Alla vigilia del GP d’Italia a Monza, il 65esimo dopo la prima edizione del 1950, ritorna protagonista la questione riguardante il caso della foratura dello pneumatico di Sebastian Vettel, rimediata dal tedesco durante l’ultima tornata del Gran Premio di Spa-Francorchamps. Un giallo su cui il pilota ha fin da subito avuto le idee chiare, palesando aperta diffidenza nei confronti della Pirelli e dei parametri di sicurezza messi a punto proprio dall’azienda milanese durante la realizzazione delle mescole. In Belgio la Ferrari di Vettel, complice la strategia di una sola (quanto mai azzardata) sosta, si stava sorprendendo da sola, riuscendo in uno stint lungo più della metà della gara senza perdere significativamente terreno nei confronti degli inseguitori e mantenendo la terza posizione. Sarebbe stato gratificante raggiungere il podio, tuttavia la fortuna ha messo ko la posteriore sinistra del quattro volte campione del mondo e lo ha costretto al ritiro.

Alla rabbia di Vettel, intanto, la Pirelli ha risposto facendo sapere tramite il suo rappresentante Paul Hembery che le conclusioni dettagliate dell’analisi tecnica del caso verranno rese note a Monza, e nello stesso tempo ha tenuto a precisare che le gomme, così come un certo livello di usura, hanno anche una vera e propria vita. Anzi, due anni fa, fu proprio Pirelli ad insistere perché la Fia accogliesse un provvedimento relativo al numero massimo di giri percorribili con le diverse mescole. E così come non è stato fatto in Belgio, dove sarebbe dovuto essersi fissato il tetto massimo di 21-22 giri di percorrenza su gomma dura, così, invece, si fa per Monza, dove l’indicazione è di fermarsi a 46 giri con le Medium e a 29 con le Soft (la gara è di 53 giri). Secondo quanto riferisce la Gazzetta dello Sport, però, “a meno di un immediato intervento della FIA, non verrà imposto alcun limite al chilometraggio”.

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Alla base della F1 moderna, insomma, vi sono i regolamenti, i limiti, le imposizioni, le regole, i paragrafi, i comma e poiché quella esposta dalla Pirelli è solo un’indicazione non ci si dovrebbe mica aspettare che, non rispettandola, le conseguenze siano così gravi da rovinare un gran premio e mettere in serio pericolo la salute di un pilota. Insomma, dal momento in cui uno pneumatico possa usurarsi dopo un certo tempo a quello, invece, nel quale lo si vede disintegrarsi ne passa una sostanziale differenza.

E se state pensando che, come si dice, una rondine non fa primavera, basta andare indietro ancora un paio di giorni per ritrovarci a parlare (quasi) della stessa scena, e cioè di Nico Rosberg che, in uscita dalla curva Blanchimont (sui 300 km/h circa) sterza e perde il controllo della sua Mercedes W06, ancora per via dell’esplosione di uno pneumatico. «Non ci sono evidenze – dice il comunicato ufficiale della Pirelli– di problemi strutturali delle gomme usate dalla Mercedes e nemmeno in quelle di altre scuderie. La testimonianza dei filmati mostra un problema sulla macchina di Rosberg che è compatibile con un taglio esterno che ha poi rovinato la parte interna della gomma”.

Nell’ultima settimana le polemiche sulla vicenda hanno sicuramente smorzato i toni, anche se l’indagine non si ferma; e, anzi, con tutta probabilità imputerà ogni colpa al pilota e alla scuderia, perché conseguenza di un mix di situazioni difficilmente ripetibili che comprendono il prolungato impiego di quel treno di pneumatici.

A Monza saranno a disposizione dei team le mescole soft e hard, paradossalmente una scelta più morbida anche rispetto ad un anno fa, quando le vetture montavano medium e hard. D’altronde, l’asfalto e la struttura del circuito brianzolo si sposano a perfezione con questa scelta, rendendo necessario l’utilizzo di un settaggio che offra al tempo stesso basso carico aerodinamico nonché la dovuta aderenza in curva e in uscita da essa. Sottoposti a frenate al limite e staccate kamikaze, lo pneumatico risentirà di forti decelerazioni e aumenti improvvisi di temperatura. Sarà importante, inoltre, rivedere le diverse soluzioni aerodinamiche portate dalle scuderie, realizzate tutte in vista di un alleggerimento del peso vettura o di un più rapido scorrimento dei flussi.

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La Mercedes ha proposto in Belgio un’ala posteriore a “cucchiaio”, soluzione di certo non nuova in Formula 1 e che, in termini di abbassamento del carico aerodinamico, non dà gli stessi risultati di altri team. Ma sappiamo che la Mercedes ha un motore con ‘giusto’ qualche cavallo in più…

oppure…

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Dall’ala anteriore della SF15-T viene rimosso l’upper-flap (la struttura posta sopra al main-plane det.1 che genera carico aggiuntivo) e modificato e il profilo verticale rosso (elemento di sostegno all’upper flap quando installato). E’ stata completamente rivista la forma del profilo superiore det.2, ora più ampio verso l’interno vettura ma sfinato all’esterno. La nuova ala avrebbe dovuto fare il suo esordio in Belgio, ma Vettel e Raikkonen hanno preferito, per l’occasione, ancora una soluzione più carica aerodinamicamente. Certi di vederla, dunque, a Monza.

Alla vigilia del GP d’Italia, inoltre, Pirelli ha indicato nuovi parametri in materia di camber e gonfiaggio: pressioni portate a 23psi all’anteriore e 22psi al posteriore, e angolo di camber (vedremo meglio di cosa si tratta nel prossimo articolo) ridotto di mezzo grado, da 3,5° a 3° all’anteriore e da 2,5° a 2° al posteriore. Nonostante tutto, il colosso milanese sembra aver incassato il colpo e correre ai ripari dispensando nuovi accorgimenti e regole.

Fonte immagine in evidenza: sicurmoto.it

Fonte immagini media: google.it

Nicola Puca

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