Alla scoperta di Change For Planet, intervista a Ilaria Ghaleb
Logo preso dalla pagina facebook di Change For Planet.

Change For Planet è un’associazione fondata da un gruppo di giovani dislocati lungo tutta la penisola italiana, che ha come obiettivo quello di sensibilizzare le persone – sia loro coetanee, che quelli più avanti con l’età – rispetto alle cause della crisi climatica e ai suoi effetti, di anno in anno sempre più evidenti e devastanti, in modo tale da accompagnare i singoli individui e l’intera società verso uno sviluppo sostenibile. Abbiamo deciso così di intervistare Ilaria Ghaleb per conoscere meglio questa realtà ambientalista presente sul territorio nazionale.

Iniziamo dalle origini: quando è nata Change for planet e quali sono le principali tematiche di cui si occupa?

«Change for Planet è una ONG che nasce dalla passione di un gruppo di ragazzi e ragazze italiani per la sostenibilità e le tematiche ambientali. Abbiamo iniziato il nostro percorso nel 2019 organizzando insieme la primissima LCOY italiana, la Local Conference of Youth on Climate Change (Conferenza locale dei Giovani sul Cambiamento Climatico), promossa da YOUNGO, la costituente giovane della UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change).
Tale conferenza, che ha come obiettivo quello di creare proposte concrete da applicare sul territorio nazionale, ha coinvolto più di 200 giovani da tutta Italia e ci ha dato così la spinta a fondare, nel 2020, un’Associazione che portasse avanti gli stessi principi e valori. Nello specifico, ci occupiamo di organizzare eventi e creare progetti legati a vari argomenti che rientrano sotto il grande ombrello della sostenibilità ambientale e sociale. Il nostro obiettivo è quello di accompagnare ragazzi e ragazze di età compresa fra i 18 e i 35 anni in un percorso di consapevolezza su ciò che sta accadendo al nostro Pianeta e fornire così strumenti che ognuno di loro può utilizzare nella vita di tutti i giorni per abbassare il proprio impatto ambientale.
Negli ultimi tre anni abbiamo dato vita a numerosi clean-up (eventi che hanno come obiettivo quello di ripulire dalla spazzatura fiumi, spiagge e parchi), swap party (luoghi di scambio di vestiti usati con lo scopo di ridurre il consumo di fast fashion), conferenze, seminari, workshop e tavole rotonde. Un progetto di cui andiamo molto fieri sono i nostri freebie, ovvero delle guide che mettiamo a disposizione di tutti gratuitamente, scaricabili dai nostri canali social. Nel tempo abbiamo diffuso approfondimenti sulle più svariate tematiche, dalle interconnessioni fra cambiamenti climatici e diritti umani alle filiere produttive, dalle energie rinnovabili alla distinzione delle varie componenti che ci permettono di analizzare la qualità dell’aria che respiriamo. Abbiamo riscontrato molto interesse da parte dei ragazzi che usano questi freebie come base di partenza per le loro tesi o per scrivere articoli o testi di vario genere».

Fate parte di un movimento internazionale oppure siete un’organizzazione indipendente sul territorio? In quali regioni operate?

«Siamo un’Organizzazione indipendente che però ha come pilastri fondamentali quelli della Co-progettazione e della Partnership. Questo significa che una buona parte degli eventi e dei progetti che portiamo avanti vengono fatti in collaborazione con realtà italiane (altre ONG, organizzazioni di vario genere, aziende, Università, singoli, giornali, …) che operano in settori affini al nostro, o con le Istituzioni locali.
Un’occasione per noi importante per confrontarci con l’estero è la COP (Conferenza delle Parti), ovvero il più grande incontro annuale sul clima e sulle tematiche ad esso correlate. L’obiettivo delle due settimane di negoziati è quello di trovare accordi fra i Paesi e sfruttare i mesi successivi per agire quanto più concretamente. Sebbene stia diventando sempre più difficile confidare nella buona riuscita di questo evento, la COP si rivela ogni volta un luogo di importanti incontri, durante la quale riusciamo a creare forti connessioni con realtà simili alla nostra e a conoscere figure istituzionali da tutto il mondo con le quali confrontarci. Vi prendiamo parte dal 2019 e anche quest’anno saremo presenti con una delegazione a Dubai.
Per quanto riguarda l’Italia, i progetti che creiamo si svolgono solitamente in Lombardia o in Toscana, ma negli anni siamo stati presenti anche in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Piemonte e Basilicata. Il prossimo grande progetto che vedrà la luce ad inizio settembre nelle campagne fiorentine è un Climate Training Camp, tre giorni di laboratori, attività all’aperto e conferenze, aperti ai ragazzi di età compresa fra i 18 e i 23 anni»
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Che ideologia esprime e porta avanti la vostra associazione? Vi sentite di posizionarvi nel panorama politico attuale?

