La risoluzione del Parlamento Europeo, gli alibi dell’estrema destra, il moderatismo liberale “cerchiobottista”: nazifascismo e comunismo vengono sempre più spesso equiparati, grossolanamente e semplicisticamente, ma con vigore rinnovato e ormai quasi inoppugnabile.
Non fa più scalpore: le fiamme della seconda guerra mondiale sono ridotte ormai a ceneri rispetto a quelle ancora crepitanti della guerra fredda (un ossimoro voluto). E dunque un supposto ed auto-dichiarato tribunale della storia, allestito frettolosamente da una destra imparentata nemmeno troppo alla lontana proprio con il nazifascismo, sta emettendo giudizi sommari, senza processo o contraddittorio critico.
Tocca fare l’avvocato del diavolo di chi al momento non ha la forza politica per difendersi, al contrario della controparte, in un vero e proprio processo. Una sentenza? Solo qualche doverosa precisazione, per senso di giustizia.
Nazifascismo e comunismo, diversamente totalitari?
Nazifascismo e comunismo sono (stati) due totalitarismi, anche se di segno opposto? Entrambe le ideologie in questione si sono indiscutibilmente tradotte in esperienze storiche sfociate in sistemi dittatoriali nell’arco del “secolo breve”, che hanno esercitato la compressione delle libertà e dei diritti più pervicaci rispetto ad altri regimi (comunque repressivi e che oggi non definiremmo certo “liberi”), attraverso violenti mezzi di propaganda e coercizione.
Si tende idealmente a sovrapporre completamente nazismo e comunismo per via della comune radice collettivista e totalitaria, anche sulla base di tesi filosofiche fondate e autorevoli, come quelle di Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo. La natura dei totalitarismi è stata tuttavia di composizione e intensità assai variabili, e non rappresenta un criterio esaustivo di definizione o di paragone tra le due ideologie.
Il nazifascismo non si è mai discostato da una prassi ferocemente autoritaria e dittatoriale: possiamo dire che si declina al singolare. Hitler, Mussolini, il Giappone imperialista: tutte si sono rese responsabili di una sistematica oppressione delle differenze umane e delle rivendicazioni sociali, seppur con livelli di profondità diversi. La matrice stessa di questo sistema ideologico è naturalmente verticistica, carismatica e distruttiva delle voci contrarie: non è pensabile altrimenti.
Il comunismo (o socialismo) invece, ideologicamente “orizzontale”, si è declinato sempre al plurale: esperienze differenti, anche diametralmente opposte, ne hanno costellato la complessa storia politica, impossibile da ridurre ad unicum. Si spazia dalle dittature del proletariato in Europa Orientale fino ai democratici Enrico Berlinguer e Salvador Allende, o ai liberatori come Ernesto Ché Guevara.
L’ambivalenza caratterizza anche le singole “vie nazionali”: ad esempio, l’URSS di Lenin, Chruščëv, e Gorbačëv o di Stalin (i cui eccessi furono già condannati dalla stessa Russia comunista nel XX Congresso del PCUS), non erano sovrapponibili né da un punto di vista pragmatico-politologico, né tanto meno, ad esempio, nell’ambito del rispetto dei diritti umani e della libera espressione.
Certo, in entrambi i casi, le cicatrici delle efferatezze e delle mostruosità sono ancora visibili, ma se si propone uno spiacevole paragone storico, queste si dovranno contestualizzate nei diversi ambiti storici e geopolitici e comparare nella loro intensità. Se non si distingue tra ideali e contingenze, e si colpevolizzano i primi valendosi solo sulle seconde, si fa manipolazione e non politica, né tanto meno ricostruzione storica e fattuale, ricorda lo storico Alessandro Barbero.
Il libro nero dell’anti-comunismo
Eppure uno degli argomenti preferiti degli anti-comunisti a suffragare la retorica della sovrapposizione tra diversi totalitarismi di egual ferocia è abbastanza macabro ma di sicuro effetto: l’ammontare delle vittime dei regimi marxisti-leninisti (in verità, come si è visto, solo una parte della composita galassia social-comunista).
