Quella dei cosiddetti bambini indaco è una di quelle storie con tutte le carte in regola per essere nella top ten delle bufale mondiali. Elementi sovrannaturali, parapsicologia, medicina alternativa e repulsione cronica dell’establishment medico, scolastico e chi ne ha più ne metta.

Roba da migliaia di condivisioni e “fai girare”, buona per alimentare quel po’ di creduloneria di cui ormai necessitiamo ogni giorno, destinata ad esaurirsi nel tempo, inesorabile, di un aggiornamento di bacheca o di un post illuminante del sito anti-bufale del momento.

Invece qualcosa ne cambia il destino e così il bambino indaco diventa una di quelle storie che in qualche modo sopravvive a tutto ciò e che, a quasi trent’anni dall’apparizione (erano i primi anni ’80), riesce a rimanere ancora sul pezzo e in qualche modo ad attirare, ad aprire quel link così invitante.

La storia

E’ Nancy Ann Tappe a coniare per prima il termine Bambini Indaco, utilizzandolo nel suo libro “Understanding Your Life Through Color”. L’autrice era convinta di “vedere” l’aura delle persone attraverso una particolare tecnica fotografica la fotografia Kirlian, dove la pellicola è impressionata da lievi scariche elettriche filtrate dall’oggetto da riprendere.

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Questo permette di ottenere una sorta di “aura” di colori diversi e la Tappe non perse tempo ad identificare l’indaco come il colore che definisce bambini dalle capacità sovrannaturali, venuti per salvare il mondo da non si sa cosa e addirittura capaci di comunicare con gli angeli.

Costruendoci sopra con abilità un notevole impianto mediatico la leggenda dei bambini indaco è arrivata fino ai giorni nostri, sopravvissuta a Facebook (forse perché quando è apparsa Zuckerberg non era nemmeno nato) ed è facilmente reperibile su qualsiasi sito di informazione “alternativa”.

E come sempre la domanda è: perché mai?

Probabilmente perché esistono un ampio range di sindromi psichiche dell’infanzia che non sempre si riesce ad identificare e che, quando questo avviene, non si ha il coraggio di accettare ed affrontare nella maniera adeguata.

Sembra strano ma può essere considerato “più dignitoso o consono o tranquillizzante” indursi a credere che il proprio figlio sia dotato di capacità straordinarie piuttosto che accettare la realtà e rivolgersi a chi di dovere per affrontarla. Strano ma estremamente reale.

Allora la leggenda dei bambini indaco va a nozze con tutto ciò e diventa un buon metodo per autoconvincersi e alla fine danneggiare la crescita di un ragazzo o una ragazza che invece, grazie ai notevoli passi avanti fatti in questo campo di ricerca, potrebbero vivere una vita praticamente normale.

Per fare un esempio, i bambini affetti da Adhd (sindrome da deficit di attenzione e iperattività), sono diventati negli Stati Uniti il terreno più fertile per alimentare la storia dell’indaco, dei presunti superpoteri e dell’altrettanto presunta aura.

Una storia surreale con dei risvolti inquietanti come il premio milionario messo in palio per chi avesse dimostrato le capacità sovrannaturali di un bambino indaco. Premio che nessuno ovviamente ha ritirato sebbene in vigore fino al 2015!!

Finiranno mai la leggenda dei bambini indaco e le tante bufale ormai radicate e che continuiamo ogni giorno ad leggere o ascoltare? Probabilmente no e per quanto ci si possa impegnare a descrivere le cose per quel che sono forse sarà più semplice imparare a conviverci, a far finta di nulla con tutto ciò che ne consegue.

Perché forse, in fin dei conti, è proprio il nostro essere che da qualche parte ha bisogno di credere a qualcosa di surreale, al bambino indaco di turno.

Mauro Presciutti

 

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