Gli antibiotici sono la terapia più efficiente contro i batteri da quando Alexander Fleming scoprì la penicillina nel 1928.
Purtroppo, una delle problematiche che più si sta radicando nella società è la resistenza antibatterica: un meccanismo per cui, su 100 colonie batteriche di una determinata specie, l’1% ha la possibilità di sviluppare un meccanismo di resistenza per l’antibiotico in questione.
Il fenomeno di resistenza batterica è un fenomeno biologico dovuto all’utilizzo eccessivo dell’antibiotico: il batterio non “sceglie” di diventare resistente alla molecola, ma evolutivamente il contatto frequente con una determinata sostanza aumenta la probabilità per cui si sviluppi una mutazione per “eluderla”.
Uno dei ceppi resistenti è l’Acinetobacter baumannii, per cui da poco si è scoperto un nuovo antibiotico capace di trattarlo.
L’importanza di questa scoperta
L’Acinetobacter baumannii è un patogeno opportunista, responsabile di numerose infezione, ma particolarmente rilevante le patologie nosocomiali (patologie infettive correlate all’assistenza), ossia in ambito ospedaliero.
In ospedale, infatti, è molto facile che si sviluppino infezioni dipendentemente dalla varietà di persone che lo frequentano, ma soprattutto perché gli individui che vi si trovano hanno dei sistemi immunitari compromessi. Per questo è importante avere un adeguato livello di sterilizzazione della struttura e dei macchinari, oltre che rispettare opportune norme igieniche per quanto riguarda il personale.
Il fenomeno della resistenza batterica dell’Acinetobacter baumannii rappresenta un pericolo per i pazienti ospedalizzati e immunodepressi, dunque la scoperta di un nuovo antibiotico è un grande traguardo per trattare questo ceppo batterico.
Acinetobacter baumannii è responsabile di circa il 10% di tutte le infezioni nosocomiali. Le infezioni più gravi riguardano polmoniti e batteriemie in pazienti in terapia intensiva, ma anche endocarditi, meningiti, infezioni della pelle e del tratto urinario.
Il meccanismo d’azione del farmaco
Il nuovo antibiotico, zosurabalpin, deve ancora superare i test clinici prima di essere commercializzato.
Per ora, sembra inibire un particolare trasporto del batterio in questione che permette il passaggio delle sostanze dall’ambiente intracellulare verso il periplasma, l’ambiente tra le due membrane: questo spazio è una caratteristica del batterio che è un Gram negativo, batteri caratterizzati da una membrana cellulare interna e una membrana cellulare esterna; i Gram positivi invece non presentano la membrana esterna.
Andando a inibire il trasporto, c’è un accumulo di sostanze all’interno del batterio e questo causa tossicità e morte.
L’inibizione di un trasporto di questo tipo non si era per ora valutata come nel caso di altre strutture batteriche, quindi se funzionasse rappresenterebbe una strategia innovativa da poter applicare anche nel caso di altri ceppi batterici resistenti (Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa), anche se la conformazione del sito target è leggermente diversa da quella di A. baumannii.
Alcuni batteri di A. baumannii, però, sono in grado di far a meno di questo tipo di trasporto e quindi resta da valutare se il principio attivo di questo antibiotico possa essere efficace anche in tal senso.
Il target di zosurabalpin resta comunque un target specifico (ossia il ceppo batterico già citato), questo eviterebbe il problema di superinfezioni.
Molti antibiotici infatti hanno uno spettro d’azione più ampio e potrebbero andare a nuocere anche a batteri della nostra flora, utili per il nostro organismo.
Resta da aspettare i risultati dei primi test clinici condotti sul farmaco che è ancora in fase 1, ma i test proseguiranno ancora per diverso tempo prima della commercializzazione. Nel caso venga commercializzato, si pensa di utilizzarlo solo in particolari casi per evitare lo sviluppo di una resistenza batterica anche a questo nuovo principio attivo.
Miriana Di Gloria