Il fervore necrofilo di parte della storiografia conservatrice è sfociata nella redazione della celeberrima raccolta di saggi storiografici curata da Stèphane Courtois, il Libro nero del comunismo: agitata con fervore evangelistico da reazionari di ogni posa, la trattazione disvela dati statistici secondo i quali gli stati comunisti avrebbero provocato l’efferatezza di 100 milioni di morti in tutto il mondo.
L’impostazione e la metodologia storiografica della fortunata opera presentano storture evidenti: si considerano imputabili all’ideologia comunista nel complesso, le vittime “dirette e indirette” di scelte politiche animate secondo gli autori da una comune visione, e per le quali graverebbe una sorta di responsabilità morale da addossare all’intero sistema politico-culturale.
Non è difficile immaginare quanto si tratti di un’operazione impossibile da realizzare con il minimo rigore scientifico e quindi inattendibile da un punto di vista storiografico, che cela un evidente e deliberato fine propagandistico: maggiorare il numero dei morti per criminalizzare un’idea politica.
Anche in questo caso, inoltre, il paragone con il nazifascismo si può contingentare in modo differente: il nazismo in Germania, da solo, al potere per soli 12 anni (contro i 70 del comunismo sovietico), ha causato la morte di più di 18 milioni di persone, tra i quali civili, vecchi e bambini annientati nei campi di sterminio, con spietato e disumano rigore scientifico, sconosciuto ai gulag.
Questo avvalendosi di criteri molto meno “onnicomprensivi” e moralistici di quelli di Courtois, i quali sarebbero molto gravosi anche per il liberalismo delle nazioni occidentali, dal passato comunque più o meno repressivo, segregazionista, imperialista, e/o colonialista.
Gli uomini periscono, gli ideali sopravvivono
Al di là dei sistemi politici in sé, l’affermazione nella prima metà del Novecento sia del comunismo che del nazifascismo è stato gravido di conseguenze più ampie, che si possono definire antropologiche, dalla cultura alla società. Qual è, insomma, la loro eredità?
Lo spessore culturale, filosofico e letterario di Benjamin, Brecht, Gramsci, Lukács, Luxembourg, Marcuse, Schmidt, e di innumerevoli influenti intellettuali e artisti da tutto il mondo che hanno teorizzato ed approfondito a vario titolo il marxismo, paragonato al “Mein Kampf” di Hitler e a pochissimo altro.
La diffusione dell’istruzione, di alcuni diritti civili e del progresso economico-sociale per milioni di persone vittime di indigenza e soprusi in paesi prima semi-feudali, ma anche nei paesi occidentali attraverso aspre lotte sindacali, contrapposta alla miseria e alle disuguaglianze del suprematismo e del corporativismo. Il cosmopolitismo, la coesistenza e il rispetto delle relazioni internazionali culminate nell’istituzione dell’ONU contro l’autarchia e l’aggressività della guerra totale.
Parlando di valori ideali, dunque, non è chiaro come un’ideologia intrinsecamente autoritaria, che glorifica la prevaricazione del più forte sul più debole, ed estranea alla civiltà e al diritto tout-court, quale il nazifascismo, possa essere stata accomunato ad un’altra dalla quale senz’altro sono scaturite dittature mortificanti, ma anche ideali di giustizia sociale, fraternità e uguaglianza, speranza di riscatto morale e materiale.
Il ritorno del Nazifascismo, la sentenza farsa e i testimoni
L’inconfessabile, agognato e turpe desiderio revisionista di lasciare vacante il campo dell’alternativa e sostanziare il proprio predominio ideologico, comune alla destra più profonda e al liberismo più selvaggio, si sta inesorabilmente concretizzando.
Lo testimonia plasticamente l’approvazione del documento della “memoria europea” a Bruxelles, ottenuta anche con i voti del Partito Democratico e delle social-democrazie, per compiacere i populismi di destra dell’Est. La stessa Europa, ironicamente, ostaggio di nazionalismi che minacciano di distruggerla, di nuovo. Il revanscismo nazifascista sta esercitando un’insperata egemonia culturale anche sul centro e addirittura su buona parte della sinistra, a dimostrazione di quanto sia più pericoloso che mai.
