È passato poco più di un anno dalla prima volta che la tecnologia VAR ha fatto il suo esordio nel massimo campionato italiano. Durante la partita d’apertura tra Juventus e Cagliari il pubblico per la prima volta ha assistito al gesto – diventato poi virale – della on field review per il contatto in area di rigore tra Alex Sandro e Cop. Da allora nella stagione 2017-18, soltanto in Italia, il Video Assistant Referee è stato utilizzato in tutte le 397 partite della Serie A e della fase finale della Coppa Italia (dagli ottavi), con 2023 check effettuati e 117 decisioni arbitrali cambiate. Un coinvolgimento costante all’interno delle partite che ha agevolato il compito dei direttori di gara e placato molte polemiche (non tutte), facendo precipitare la percentuale di proteste del 17,5% (137 nella stagione 2016/17, 113 nella stagione 2017/18). Delle molteplici statistiche che evidenziano i notevoli passi in avanti fatti con l’ausilio del VAR (consultabili qui sul sito della FIGC), quella che naturalmente interessa maggiormente riguarda gli episodi da “moviola”:

Percentuali di errori senza VAR: 5,78%
Percentuali di errori con il VAR: 0,89%

E se una percentuale d’errore (minima) era e sarà sempre presente, perché – come abbiamo scritto lo scorso anno – la VAR non azzera gli errori arbitrali, dal momento che la tecnologia può essere un supporto utile ma non può annullare l’errore umano, senza un regolamento chiaro e specifico, possiamo affermare (in realtà lo fanno i dati) che l’esperimento non solo sia stato un successo ma che abbia superato le più rosee aspettative.  “Il risultato è straordinario, soprattutto in riferimento alle statistiche delle correzioni arbitrali e a ciò che viene percepito dagli stakeholders del sistema calcio”,  aveva dichiarato Roberto Rosetti, Project Manager Lega Serie A e FIFA Refereeing Project Leader. Straordinario al punto che il presidente della FIFA Infantino ha insistito perché questo strumento facesse il suo esordio anche ai Mondiali che si sono disputati in Russia tra giugno e luglio.

In estate, però, anche se è passato quasi sottotraccia, qualcosa è cambiato e ce ne stiamo rendendo conto solo a campionato iniziato, perché il VAR sembra quasi essere sparito dai radar, se non per qualche eccezione come la partita di Marassi tra Samp e Inter di sabato sera. Contatti come quello Cacciatore-Cancelo in Chievo–Juventus e Magnanelli-Asamoah in Sassuolo–Inter, che l’anno scorso sarebbero stati sicuramente oggetto di revisione, non sono stati presi in considerazione per l’on field review; e non è una questione di decisione soggettiva del direttore di gara. Cos’è cambiato?

L’IFAB, l’organo che ha il potere di stabilire le modifiche all’interno del regolamento del gioco del calcio, ha revisionato il protocollo riguardante il VAR. Nonostante in apparenza non sembra che vi siano stati particolari stravolgimenti, sono state introdotte due novità sostanziali. Andiamo con ordine.

FUORIGIOCO TRIDIMENSIONALE. 
Grazie ad un nuovo software, che ha debuttato anche ai Mondiali, vi è adesso assoluta certezza se un fuorigioco sarà tale, o meno. Se la scorsa stagione veniva considerato un margine d’errore di circa 10 centimetri, per cui –  come nei casi dei gol non annullati a Mertens a Bergamo e Khedira ad Udine –  se una parte del corpo fosse stata minimamente al di là della linea, si sarebbe lasciato correre. In questi casi il VAR non poteva intervenire, come fatto erroneamente su Kalinic in Milan-Cagliari. Adesso, invece, il sistema, che ha un margine d’errore praticamente nullo (circa 3 mm), riesce a proiettare dall’alto verso il basso qualsiasi parte del corpo, così da fugare ogni dubbio sulla posizione regolare dell’attaccante. Così, una volta per tutte, saranno spente le polemiche sul fuorigioco.

ERRORE CHIARO ED EVIDENTE. Questa è la modifica più importante applicata al protocollo. Se fino alla stagione scorsa il VAR doveva intervenire in caso di “chiaro errore”, adesso dovrà essere anche “evidente”. Insomma, verranno prese in considerazione soltanto quegli episodi clamorosi che sono sfuggiti agli occhi della terna arbitrale, come il tocco di mano di Ronaldo contro il Chievo.

Il timore, che da queste prime giornate sembrerebbe più che fondato, è che questa modifica possa limitare notevolmente l’uso della tecnologia, e dunque riportarci indietro con le polemiche, come successo dopo l’episodio del mani di Dimarco durante Inter-Parma.

Ma perché questa inversione di rotta? Una motivazione specifica non esiste ma non bisogna fare voli pindarici col pensiero per farsi un’idea. L’IFAB è un organo composto da membri con una mentalità, si potrebbe dire, old-fashioned, che li ha portati in passato ad applicare pochissime riforme ad uno sport che, piaccia o meno, deve adattarsi ai tempi moderni per sopravvivere ed evolversi, e non stare imbrigliato in quelle logiche che ormai non ci appartengono. La tecnologia ha sempre faticato ad entrare nel mondo del pallone e soltanto pochissime stagioni fa ha fatto il suo esordio con la goal-line tecnology, che però è stata approvata perché ritenuta ormai necessaria. Invece, la cosiddetta “moviola” pare non essere apprezzati dai britannici giudici, ed infatti nella zona del Regno Unito non è ancora cominciata la sperimentazione, neanche in Premier League, nonostante ormai sia richiesta a gran voce anche da personaggi illustri come Guardiola. Per l’Europa, invece, si attende la prossima stagione.

Questa limitazione, a cui l’Associazione Italiana Arbitri dovrà sottostare obbligatoriamente, porterà notevoli disagi (e danni) nel corso di questa stagione. Rosetti e Rizzoli avevano anche provato a suggerire nuove implementazioni, come la possibilità da parte dei tecnici delle squadre di chiedere un challenge (come accade nella NFL) o di consultare l’on field review anche per una possibile seconda ammonizione (adesso è possibile solo l’espulsione diretta). Entrambe rispedite al mittente. Per ora.

Meno VAR vuol dire più polemiche e meno serenità, sia per chi arbitra che per chi gioca. Ed è impensabile tornare indietro, perché chiaramente è una modifica che scontenta tutti. Eppure, è successo.

 

Michele Di Mauro

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