Nella vita di tutti i giorni Maria Veronica Zinnia è semplicemente una ragazza così come tante altre ma, sui social, è molto conosciuta come “Beccamorta”. La sua passione per i cimiteri, in particolar modo quelli antichi, la porta ad immergersi in un mondo affascinante e misterioso, dove si dedica con tanto amore e tanta cura alle tombe, in particolare quelle di persone vissute anche cento anni fa o di bambini. Ogni visita diventa un’opportunità per scoprire volti quasi sfocati dal tempo e storie quasi dimenticate o per niente conosciute a causa dei troppi anni trascorsi e lei, Beccamorta, le racconta sui social dove sono in tantissimi a seguirla. Tra passato e presente, abbiamo fatto una chiacchierata con Maria Veronica la quale ci ha raccontato un po’ di lei.
Ciao Beccamorta! Cosa ti ha spinto a iniziare questo progetto di visitare e pulire tombe nei cimiteri?
«Ciao e grazie per questa opportunità, nasce tutto da una curiosità naturale che ho fin dai miei ricordi, un desiderio di voler sapere di più sui volti appartenenti al nostro passato. Nel 2019 avevo anche provato ad avvicinarmi professionalmente al mondo delle onoranze funebri ed è lì che è nata Beccamorta, con l’apertura di un canale youtube dove raccontavo curiosità e sfatavo miti sulla figura del necroforo. Non sono poi più riuscita ad entrare in questo mondo, e successivamente ho trovato la mia vera strada, quella di dare voce a chi non c’è più da tanto tempo, partendo dalle loro tombe».
Qual è stata la tua esperienza più toccante mentre visitavi un cimitero o una tomba in particolare?
«Ce ne sono state tante, ma sicuramente il cimitero che mi è rimasto più impresso è stato quello dedicato alle vittime del disastro del Vajont, avvenuto il 9 ottobre del 1963. Oltre alle salme ospita un piccolo museo dove è possibile vedere diversi oggetti appartenuti alle vittime e recuperati in mezzo al fango. È molto toccante, difficile trattenersi dalle lacrime».
Come scegli quali tombe visitare e raccontare? C’è un criterio specifico che segui?
«Non sono io a sceglierle, sono loro a scegliere me. Solitamente vado nella parte sotterranea dei Cimiteri Monumentali perché è lì che si trovano le tombe risalenti al tardo 800 o primi del 900, osservo i volti uno ad uno e per un motivo non specifico scelgo quello su cui indagare, quasi come se mi parlasse. Anche se lo ammetto, vorrei sapere tutto di tutti e ricordare ognuno di loro».
Puoi raccontarci di una storia che ti ha colpito particolarmente e che hai scoperto grazie alla tua esperienza?
«Sono tante anche queste, ed è difficile sceglierne una. Sono talmente tanto affezionata ad ognuno di loro e talmente tanto empatica che se ne dovessi scegliere uno mi sembrerebbe di fare un torto all’altro, onestamente. Così ti racconterò semplicemente del primo bimbo su cui ho indagato; si chiamava Dino Castelli ed è vissuto nella Bologna dei primi del 900, aveva 8 anni quando è morto il 18 aprile del 1913. La foto sulla sua lapide lo ritrae con indosso un elegante completino bianco, è seduto su un pouf, tra le mani ha una copia cartacea del “Resto del Carlino” (il giornale di Bologna) e accanto alla cornice c’è scritto a caratteri semplici: concorso di bellezza, secondo premio. All’epoca a Bologna questi concorsi di bellezza per infanti venivano indetti da un istituto che si chiamava “Istituto Neoterapico Italiano” con sede proprio a Bologna, questo istituto produceva un ricostituente per bambini chiamato Eutrofina, che andava somministrato due volte al giorno per poter garantire ai bambini una salute di ferro, di farli crescere intelligenti ma soprattutto belli, difatti questi concorsi di bellezza venivano poi GUARDACASO vinti dai bambini che assumevano il ricostituente, una mossa geniale di marketing che portava i genitori a dare ai propri figli un ricostituente a base di arsenico. Non è sicuro al cento per cento se Dino sia morto a causa dell’Eutrofina ma non è da escludere».
Quali emozioni provi quando ti trovi in un cimitero e lavori per preservare la memoria di chi vi è sepolto?
«Ne provo tante e diverse, ma quelle che prevalgono sono la felicità e la pienezza dell’anima».
Cosa speri di trasmettere ai tuoi follower attraverso i tuoi video e le tue storie?
«Sicuramente la consapevolezza che la vita va sempre vissuta appieno, vivere senza odio, amarsi per quello che si è senza la paura del giudizio altrui è il più gran regalo che possiamo fare a noi stessi. Poi sicuramente che la memoria è importante, non per ancorarsi al passato, ma per poter imparare da esso».
Ci sono cimiteri o tombe che sogni di visitare in futuro? Se sì, quali e perché?
«Oddio, ma tipo tutti i cimiteri del mondo? Scherzi a parte, attualmente mi piacerebbe un sacco visitare quelli che si trovano a Los Angeles dove riposano un sacco di stelle del cinema, da fan eterna di Stanlio e Ollio non vedo l’ora di poter andarli a trovare».
In che modo pensi che la tua attività possa contribuire a una maggiore consapevolezza sulla storia e la memoria collettiva?
«Penso che ricordare anche quelle persone che magari in vita hanno vissuto nell’ombra o che comunque non hanno avuto modo di esistere a lungo, perché se ne sono andati troppo presto sia un monito per noi che oggigiorno tendiamo a farci distruggere dalle nostre insicurezze, dalle nostre paure, ma va bene vivere perché siamo esseri umani e proprio come noi anche tutte quelle persone comuni le hanno provate ma questo non vuol dire che la nostra vita non può essere straordinaria se lo vogliamo».
Sara Spiniello