Quando ho saputo che il TG1, il principale e più importante notiziario della televisione pubblica italiana, ha deciso di censurare la protesta degli attivisti e delle attiviste di Ultima Generazione presso il Senato mi è parso d’improvviso di vedere il mondo in bianco e nero, di aver appeso alla parete un calendario con un errore di stampa: non dovrebbe essere 2023, ma 1923. Come si fa a sbagliare secolo? Dovremmo chiederlo a Monica Maggioni, direttrice del TG1, che ha ritenuto la protesta “non accettabile”. Un po’ di vernice lavabile gettata sulle facciate del Senato costituisce quindi motivo di censura. Ne prendiamo atto. Chissà invece quali possano essere le forme di protesta accettabili: magari l’assalto di una squadriglia neofascista alla sede di un sindacato? Chissà.
Insomma non si respira un’aria buona, e non è certo colpa di questi atteggiamenti da Istituto Luce. Come al solito siamo riusciti a divagare, a fare del benaltrismo strategico. Perché la protesta e la vernice lavabile sono un simbolo, così come lo è Palazzo Madama. L’allegoria è palese: sui comodi scranni del potere le istituzioni si arroccano nel loro immobilismo, mentre il mondo reale, all’esterno, brucia e versa sangue a causa di una catastrofe climatica sempre più tangibile, evidente, letale.
Il 2022 verrà dichiarato l’anno più caldo di sempre in Italia, e uno dei dieci più caldi di sempre nel mondo. E se non vogliamo credere alle statistiche ci basta uscire ad annusare i fiori già sbocciati a dicembre, o provare a ricordare l’ultima volta che ha piovuto durante l’inverno. Io non ci riesco. E anche se non ho condiviso appieno le “zuppe sui quadri” di Ultima Generazione – per via dell’innocente e diafana sacralità che attribuisco alle opere d’arte – non posso tollerare che la catastrofe climatica venga censurata come un film porno, che attiviste e attivisti vengano trattati da criminali da quelle stesse istituzioni che i criminali, quelli veri, li hanno fatti accomodare in poltrona, che le nostre esistenze siano riposte nelle mani di un potere che gioca con le accise sulla benzina e il tetto al prezzo del gas anziché strutturare un’economia decarbonizzata.
Anche per questo non condivido la recente decisione del gruppo britannico di Extinction Rebellion di cambiare strategia, e porre fine alle proteste che causano forme di disagio al pubblico. Eppure mi sembra che le più grandi conquiste sociali siano state ottenute attraverso la disobbedienza. Non vedo come possa esserci coinvolgimento senza palesare il conflitto. Uno sciopero dovrebbe paralizzare il paese, non fare il solletico alle dirigenze aziendali. Una rivendicazione dovrebbe rovesciare le piazze, non intrattenere qualche giornalista annoiato. E la catastrofe climatica dovrebbe allarmare e terrorizzare le masse – e il TG1 – ben più di un secchio di vernice.
Emanuele Tanzilli