Che l’emergenza immigrazione ci sia è innegabile. Ma per renderci conto di quanto questa emergenza e la sua pseudo-risoluzione abbia influito su tutti gli aspetti del nostro paese, soprattutto quello economico, basta ricordare l’intercettazione che nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale non lasciò scampo a fraintendimenti: “si fanno più soldi con gli immigrati che con il traffico di droga“.
Dolorosamente risaputo è di fatti il problema del business che si è creato intorno ai centri d’accoglienza, sparsi in tutta Italia. Le cifre di cui si parla sono esorbitanti e in un territorio dove è sedimentata la criminalità organizzata è difficile non credere che ci siano falle nel sistema: si parla di una spesa massima quotidiana per l’accoglienza di due milioni e 730mila euro, circa 82 milioni al mese, oltre 980 l’anno. Con questi dati alla mano, le parole di Mario Morconi, sembrano essere quasi scontate: “Avere un’emergenza, parlare di emergenza, alimentare l’emergenza è utile a molti e la recente inchiesta aperta a Roma mostra in modo lampante come il business dell’accoglienza sia diventato strumento di spartizione di potere, creazione di clientele e gestione di influenze politiche“.
Le strutture in cui tutte le migliaia di persone che, in cerca di una speranza, arrivano in condizioni disumane sulle coste italiane, possono essere diverse: che si tratti dei Centri di accoglienza straordinaria, i cosiddetti CAS, sempre più numerosi sul territorio italiano, individuati dai prefetti, o dello sviluppo accanto a queste strutture straordinarie, per le persone che richiedono asilo, di centri d’accoglienza come i CARA; ricordiamo quello di Mineo, o i SPRAR, i sistemi di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, la situazione appare sempre critica.
Con il pericolo di un isolamento degli immigrati che spesso restano mesi in balia di giornate interminabili, scandite da gesti sempre uguali, pasti, pochi svaghi, nessun lavoro e ore su brandine di fortuna senza poter far nulla che non lasciano spazio ad una vita degna di essere chiamata tale e per la quale hanno rischiato tutto.
E così se la maggior parte delle città italiane cerca, tra polemiche e idee contrastanti, tra razzisti e tolleranti, di gestire l’ondata di persone che ogni giorno arriva e deve essere giustamente accolta e integrata, merita una nota positiva la città partenopea dove, a pochi giorni dalla marcia a piedi scalzi a favore dei migranti che partirà da via Toledo, cuore della città e che corrisponde ad una netta presa di posizione a favore di queste persone, nasce l’albergo sociale che ha come obiettivo combattere il business dell’accoglienza. Napoli, già famosa per le sue iniziative di accoglienza e aiuto soprattutto per le persone meno fortunate (si ricordi l’albergo dei Poveri, la più grande struttura architettonica del Settecento europeo) si riconferma città di cuore e in cerca di riscatto per togliersi l’etichetta di patria dell’attività criminale che nel corso del tempo gli è stata incriminata. Niente lucro, niente soldi nelle tasche di chi, di questi esseri umani importa poco e niente. E così, tra le nuove iniziative volte all’integrazione, il comune paga gli enti privati ma tutto ciò a prezzi più bassi grazie all’attività delle stesse persone accolte che provvederanno alla pulizia, alla custodia e alla manutenzione delle strutture affidate. In questo modo si potranno ridurre i costi e al contempo riempire le giornate dei residenti.
E se diventa sempre più difficile trovare posti consoni dove ospitare donne, uomini e bambini garantendo accoglienza degna e rispettosa, il nostro paese cerca di reagire e prova a fare un grande passo in avanti che se da un lato potrebbe far fronte all’emergenza nella regione Campania (dove sono ospitati circa 6.500 migranti), dall’altra potrebbe essere un punto di svolta per la nostra politica interna. L’annuncio del prefetto Gerarda Maria Pantalone, diffonde un sentimento di fiducia in ognuno di noi: “sono in corso incontri con l’Agenzia del demanio e il Commissario dei beni confiscati per verificare se ci sono immobili da poter utilizzare per ospitare i migranti“.
Se solo il 20 % degli immobili tolti dalle mani della camorra venisse realmente riutilizzato per fini pubblici e sociali, l’annuncio del prefetto Pantalone potrebbe significare una duplice vittoria: uno schiaffo alla camorra e un altro ai numerosi razzisti che circolano nella nostra nazione.
Alessandra Vardaro