«La nostra è un’Associazione apartitica e apolitica, questo significa che le nostre azioni non sono influenzate dalla politica, né ci accostiamo a partiti politici. Siamo comunque ben lieti di collaborare con chiunque condivida il nostro pensiero e, oltre ad avere a cuore le tematiche ambientali, abbia la volontà di trasformare le preoccupazioni in azioni concrete. Stringere rapporti con le Istituzioni fa comunque parte della nostra filosofia, poiché crediamo che il dialogo con la politica sia necessario per costruire un futuro migliore».

Nei mesi precedenti avete organizzato, insieme ad altre organizzazioni, un dibattito sull’ecofemminismo, un tema ancora troppo marginale nel Paese. Come lo definireste?

«Quello dell’ecofemminismo è un tema a cui siamo molto legati. Questa branca dell’ecologia studia le interconnessioni fra cambiamenti climatici e le dimensioni della nostra personalità (religione, disabilità, genere, etnia, orientamento sessuale, ecc.), le dinamiche sociali e/o quelle istituzionali. Per noi è molto importante che si parli di clima non solo in chiave ambientale, ma anche in quella economica e sociale.
Ecco perché abbiamo deciso di dare vita ad un evento unico nel suo genere nel nostro Paese, durante il quale abbiamo parlato dell’impatto ambientale del fast fashion, di progetti concreti in Sud America rivolti alle donne e alle persone socialmente marginalizzate, delle misure che stanno adottando i governi per tutelare le minoranze e di realtà femminili che si adoperano in progetti di architettura più rispettosa dell’ambiente.
È stato un evento che ha riscontrato un grande successo e per questo dobbiamo ringraziare per il loro contributo le due Associazioni che ci hanno accompagnati nell’organizzazione: La Mosca (associazione culturale molto attiva nel panorama fiorentino) e Tocca a Noi (che da anni si occupa di ridurre il gap fra generi e generazioni portando avanti numerose battaglie tra cui quella alla tampon tax)»
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Alla fine dell’evento avete organizzato una cena vegetariana: si è trattata anche quella di una scelta precisa in ottica ambientale? Cosa pensate al riguardo?

«Coloro i quali seguono i nostri eventi e progetti sono giovani che vogliono fare di più per il Pianeta ma non sanno da dove cominciare. Change for Planet tenta, a poco a poco e senza giudizio, di fornire gli strumenti necessari per abbracciare uno stile di vita consapevole e più sostenibile. Abbiamo voluto offrire un momento di convivialità tramite un aperitivo vegetariano (a maggioranza di prodotti vegani) che desse ai partecipanti (per lo più onnivori) una base di partenza, con la speranza che la bontà di quanto mangiato possa poi influenzare le scelte che ogni giorno vengono fatte al supermercato o al mercato di quartiere.
Affrontare il tema dell’alimentazione è sicuramente una priorità in questo momento. Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di agricoltura e alimentazione, gli allevamenti sono responsabili del 15% delle emissioni annue di gas serra. Questa stima non ci lascia affatto indifferenti e ci spinge a scegliere con criterio i prodotti che decidiamo di mettere a disposizione durante i nostri eventi».

Come si può notare dall’intervista, a livello pratico Change For Planet punta a incrementare l’alfabetizzazione climatica per avere un impatto reale sulle comunità locali e perseguire finalità di utilità sociale, diffondendo un modello organizzativo quanto più orizzontale e partecipativo possibile. Del resto, solamente accrescendo la consapevolezza di dover affrontare la crisi climatica in quest’epoca, può dare la possibilità a un numero sempre maggiore di individui di sviluppare una coscienza ambientalista e permettergli perciò di iniziare a fare la loro parte lavorando fianco a fianco con altri attori sociali, di carattere privato o pubblico, in modo da realizzare misure in grado di contrastare in maniera efficace i suoi devastanti effetti.

Gabriele Caruso

Gabriele Caruso
Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, mi occupo soprattutto di indagare la politica italiana e di far conoscere le rivendicazioni dei diversi movimenti sociali. Per quanto riguarda la politica estera, affronto prevalentemente le questioni inerenti al Regno Unito.

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