Non è necessario procedere con altre analisi storico-teoriche verbose, ridondanti, quasi banali: entrino i testimoni, la cui voce può, forse, ancora scongiurare questo scempio storico consumato sui valori della nostra convivenza civile. Il nazifascismo e il comunismo sono equiparabili? Chiedetelo allora ai sopravvissuti dei campi di sterminio di Auschwitz, quindi alle minoranze, agli “indesiderabili”, ai disfunzionali, ai diversi, ai pensatori, ai dissidenti, alle fasce sociali più deboli.
Ma, provocatoriamente, chiedetelo anche agli avversatori dei regimi comunisti, come Wałęsa o Solženicyn, che avrebbero avuto sorti ben più tragiche sotto la scure nazifascista di quelle comunque sperimentate nel contesto di pur violenti regimi comunisti. La sistematicità della violenza delle due ideologie è su scale completamente diverse. Un caso esplicativo: Liliana Segre è stata imprigionata e brutalizzata dai nazisti, e liberata proprio l’Armata Rossa. Due ideali, il primo irrimediabilmente disumano, l’altro sporcato dalla storia ma pur sempre riconducibile al nostro corpus di valori fondamentali.
Segre non avrebbe dubbi, dunque meglio non esibirsi in paragoni impropri, al contrario di Salvini e Saviano. Siamo dinnanzi ad un processo farsa, con capi di imputazione pretestuosi, fasulli e semplicistici, che ha emesso una sentenza aberrante e grottesca a livello storico, teorico e morale. Citando Greta Thunberg, “come vi permettete”? La storia non vi perdonerà. Anzi, non vi ha già perdonati.
Luigi Iannone
Il comunismo è molto peggio perché è falso ha massacrato milioni di persone e continua a farlo con scuse goliardiche. Inoltre vedere una foto dove soldati sovietici aprono i cancelli è ridicola in quanto in URSS i Gulag viaggiavano a gonfie vele da oltre 20 anni (Stalin governava dal 1922), lo dimostrano pure i giornali del tempo.
Eva, la storiografia parla chiaro: i gulag staliniani erano una forma repressiva del dissenso, terribile ma purtroppo comune a tutte le dittature. I campi di sterminio nazifascisti erano covi di sterminio scientifico e sistematico anche di donne, bambini e “indesiderabili” (che si, l’Armata Rossa ha liberato nel 1945). Si tratta di due cose completamente differenti, per le quali i paragoni sono azzardati. Inoltre, il comunismo non è stato legato solo ai gulag o allo stalinismo, come certe equiparazioni lasciano intendere. Non ci sono mai giustificazioni per i morti, ma per non strumentalizzarli è necessaria la verità e una lettura del contesto. Ci vedo poco di goliardico, un’ideologia va misurata, se proprio si vuole portare avanti queste considerazioni, anche per i valori che promuove e riconosce: il nazifascismo è un’ideologia di morte, il comunismo no (o quantomeno non necessariamente)
Certa storiografia non parla affatto chiaro, in quanto omette ogni volta cosa sia stato e cosa è realmente il comunismo.Essere contro le dittature non vuol dire scrivere di un’armata rossa che a sua volta difendeva i Gulag e le repressioni che erano in essere da oltre 20 anni in urss. Il comunismo è un’ ideologia di morte e di delazione perché elimina fin da subito coloro tutti coloro che risultano “non idonei” o “indesiderabili” in maniera anch’esso del tutto scientifica.
Prima di tutto il nazifascismo, almeno come ideologia, non esiste in quanto troppo vago come definizione. Il termine si riferisce all’alleanza stipulata a livello militare/ideologico tra Italia fascista e Germania nazista, ma concretamente “nazifascista” non vuol dire niente; sarebbe come parlare di “nazicomunismo” quando Hitler e Stalin si allearono per invadere la Polonia.
