Extinction Rebellion (fonte immagine: rebellion.global)

Extinction Rebellion è un movimento di disobbedienza civile di massa che chiede ai governi di invertire la rotta che ci sta portando verso il disastro climatico e ecologico. In questi giorni è stato pubblicato il report del gruppo bolognese del movimento.

«La politica non ha fatto finora abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici in corso, nonostante questi dovrebbero essere la priorità nel programma politico di qualsiasi governo, dal Presidente del Consiglio fino all’amministratore del più piccolo dei comuni». Sono queste le parole della dichiarazione di emergenza del Consiglio Comunale di Bologna che, il 30 settembre 2019, affermava questo: «Per riconvertire ecologicamente la nostra economia occorre la partecipazione di tutti. Occorre che i governi intraprendano politiche più radicali per rendere le attività umane sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, anche tutelando i lavoratori e i soggetti deboli della società».

fonte immagine: XR Italia

Questa dichiarazione, all’indomani delle manifestazioni dei Fridays for Future, impegnava il Consiglio Comunale ad agire – dichiarando l’effettiva emergenza – per diminuire i livelli delle emissioni di CO2, con l’obbiettivo di arrivare a 0 entro il 2030.

Sempre nel 2019 il gruppo bolognese di Extinction Rebellion aveva indetto uno sciopero della fame, per denunciare la situazione climatica. Dal 2019 a oggi la road map non è mai apparsa, e la questione della crisi climatica è stata spodestata dalla emergenza sanitaria del 2020.

Il lavoro di Extinction Rebellion Bologna non si è mai fermato: per 4 anni ha continuato a denunciare il caos climatico e a chiedere – anche attraverso un altro sciopero della fame, nel 2020 – di trovare soluzioni per contrastare il caos della situazione climatica, restando costantemente in contatto con l’amministrazione del Comune di Bologna e promuovendo l’iniziativa di assemblee cittadine. L’Amministrazione comunale è riuscita a fare una buona campagna pubblicitaria, che però è rimasta solo pubblicità, venendo meno – l’Amministrazione comunale – agli impegni che aveva manifestato di voler adempiere.

fonte immagine: XR Italia

A settembre 2020 c’è stato il secondo sciopero della fame da parte degli attivisti di Extinction Rebellion, sciopero durato 16 giorni, quando finalmente si sono raggiunti degli accordi legati sia a un maggior impegno da parte del comune nella comunicazione della crisi climatica, sia nell’attivare un percorso (in collaborazione con Fondazione Innovazione Urbana) per potere inserire le Assemblee Cittadine nello statuto comunale. Nel 2021 sono finalmente partiti i tavoli di negoziazione, e nel luglio dello stesso anno è stata effettuata la modifica dello statuto comunale, fino ad arrivare all’approvazione del regolamento delle assemblee il 29 luglio 2022.

Nonostante l’approvazione del regolamento delle assemblee ci sono stati numerosi ritardi e nuovi presidi del gruppo bolognese. Era stato comunicato che le assemblee sarebbero iniziate nell’autunno del 2022, data che è poi slittata ad aprile del 2023; a maggio finalmente la prima assemblea.

Attraverso il report Extinction Rebellion vuole sottolineare due cose. Queste le dichiarazioni nel report:

« La mobilitazione dal basso e la disobbedienza civile, se costanti, nonviolente e dotate di obiettivi chiari, funzionano. Non sono percorsi facili ne immediati, e spesso richiedono sacrifici personali, come quelli di Filippo e di Daniele e di tutte le persone che li hanno affiancati, che hanno portato avanti le richieste per quattro anni, fino a vederle realizzate. Questo è un momento di celebrazione: ed è per noi un momento speciale così come per tuttə. Le Assemblee Cittadine sul clima, a Bologna, non sono “nostre”: non sono di XR Bologna, né di XR Italia, ma sono di tuttə, e di questo ne andiamo estremamente fierə.

La seconda cosa che questo report vuole sottolineare è che c’è ancora molto da fare. Ancora una volta vediamo come le parole e le dichiarazioni non bastano, vista la propensione di fare promesse impegnative senza l’intenzione di rispettarle. La dichiarazione di emergenza del 2019 esplicita chiaramente nel testo la portata e le ripercussioni della crisi climatica: una crisi umanitaria inedita e di proporzione globale, dove tuttə siamo tenute a fare quanto è in nostro potere, ora e adesso. Eppure, la dichiarazione non è stata seguita dalle misure che sarebbero dovute seguire, dall’informazione necessaria (ricordiamo la beffa dello striscione, traslocato da Piazza Maggiore verso luoghi più “innocui”), dalle azioni necessarie per rendere l’emergenza più di uno sterile documento. Chiaramente, non è passato il messaggio: ogni mese, ogni anno che passa è cruciale. I prossimi dieci anni sono fondamentali per la transizione, e più attendiamo meno saranno efficaci le strategie di adattamento (sintesi AR6, B4 e C2). Eppure dalla dichiarazione di emergenza ci sono voluti quattro anni per consultare la collettività su quale fosse la traiettoria giusta per una transizione equa. Quattro anni di fronte ad una crisi collettiva sono uno schiaffo alla dignità umana, alle vittime (presenti e future) delle situazioni che abbiamo visto verificarsi con sempre più frequenza e intensità. La verità è che continuiamo ad essere in ostaggio di un sistema politico ed economico, tanto locale che internazionale, che non ha nessuna intenzione di prendere atto della situazione, di rendere la crisi comunicabile, e di correre ai rimedi per evitare quella che rischia di essere la più grande tragedia umana di sempre.»

Valentina Cimino

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