“Una delle mie passioni è stata quella per il mito e per la fiaba, e soprattutto quella per le leggende eroiche sul crinale fra fiaba e storia, di cui nel mondo vi sono troppi pochi esempi per saziare il mio appetito. [..] Non ridete, ma una volta avevo in mente di creare un corpo di leggende interconnesse tra loro, che spaziassero dalle vastità della cosmologia alla fiaba romantica e che io potessi dedicare semplicemente all’Inghilterra, al mio paese.”

Questa è un frammento della lettera che John Ronald Reuel Tolkien ha inviato allo scrittore Milton Waldman nel 1951. Tra le righe leggiamo di un uomo curioso e analitico, affamato di cultura, che con una presa di coscienza ha deciso di rimboccarsi le maniche per fare la storia e non abbandonare quella tradizione letteraria che sembra stava naufragando in Inghilterra.
1396119320-quaranta-anni-fa-moriva-john-ronald-reuel-tolkienCon fare forse un po’ megalomane Tolkien ritiene infatti che la letteratura inglese non sia cresciuta quanto quella francese, spagnola, italiana. La sua patria non doveva soffermarsi su tali confronti, doveva diventare grande su più piani, anche su quello umanistico, quindi sarebbe toccato a lui, filologo di professione, scrivere il continuo di quel mondo arturiano che era diventato il fulcro e la fine della tradizione letteraria inglese.

Come un bambino ha dato sfogo alla sua fantasia, ha viaggiato con l’immaginazione e ha creato un nuovo mondo, un nuovo linguaggio, luoghi misteriosi che non conosceremo mai ma che, per tutti i suoi lettori, sembreranno tanto reali da averli quasi visitati.

Nella prima fase del suo progetto Tolkien ha buttato giù tutti i fondamenti del suo nuovo mondo nel “Silmarillion”.

Si tratta di un libro che per struttura e linguaggio ricorda molto un testo religioso e che vuole descrivere con termini aulici la nascita di Arda (la terra) ad opera del dio Eru, l’Unico, che nella lingua elfica viene chiamato Ilùvatar. Egli creò gli Ainur dal proprio pensiero ed essi, con la Grande Musica, diedero forma al mondo. Forte è quindi il desiderio di stimolare i suoi lettori, che si sentono partecipi di una sensazione uditiva pronta ad avvolgerli su più fronti, pronta a ripetersi.
Il canto sembra infatti accompagnare i passi più importanti del romanzo, come a voler accompagnare con un sottofondo sonoro le azioni dei protagonisti.
Si ricalca quasi la nascita della poesia, quella canzone che da suono è diventato sonetto e che ora vuole porre le basi di una storia millenaria.

Alcuni dei primi dei decidono di allontanarsi dal loro Creatore per intraprendere una nuova avventura, diventano Valar e, come esseri superiori, dettano legge in quel mondo che man mano inizia a popolarsi.
Uomini, elfi e nani sono le creature che faranno la storia, nate chi per diritto e chi per caso, ognuno con una caratteristica che segnerà il loro destino, ognuno con un lato oscuro più o meno marcato.
Curioso qui è il concetto di morte.260px-Silmarrillion,_Just_under_the_Cover

Gli elfi (i primi abitanti) sono esseri immortali e stupendi, descritti come fossero luce, non potendo mai abbandonare la terra hanno con essa un particolare legame. Gli elfi sono sensibili alla natura che amplifica quasi il loro essere e i loro sensi e gli conferisce qualche capacità sopranormale. Gli uomini sono diversi, loro possono morire e questa caratteristica li rende liberi da qualsiasi catena del mondo concreto. Gli uomini non sono legati alla terra né alla natura, sono fautori del proprio destino, capaci di fare arte e di ragionare concretamente. Sulla scia umanistica Tolkien ci descrive un uomo che ha poco a che vedere con le fantasie e la morte è la liberazione che lo porta a ricongiungersi con Ilùvatar.

Il nostro animo è però pur sempre dilaniato tra bene e male e, come in ogni vicenda, anche qui l’oscurità prevale, tentando di ottenere la supremazia e gettare tutti nell’ombra. Il suo nome è Melkor, il Valar che avrà come braccio destro Sauron, l’antagonista per eccellenza del “Signore degli Anelli”. Gli uomini saranno i più semplici da trascinare al lato oscuro, i più curiosi, i più avari.
E proprio quando il regno di Melkor prende il sopravvento, l’uomo vorrà sempre più potere, dimenticandosi degli amici, della famiglia, dell’amore, della libertà che la morte gli prometteva e sceglie l’immortalità, diventando un abominio della natura.

I pochi giusti formeranno eserciti per ottenere la pace col proprio valore, tutti gli altri perderanno ogni cognizione del reale, di giusto o di sbagliato… saranno le ombre di loro stessi, i Nazgul.
Dopo aver narrato della creazione del mondo e della nascita delle prime dinastie, Tolkien fa evolvere più vicende che avranno luogo nel corso di secoli e che poi riprenderà negli altri romanzi poi pubblicati.
Il Silmarillion diventa così un vaso di Pandora che dà al lettore una visione generale e una giusta cronologia di tutte le storie che poi narrerà lo scrittore. È una sorta di presentazione generale, l’input di quella che sarà tutta la sua letteratura.
Tale minuzioso e complesso lavoro è stato reso possibile non solo grazie alla fantasia sconfinata dello scrittore, ma anche alla sua abilità di vedere oltre le cose e, grazie soprattutto alla conoscenza della mitologia celtica e greca e dei grandi miti letterari.

Tolkien ha infatti creato una sua mitologia che si intreccia con scenografie shakespeariane e i temi degli antichi poemi dell’Iliade e dell’Odissea.
Così le tre storie d’amore portanti alternano finali tragici al classico tema del viaggio e, le continue guerre, ricordano le canzoni dei cavalieri virtuosi.

Alessia Sicuro

Alessia Sicuro
Classe '95, ha conseguito una laurea magistrale in filologia moderna presso l'Università di Napoli Federico II. Dal 2022 è una docente di lettere e con costanza cerca di trasmettere ai suoi alunni l'amore per la conoscenza e la bellezza che solo un animo curioso può riuscire a carpire. Contestualmente, la scrittura si rivela una costante che riesce a far tenere insieme tutti i pezzi di una vita in formazione.

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