Immaginiamo il pianeta Terra come una grande opera d’arte: una scultura del Bernini, un quadro di Chagall, una poesia di De Andrade, un avvincente romanzo di Steele. Parliamo di un’opera d’arte dalla grande forza comunicativa, ogni suo soffio cela un messaggio, più o meno chiaro, che spesso rimane silente. C’è chi, però, ha accolto di buon grado l’esigenza di innalzare le grida del nostro pianeta attraverso ulteriori forme artistiche: il famoso processo comunicativo legato al sentimento panico de l’art pour l’art. A entrare in scena sono disegni, colori, forme. Immagini che insegnano, capaci di trasmettere messaggi, di sensibilizzare, di denunciare. Parliamo nello specifico della street art, la quale è stata e continua ad essere affrontata da moltissimi artisti contemporanei che si pongono l’obiettivo di scardinare i vecchi sistemi e alcuni degli orrori causati dalle devianze della società contemporanea.
La tutela dell’ambiente, un tempo considerata un hobby elitario, oggi ha preso piede, diventando uno dei temi più trattati in ambito artistico. Nei secoli il mondo dell’arte si è fatto carico di tematiche sociali, divenendo mezzo di vera e propria denuncia. Negli ultimi anni, poi, le problematiche ambientali si sono fatte largo tra le cerchie artistiche, che ne hanno fatto uno dei punti focali del proprio impegno civico.
Rispetto per l’ambiente e arte si fondono, in particolar modo, nella street art, vale a dire il linguaggio figurativo nato in strada. Scopo principe di questa espressione artistica è, infatti, la riqualificazione delle periferie tramite l’abbellimento di edifici e strutture civiche già esistenti. Combattere il grigiore del cemento con la vivacità dei colori, rendendo le città più belle e vivibili e allo stesso tempo trasmettere messaggi in maniera diretta, senza filtri o censure.
Il degrado ambientale, le condizioni del lavoro, le ingiustizie, l’inquinamento, la cementificazione: sono solo alcuni esempi di tematiche toccate nella nuova era della street art al servizio della Terra, in cui si sono cimentati diversi artisti. Provocatori, divertenti, in alcuni casi lugubri, prendono spunto dai luoghi circostanti e cercano di innalzare la consapevolezza grazie alla loro potenza immaginifica. In tutto il pianeta molti street artist usano le loro opere come riflessioni sui nostri tempi e strumenti di ispirazione per un vita migliore.
Bansky, ad esempio, è uno dei più grandi esponenti della street art a livello mondiale: ma cosa si cela dietro le opere d’arte di questo enigmatico e sfuggente writer? I suoi graffiti sono conosciuti in tutto il mondo. Opere quasi sempre a sfondo satirico che hanno toccato da vicino la politica mondiale, la cultura e l’etica, l’ambiente e la natura. Bristol è la città dove per la prima volta sono state avvistate le opere di questo artista senza volto. In seguito Londra e tante altre città in tutta Europa hanno visto apparire sui muri cittadini bellissime opere, tutte realizzate con la tecnica dello stencil. Tutte rigorosamente firmate “Banksy”, niente di più, nessun’altra informazione. Non solo opere realizzate sui muri delle città, ma anche su tela ed esposte in diversi musei: il misterioso artista riusciva ad intrufolarsi come un silenzioso felino nei musei, appendendo le sue opere tra gli altri dipinti.
“Mi ricordo quando era tutta campagna” è il titolo di uno dei murales più emblematici dell’artista inglese, il quale denuncia la cementificazione selvaggia dei nostri giorni.
Ma Bansky non è l’unico artista ad essersi fatto strada nel mondo della denuncia spietata del disastro ambientale attraverso l’arte: l’italiano Nemos, ad esempio, oltre a dedicarsi alla street art, realizza opere con la carta.
Anche nel caso dell’artista spagnolo Pejac i muri fungono da tele bianche che lasciano spazio a messaggi dall’alta carica sociale. Le sue opere si trovano “open air” o presso collezioni pubbliche e private. Dopo aver completato il suo percorso artistico presso l’Accademia di Belle Arti di Milano ha cominciato a esprimere il suo talento. Il suo stile nel tempo si è evoluto, diventando sempre più lineare, semplice e asciutto. Concettuale come Banksy, riesce a creare lavori unici e dal tratto riconoscibile. Dotato di una grande immaginazione crea personaggi e paesaggi dallo stile inconfondibile e pulito. Ricorda Bansky concettualmente, ma non condivide l’alone di mistero che avvolge il collega.
