Il 2 ottobre 2016, l’Ungheria è stata coinvolta nella votazione al referendum per quanto riguarda le quote di migranti da accogliere nel proprio paese. Una situazione scomoda per l’Unione Europea, la quale ha più volte chiesto ai paesi membri di adottare un comportamento, sia etico e sia politico, pragmatico e al tempo stesso indulgente nei confronti dei migranti, per evitare un ulteriore danneggiamento d’immagine agli occhi del mondo.

Per Viktor Orbán vincere il referendum sembrava cosa fatta: infatti, per convincere i cittadini ungheresi, di certo non si è tirato indietro nel propagandare una politica volta alla xenofobia ed alla demagogia, che hanno dato luogo ad azioni drastiche come la costruzione delle recinzioni al confine al fine di ribadire l’idea che ha sempre portato avanti: no ai migranti in Ungheria.

Il risveglio per Orbán, nel giorno post votazione, ha avuto l’amaro in bocca. Ciò che è accaduto in Ungheria ha dell’inatteso: il referendum non ha raggiunto il quorum, poiché ha visto l’affluenza alle urne del solo 43,3 % degli elettori. Tra questi cittadini che hanno esercitato il diritto al voto, poco più di 3 milioni di ungheresi, il no all’accoglienza dei migranti ha avuto la meglio con un netto 98%, a discapito del sì che ha avuto una preferenza del 2%.

Un risultato frutto di un’indecisione generale, ma al tempo stesso simbolo dell’intenzione da parte del popolo ungherese di non arrecare maggiori danni compromettendosi con decisioni azzardate. Un esito che è anche simbolo di un allontamento netto da parte di Orbán, il quale dopo questa deludente sconfitta si sarà sicuramente sentito “tradito”.

Nonostante ciò, il premier ungherese si è definito soddisfatto dei risultati ottenuti: infatti ha dichiarato, in merito all’esito referendale, «Siamo orgogliosi di questo risultato. Dimostra che il diritto di decidere spetta a Budapest, non a Bruxelles, da oggi la nostra voce è più forte». Proprio in merito a Bruxelles, ha aggiunto: «Viviamo in un’epoca in cui milioni di persone migrano. L’Ungheria, per prima fra i Paesi dell’UE, ha consultato il proprio popolo sulla redistribuzione dei migranti, e gli elettori ungheresi hanno rifiutato un sistema di quote obbligatorio dei migranti arrivati sul territorio della UE. Oltre 3 milioni di elettori hanno espresso un’opinione in questo senso. Bruxelles dovrà tenerne conto.”

Orbán nel suo tentativo di dissimulare tranquillità ha però attirato su di se molte critiche in merito alla sconfitta della sua politica. Alcune tra queste, sono provenute dal partito di destra anch’esso xenofobo, Jobbik, rivale del Fidesz, partito leader in Ungheria. I responsabili del partito Jobbik hanno espresso il loro parere, dichiarando: «Il referendum è stato per il governo un tentativo irresponsabile di conquistare consensi dopo una serie di sconfitte elettorali». Il responsabile della politica estera dello Jobbik, Marton Gyongyosi, ha affermato che «con questo risultato e con il referendum non valido, Orbán ha dato un’arma potentissima a Bruxelles. Ora l’Unione Europea potrà ridicolizzare le richieste di Orbán e affermare che gli ungheresi non si sono espressi chiaramente sui migranti».

Ora c’è da chiedersi, quali altre strategie attuerà Orbán? Riuscirà a risollevarsi da questa fervida delusione? Di certo, nonostante il non esprimersi da parte del popolo ungherese, alcuni pensieri radicali e xenofobi continuano a convivere in Europa, sebbene ora Bruxelles possa dormire sonni più tranquilli dato che il perseguire politiche controverse da parte di Orbán l’abbia portato all’isolamento.

Vincenzo Molinari

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