Il marxismo è un ideologia divisiva perché mette il ricco contro il povero e incita alla lotta di classe, che deve portare ad uno stato controllato dal cosiddetto “terrore rosso” (Marx: “C’è un solo mezzo per abbreviare, semplificare, concentrare l’agonia assassina della vecchia società e le doglie sanguinose della nuova società, un solo mezzo: il terrorismo rivoluzionario”; “Noi non abbiamo riguardi; noi non ne attendiamo da voi. Quando sarà il nostro tempo, non abbelliremo il terrore”; “la società comunista può essere raggiunta solo attraverso la lotta di classe rivoluzionaria del proletariato e teorizza l’abolizione dei diritti individuali di libertà.”; Engels: “Una rivoluzione è certamente la cosa piú autoritaria che vi sia; è l’atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all’altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni, mezzi autoritari, se ce ne sono; e il partito vittorioso, se non vuole aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi ispirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità di popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può al contrario rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente?”).
Come il nazionalsocialismo tedesco, anche il marxismo vuole raggiungere una società egualitaria attraverso l’eliminazione di interi gruppi sociali: per Hitler vanno eliminati slavi, ebrei e dissidenti, per Marx borghesi e proletari controrivoluzionari (da notare il fatto che secondo Engels, uno dei padri del comunismo marxista, esistono interi popoli reazionari da estirpare, in particolare gli slavi: “la prossima guerra mondiale farà sparire dalla faccia della terra non soltanto classi e dinastie reazionarie, ma interi popoli reazionari”; “Alle frasi sulla fratellanza dei popoli, lanciate in nome delle nazionalità più controrivoluzionarie d’Europa, noi rispondiamo che l’odio per i russi è stato ed è fra i tedeschi la prima passione rivoluzionaria; che dopo la rivoluzione, vi si è aggiunto l’odio per i cechi ed i croati, e che, insieme ai polacchi e agli ungheresi, noi potremmo rafforzare le basi della rivoluzione solo esercitando nei confronti di questi popoli il più deciso terrorismo.”; “Tra tutte le razze dell’Austria, ce ne sono solo tre che sono state portatrici di progresso, che hanno avuto un ruolo attivo nella storia e che conservano ancora la loro vitalità: i tedeschi, i polacchi e i magiari. Per questo sono ora rivoluzionari. La vocazione principale di tutte le altre razze e di tutti gli altri popoli, grandi e piccoli, è quella di perire nell’olocausto rivoluzionario”). Capendo ciò possiamo vedere che l’ Holodomor (il genocidio perpetrato ai danni degli ucraini, scientificamente progettato da Stalin) e altri genocidi comunisti non sono proprio estranei all’ideologia marxista.
Anche Lenin è favorevole alla violenza contro i contadini, ritenuti un gruppo sociale reazionario (“Bisogna stimolare forme energiche e massicce del terrore contro i controrivoluzionari”; “Le rivolte contadine devono essere represse senza pietà… impiccate senza esitare così la gente vedrà, almeno cento noti kulaki, ricchi, sanguisughe”).
Ovviamente il marxismo non è solamente i crimini commessi in nome suo, anche se va riconosciuto che c’è una correlazione, come c’è correlazione tra le idee promosse dal nazionalsocialismo tedesco e i massacri compiuti in suo nome. Ma, come non necessariamente il marxismo porta alla violenza (ne sono un esempio i vari governi di stampo marxista che sono saliti al potere senza violenza), così non necessariamente nazionalsocialismo, fascismo e nazionalismo sono di per sé antisemiti, sciovinisti e genocidi.
Certamente bisogna mettere in guardia dalle derive (anche molto gravi e pericolose) che possono prendere le ideologie, derive che portano appunto molte persone a commettere crimini; ma non si può fare di tutta l’erba un fascio. La colpa va data a chi commette materialmente un crimine, non a delle idee (fermo restando che, come già detto, bisogna stare attenti a ciò a cui portano).
Detto ciò, bandire una ideologia, sia essa marxismo, liberalismo, nazionalsocialismo o fascismo è un preciso atto politico volto a sminuire tale fazione.
Quindi no, neanche nazionalsocialismo e fascismo sono necessariamente “ideologie di morte”
“Il comunismo (o socialismo) invece, ideologicamente “orizzontale”, si è declinato sempre al plurale“.