Ma come parlare di street art e ambiente senza ricordare il magnificente “hunting pollution“? Realizzato con pitture eco-sostenibili al 100% naturali che purificano l’aria, Hunting Pollution è il murale mangia smog più grande d’Europa. La maestosa opera, inaugurata nell’ottobre 2018 presso il quartiere Ostiense di Roma, rappresenta un importante passo in avanti nella lotta all’inquinamento atmosferico che attanaglia il capoluogo laziale. Il murale, la cui superficie è approssimativamente di mille metri quadrati, è realizzato con l’airlite, una particolare e rivoluzionaria vernice green, che ha la capacità di assorbire molte delle sostanze inquinanti presenti nell’ aria.
La spettacolare opera nasce da un progetto di “yourban”, associazione no profit che si pone come obiettivo quello di utilizzare l’arte come mezzo per lanciare messaggi aventi ad oggetto tematiche ambientali, e in particolare il rapporto uomo-natura. Hunting Pollution ha ad oggetto un magnifico airone tricolore, specie purtroppo a rischio estinzione. La maestosa opera, ritraente l’animale intento a cacciare, grazie alle sue dimensioni, alla cura dei dettagli e alle sgargianti tonalità dei colori utilizzati, riesce a catturare l’attenzione dei passanti, rapiti dalla bellezza e dall’intensità di un’iniziativa tanto innovativa quanto significativa.
Il dipinto presenta una doppia chiave di lettura: se da una parte l’airone cattura la sua preda in un mare inquinato, dall’altra sarà lui stesso a combattere lo smog della capitale attraverso le eco-pitture di cui il murale è fatto. Partendo dall’assunto che 12 metri quadrati di airlite possono assorbire le emissioni di smog emesse da un’auto in un giorno, Hunting pollution, con i suoi 1000 metri quadrati di superficie, produce un effetto anti-inquinamento paragonabile a quello di 30 alberi. Questa iniziativa, nata dal connubio tra arte, tecnologia e politiche green, si presenta non solo come straordinario mezzo di sensibilizzazione, ma anche come immediato strumento di lotta all’inquinamento.
Altra tecnica di lavoro molto diffusa tra gli artisti che vogliono donare alle loro opere un’impronta più ecologica è la “Moss Art”. Con questo metodo infatti possono approfondire la tematica ecologica in maniera più completa, poiché sostituiscono le bombolette spray, a volte non riciclabili e dal contenuto tossico, con il muschio, servendosi solo di ingredienti naturali per applicarlo sui muri. Un’artista che pratica questa tecnica è Anna Garforth, che sfrutta un mix di yogurt, birra e zucchero per attaccare ai muri frasi fatte di muschio. Quelli di Anna sono spesso stati definiti degli eco graffiti: un tratto ancora più distintivo delle sue opere è che possiedono una mutazione combinata all’azione del tempo. L’opera prima è verde, poi ingiallisce, fino a morire e lasciare spazio a qualcosa di nuovo: una sorta di land art nella street art.
È chiaro, dunque, che vi sono innumerevoli tecniche artistiche volte a trasmettere il messaggio ecologico e a condannare l’idea che la street art sia semplicemente un atto vandalico. La street art si rivela un metodo efficace per sciogliere i nodi del disastro ambientale in quanto può raggiungere un pubblico molto vasto, facendosi interprete di problematiche sociali a livello globale, con l’intento di scuotere la coscienza del passante occasionale. La verità, spesso scomoda e ignorata volutamente, viene mostrata senza filtri.
Il sistema di sviluppo degli ultimi 50 anni ha anteposto il guadagno economico alla salute, all’impatto sull’ambientale e alle conseguenze in termini storici. E parlare di ambiente non è certamente facile: si è continuamente in bilico fra un becero populismo e un’incompetenza di primo ordine, motivi per i quali la tematica ambientale viene continuamente strumentalizzata da forze politiche di ogni provenienza. Eppure parlare di ambiente dovrebbe essere prerogativa di ognuno, ma la Terra muore ogni giorno un po’ di più e il nostro ruolo, almeno fin ad ora, è stato quello di spettatori inermi, estranei.
Ma c’è ancora chi, in maniera semplice e diretta, si è reso portavoce delle problematiche legate all’ambiente e non solo, rendendo le strade delle vere e proprie gallerie d’arte, volte a denunciare e sensibilizzare. La street art è forse l’arte che condanna, è scomoda, è l’arte che riflette l’orrore della civiltà del progresso, la cui più grande opera è la distruzione.
“Alcuni vogliono rendere il mondo un posto migliore, io voglio solo renderlo un posto più bello. Se non ti piace puoi sempre dipingerci sopra!” (Banksy)
Mena Trotta