Kiska, l’orca tenuta in cattività in Canada, è morta a causa di un’infezione batterica. La notizia della sua morte è stata confermata dai principali organi di stampa del Paese e dalle associazioni animaliste che da tempo chiedevano la sua liberazione. Kiska si trovava nel parco divertimenti Marineland di Niagara Falls (Ontario).
Definita “l’orca più sola del mondo”, Kiska è morta dopo 44 anni di prigionia e 12 anni in totale solitudine. Dopo essere stata catturata nel 1979 e venduta a Marineland, non ha mai più visto il mare aperto. In seguito alla morte del compagno nel 2005 e l’isolamento totale dal 2011, ha dato alla luce 5 figli tutti deceduti prematuramente. Kiska è così diventata letargica, senza voce e priva di motivazioni. A Marineland sostenevano che si era ritirata, ma la realtà era ben diversa. Consumava i denti per rosicchiare le pareti della vasca e la sua pinna dorsale era usurata. Alla fine, girava in tondo senza direzione.
Le associazioni animaliste avevano da tempo cercato di far liberare un cetaceo in un santuario naturale, simile a quello in cui sono stati liberati i due beluga Little Grey e Little White, grazie all’intervento del Sea Life Trust. Questi due beluga erano stati “strappati” da un acquario cinese e finalmente poterono tornare in mare grazie agli sforzi dell’organizzazione.
La balena Kiska, però, è stata fortunatamente l’ultima di una serie di casi simili nel Paese. Nel 2019, infatti, il Canada ha approvato una legge che vieta la detenzione di balene e delfini in cattività, chiamata Bill S-203, Ending the Captivity of Whales and Dolphins Act. Questa legge segna un importante passo avanti nella protezione dei cetacei e nel rispetto del loro benessere.
Ad ogni modo, la storia di Kiska è un triste e drammatico esempio delle conseguenze della prigionia degli animali per fini di spettacolo e lucro. Questo caso ci dovrebbe far riflettere ulteriormente sul fatto che gli animali non devono essere sfruttati come fenomeni da baraccone, ma devono essere rispettati e lasciati vivere nei loro habitat naturali.
Gli animali non sono oggetti da tenere in gabbia per il divertimento dell’uomo, ma sono esseri viventi che meritano di essere trattati con rispetto e dignità. La storia di Kiska ci ricorda che la libertà e il benessere degli animali non possono essere sacrificati per il piacere di pochi.
Dobbiamo impegnarci affinché casi come quello di Kiska non si ripetano, e lavorare per garantire che tutti gli animali possano vivere una vita dignitosa e in libertà. È nostro dovere proteggere e rispettare ogni forma di vita, e fare in modo che gli animali non diventino mai più vittime dell’egoismo e della crudeltà umana.
Sara Spiniello