Seguendo questo ragionamento dovresti dettagliate meglio, come fai allora ad accomunare Nazismo e Fascismo in una sola parola (non lo fa nemmeno Hannah Arendt) e al contempo andare a cercare le sfaccettature dei comunisti più “democratici”? Allora ti potrei rispondere che anche l’Argentina di Peron era fascista ma non c’erano le camere a gas. La Spagna di Franco , fascista ma senza i campi di concentramento. Il Portogallo di Salazar e potrei continuare a citare esempi sempre seguendo il tuo ragionamento. Per quanto concerne l’impianto ideologico che – noto tu non abbia approfondito- dovrei dirti che Giovanni Gentile ad esempio, è stato uno degli ultimi grandi filosofi italiani, pilastro dell’educazione nostrana e allo stesso tempo punto di riferimento del fascismo. Ti potrei quindi dire che il fascismo ha nobili ideali eppure non si può non constatare che abbia generato orrendi crimini. Allo stesso modo gli ideali del comunismo, a parole molto romantici nei fatti hanno generato solo fame, morte e distruzione. Non ultimo l’aver nascosto per mesi il virus covid 19. E ora vienimi a dire – eh si però oramai in Cina non sono veri comunisti e menate varie.
La difesa del comunismo è equiparabile al”pero’ fece pure cose buone” riferito a Benito.
Eva e Vincenzo, cosa posso dirvi: mi sembra abbiate idee abbastanza granitiche al riguardo, anche se costituite per lo più da affermazioni inamovibili, scarsamente coadiuvate da controprove. Da parte mia, ho presentato delle argomentazioni. Potete anche restare della vostra idee, ad avversare il comunismo con tutta la vostra determinazione (giacché l’avete). Saluti!
Come può essere il comunismo un’ ideologia di morte, se afferma l’uguaglianza e la fratellanza tra le persone.
L’URSS ha imitato alcuni aspetti del comunismo (abolire la proprietà privata), e poi purtroppo ha ucciso milioni di persone.
Ma il comunismo non è una nazione, è un’ideologia.
Sono d’accordo che nazifascismo e comunismo non siano equiparabili, anche se per altri motivi.
Con o senza paragone, l’UE ha fatto bene ha bandire il comunismo.
Le consiglio di leggere “Torturato per Cristo” di Richard Wurmbrand per vedere che la repressione comunista non era solo contro gli oppositori, ma anche contro chi pensava con la propria testa, senza essere in qualche modo coinvolto nella politica e quindi oppositore al regime. Ah e visto che lei snobba, in modo comunque educato, vedo, opinioni contrarie alle sue, diagnositicando una mancanza di “controprove”, posso premunirmi nel dirle che queste controprove hanno lasciato solchi sulla pelle dei miei genitori e parenti, per alcuni in modo “solo” metaforico, mentre per altri in modo fisico.
Non credo che il paragone con il nazismo sia sufficiente per riscattare il comunismo e perciò futile.
Io sono più che d’accordo che alcune delle applicazioni del comunismo si sono trasformante in dittature (come avviene in tutti gli estremismi) e abbiano ucciso ingiustamente milioni di persone, ma io credo solo nell’idea di un mondo uguale per tutti, per formare una comunità, che alla fine sono proprio i veri insegnamenti di Gesù e sono anche l’ideologia del comunismo.
in conclusione, mi spiace moltissimo per i tuoi parenti che anno subito danni fisici e psicologici, ma io e molti comunisti non vogliamo fare male a chi pensa con la propria testa, ma vogliamo solo proteggere le persone più deboli e chi è emarginato in questa società
un grande saluto
Mi sembra piuttosto fuorviante paragonare comunismo e nazismo sulla base del loro ideale originario. Se così fosse il primo tenderebbe felicemente all’eguaglianza e il secondo semplicemente all’eccellenza del popolo tedesco. Chiunque abbia preso in mano un libro di storia sa che gli ideali spesso vengono traditi e fuorvianti come è successo in passato e come succede ancora oggi. Credo sia stupido paragonare nazismo e comunismo sulla base del numero dei morti. Bisognerebbe tenere conto invece e innanzitutto dei numeri reali ma soprattutto del tempo impiegato per arrivare a queste cifre, dell’epoca in cui si sono svolti i farti, della popolazione in quanto a numero e a coinvolgimento. Terrei molto conto delle metodiche e delle motivazioni, del pensiero e delle ideologie che hanno portato i due totalitarismi a fare ciò che hanno fatto.
