Una campagna elettorale sfiancante e mediaticamente imponente quella a favore del sì alla riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi. Il Presidente del Consiglio ha deciso, dunque, di dimettersi, dopo aver perso con quasi venti punti pecentuali, una sconfitta pesante che non lascia scampo a giustificazioni. Ma chi perde, insieme a lui, è il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca. In Campania, con un’affluenza del 58,88%, ha deciso di votare no il 68,52% degli elettori, circa due milioni di voti contrari alla riforma e contrari all’indicazione di voto data dal Governatore.
Vincenzo De Luca si era molto impegnato, soprattutto nelle ultime due settimane di campagna elettorale, accantonando addirittura il suo ruolo istituzionale per scendere in campo e presenziare ad ogni possibile dibattito a favore del sì, insieme ai suoi uomini sul territorio. “Non ci sono giornalisti e possiamo parlare tra di noi, Renzi manda fiumi di soldi. Poi vi piace Renzi o non vi piace Renzi a me non me ne fotte un cazzo”.
Vincenzo De Luca ha tentato di unire ciò che rimane della sua coalizione, con la quale ha vinto un anno fa. Una grosse koalition, che in alcuni casi prevedeva la presenza di pezzi di Forza Italia, come nel caso del Sindaco del Comune di Pomigliano, con un centrodestra schierato a favore della riforma. Un voto complesso da leggere, tutto nelle mani dell’Istituto Cattaneo, che tenterà, come sempre, di decifrare il flusso di voti con massima chiarezza e serietà. In ogni caso, il Governatore della Campania, amante dell’uomo forte al comando, tanto da parlare di sè come “massimo esponente della destra europea”, con una certa ironia, e pure verità, di fondo, ha tentato una manovra all’ultimo momento, una corsa che non gli è certamente riuscita. Il caos provocato dalle sue parole ha sicuramente influenzato il dato, anche se, non bisogna non tenere conto del fatto che questo, a prescindere o meno dal merito della riforma, si è trattato di un voto plebiscitario contro la figura di Matteo Renzi. Avendo personalizzato la votazione, la conseguenza era chiara sin dal principio.
Il tentativo di De Luca fu chiaro, quello di muovere certi interessi economici e imprenditoriali campani, attraverso anche azioni non propriamente trasparenti. Il Governatore, comunque, affiliandosi a Renzi aveva un obiettivo molto solido: diventare l’uomo forte del sud Italia, a suon di voti, caratterizzando questa elezione come uno spartiacque per la Campania. Non è riuscito nel suo intento, perdendo non solo l’appoggio del Presidente del Consiglio, ormai dimissionario, ma anche nella sua città di nascita. Una sconfitta più dura, appunto, se si pensa che nel fortino di Salerno ha vinto il no.
Si apre scenario nuovo, meno monolitico, meno schiacciasassi. Il primo punto all’ordine del giorno per il Partito Democratico campano è un possibile rimpasto, cercando di aprire ad altre forze politiche. In secondo luogo, Vincenzo De Luca dovrà fare attenzione a Luigi de Magistris, il quale, da Napoli, gli lancia una sfida totale, colpo su colpo. De Magistris, da Napoli, avvisa tutti: “Da Napoli già liberata: la Costituzione è salva. Grande vittoria della democrazia. Renzi, lo stalker autoritario, è stato respinto. Ora, senza sosta, lotta popolare per liberare Italia e per sovranità al popolo”. Per De Luca, oggi, è certamente una giornata amara, ma il voto referendario non si può spiegare con tanta semplicità, nel no e nel sì il voto era fortemente influenzato dalle proprie opinioni sul Governo centrale, ma erano due schieramenti molto eterogenei. In Campania, Vincenzo De Luca ha provato ad unire tutti sul sì, non riuscendosi e, in quest’ultima settimana, calcando troppo la mano sul suo “personaggio”, conducendo sé stesso ed il PD ad una sconfitta certa.
Luca Mullanu