occidentali erano delicate, a causa di incomprensioni culturali e interventi coloniali. Le pratiche rituali della tribù, come il cannibalismo e la vendetta tribale, potrebbero aver coinvolto Michael, percepito forse come una minaccia o una vittima sacrificale.

Questa teoria è stata alimentata da racconti di missionari e abitanti locali. Negli anni ’60, un missionario olandese riferì di aver sentito storie secondo cui un uomo bianco era stato ucciso e consumato in quella zona nel periodo della scomparsa di Michael. Tuttavia, queste testimonianze non sono mai state corroborate da prove definitive.

Una teoria meno accreditata è che Michael abbia scelto o sia stato costretto a vivere tra gli Asmat. Alcuni racconti suggeriscono che un uomo bianco fosse stato avvistato in villaggi remoti anni dopo la scomparsa. Tuttavia, queste voci mancano di evidenze concrete e rimangono nel campo della speculazione.

Negli anni successivi, giornalisti, scrittori e documentaristi hanno continuato a esplorare la vicenda di Michael Rockefeller. Nel 2014, il giornalista Carl Hoffman pubblicò il libro Savage Harvest, avanzando l’ipotesi che Michael fosse stato ucciso e cannibalizzato dagli Asmat. Le sue conclusioni si basano su interviste con abitanti locali e documenti storici, ma non sono state universalmente accettate.

Ciò che è certo è che la scomparsa di Michael Rockefeller rappresenta uno degli enigmi più affascinanti del XX secolo. Il caso incarna le complessità delle interazioni tra culture indigene e mondo occidentale.

Michael Rockefeller era un giovane uomo spinto dal desiderio di esplorare l’ignoto e comprendere culture lontane. La sua scomparsa, ancora oggi avvolta nel mistero, ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’esplorazione e ha sollevato interrogativi sull’etica dell’interazione tra mondi diversi.

Che si tratti di un tragico incidente o di un incontro fatale con le tradizioni indigene, Michael Rockefeller rimane un simbolo del coraggio e dei rischi legati all’esplorazione di territori sconosciuti.

Gianluca De Santis

Gianluca De Santis
Laureato in Mediazione Linguistica e Culturale a L'Orientale di Napoli, in Relazioni Internazionali all'Università Statale di San Pietroburgo e in Commercio Internazionale presso Mbway Bordeaux in Francia, da sempre mi sono interessato alla sfera internazionale. Il contesto geopolitico, estero e diplomatico, sono le cose che da sempre mi hanno fatto brillare gli occhi. Ed è proprio di questo, e magari non solo, che parlerò con voi.

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