Oggi noi siamo acculturati e viviamo in un periodo di pace e di libertà di espressione. Guardate invece al clima politico e sociale di quei periodi. Una Germania vessata dai trattati conseguenti alla seconda guerra mondiale che ha coinvolto tutto un popolo nello sterminio di un altro al comando di in solo uomo che si è trovato un popolo ubbidiente e ligio al dovere. (P.s. vorrei ricordare che Hitler diede come ultimo ordine quello di distruggere la Germania). La Russia sconfinata che comprendeva i paesi oggi dell’esteuropa dove la cultura e l’apertura mentale erano inesistenti e dove era sempre stato impossibile opporsi ad un governo che del resto era padre e carnefice dei suoi figli.
Il paragone è impensabile!
Solo su una cosa rifleterei: sulla metodica di sterminio razziale che solo una settantina di anni fa ha portato così tante persone che vivevamo nel centro culturale del mondo (europa) a non essere più in grado di distinguere il bene dal male, a credere che un essere umano uguale a loro non era effettivamente un essere umano, a non provare empatia per il suo dolore e la sua sofferenza. Uno stato di anestesia che ha inorridito chi si è trovato ad analizzare e giudicate alla fine del conflitto. Forse è una cosa che prima non era mai successa con queste dinamiche e ci auguriamo non accadrà mai più.
“Qualsiasi parallelo tra comunismo e nazismo è un falso storico.
Il nazismo è durato vent’anni e ha governato un unico Paese per tredici anni; regime nazista e ideologia nazista sono la stessa cosa. Invece il comunismo è una realtà storica durata ben un secolo e mezzo, esisteva già alla metà dell’800. Ammettiamo per ipotesi, nonostante forse la Cina non sarebbe d’accordo, che non esista più dall’89, con il crollo dell’Unione Sovietica.
Ebbene in tutti i Paesi del mondo ci sono state generazioni e generazioni di comunisti, nella maggior parte dei casi sono stati perseguitati, messi in galera; in altri, come in Italia e Francia, dal secondo dopoguerra sono stati elemento fondamentale della vita democratica.
Non c’è alcun dubbio che, diversamente, in Urss il comunismo abbia dato luogo a un regime terribile e nell’Europa centrale e orientale a regimi che, come ho detto, si sono rivelati impopolari e oppressivi. Il punto è un altro però. La falce e il martello non sono simboli della dittatura di Stalin ma di una speranza che per oltre centocinquant’anni ha animato milioni di persone in tutto il mondo.
Lo prova il fatto che si può essere comunisti e avere una pessima opinione di Stalin e criticare il suo regime; al contrario, ed è facile verificarlo, non troverà nessuno tra quanti si richiamano al fascismo che abbia la forza di criticare Mussolini e il suo regime; se lo immagina in Germania un neonazista che critichi il Führer? Non esiste fascismo al di là della dittatura di Mussolini, né nazismo al di là di Hitler. Il comunismo invece ha espresso diverse personalità e pensieri.
Se avessi una vecchia tessera del Pci, magari firmata da Enrico Berlinguer, mi dovrei forse vergognare?”.
Alessandro Barbero
comunismo e stalinismo NON sono sinonimi.
Piuttosto il comunismo ha molte declinazioni: stalinismo, maoismo, castrismo, “polpottismo”,…e oggi putinismo.
Tutti regimi sanguinari che si sono macchiati e continuano a macchiarsi di orrendi crimini contro l’umanità, sbandierando il miraggio del “bene supremo” , da ottenere con la “dittatura del proletariato “. I crimini commessi dai comunisti a tutte le latitudini in cui questa turpe ideologia ha preso il potere (sempre con la violenza, come teorizzato da Marx) e il fallimento economico e sociale sono sotto gli occhi di tutti, salvo di chi non vuole vedere o perché ha subito il lavaggio del cervello oppure perché connivente con tale ideologia criminale.
Del resto, il nazismo si può considerare una derivazione del comunismo (nazional-socialismo), avendo la stessa matrice nietzschiana.