Le opere del periodo surrealista dell’artista danese Kernn-Larsen sono in mostra al Guggenheim di Venezia fino al 26 giugno. L’appassionato d’arte italiano ha tutto il diritto di protestare la propria ignoranza: chi é Rita Kernn-Larsen? Cosa significa essere surrealista in Danimarca?
In effetti, la Kernn-Larsen non é molto nota al di fuori dei confini nazionali. Questo contrasta con la reputazione della quale godeva giá negli anni trenta, quando la critica la considerava “il Picasso danese”. Una definizione che si riferiva allo stile di inizio carriera, influenzato fortemente da Léger, di cui era stata la pupilla durante il suo apprendistato in Francia. Non é cubista, peró, il periodo artistico piú interessante della Kernn-Larsen.
La stessa pittrice danese ammise infatti che “il periodo surrealista fu straordinario” e lo riteneva il suo momento migliore dal punto di vista artistico. Ai visitatori del museo Guggenheim il motivo risulterá evidente. La poetica surrealista della scrittura automatica, delle libere associazioni permetteva all’artista danese di dare consistenza pittorica a tutte le sue ossessioni. Tra i motivi ricorrenti di questa mostra, vale la pena ricordare quello della ‘donna-albero’. Come scritto nel catalogo della mostra a cura di Gražina Subelytė, “le artiste surrealiste guardano alla natura come a un soggetto femminile e trovano, quindi, nella crescita e nell’abbondanza una metafora adeguata alla loro creazione artistica”. Questo pare evidente in opere come “Autoritratto” del 1937 e “La rivolta delle donne” del 1940.
Quest’ultimo, uno dei quadri piú interessanti dell’intera mostra, riassume in sé diverse caratteristiche dell’arte di Kernn-Larsen. Nel catalogo, viene sottolineato come in questo dipinto siano presenti riferimenti a paesaggi mitologici nordici (tratto, dunque, tipicamente “danese”), una certa influenza dell’opera di Paul Delvaux e di quella di Max Ernst per quanto riguarda il trattamento della foresta e, ovviamente, il giá menzionato tema della donna-albero.
Il periodo surrealista della Kernn-Larsen coincise con il momento in cui la stessa Peggy Guggenheim cominció ad interessarsi al movimento.
Oggi, le coincidenze non sono finite: la mostra della Kernn-Larsen inaugura le “project rooms” del Guggenheim di Venezia, ambienti dalle dimensioni ridotte dedicati a mostre che non prevedono un grande numero di quadri. Queste caratteristiche, lungi da rappresentare un difetto, possono essere anzi piú attraenti per quei visitatori che preferiscono soffermarsi su poche opere invece che lasciarsi andare a una specie di indigestione visiva, accumulando impressioni superificiali di decine di dipinti nello spazio di un pomeriggio.
Visitatori nello stile della poetessa Szymborska, che di ogni mostra, per quanto ricca fosse, guardava solo pochi quadri, ammettendo, come riportato in questo articolo, di non riuscire a “volare come una piuma” e guardare tutte le opere presenti.
Luca Ventura