Dopo aver seguito la presentazione ufficiale, Libero Pensiero offre a voi lettori un’intervista con lo scrittore di “Sparviero“, Fabio Rocco Oliva, autore del libro che racconta la vita del grande pugile Patrizio Oliva.
La ringrazio innanzitutto per la disponibilità. Partiamo subito con la classica domanda: Come è nato il libro?
“Da anni molti tifosi chiedevano a mio zio di conoscere la sua vita, i retroscena delle sue battaglie, le parti più intime e meno note della sua lunga e vittoriosa carriera. Ma mio zio ha sempre ha sempre desistito in attesa del momento opportuno. Voleva che dalla penna dello scrittore uscisse non l’inchiostro giornalistico ma il sangue della famiglia, perché solo chi aveva le sue stesse radici poteva comprende in pieno il sudore, la fatica e le enormi difficoltà che ci sono dietro un successo come il suo. Inoltre ha atteso questo momento, dove la crisi sembra distruggere ogni speranza, per dare un segnale forte ai giovani. Mio zio è cresciuto in un ambiente difficile, come erano le palazzine di Poggioreale, dove sembrava che il destino per lui fosse già segnato e invece, pur provenendo da un ambiente sociale e famigliare quantomeno non sereno, non ha mai scelto la via della delinquenza, anzi di fronte alle difficoltà ha scelto la dignità, ha scelto di coltivare il suo sogno e costruirlo ogni giorno da uomo libero, anche quando il mondo urlava che era impossibile, perché bisogna sempre onorare la vita e voltare le spalle a tutto ciò che vuole costringerci al tappeto. Per questo motivo è nato questo libro.”
Qual è la bellezza e la difficoltà di scrivere una biografia, per giunta di un parente?
“Scrivere una biografia offre la possibilità di scavare nel profondo un personaggio reale, una vita vissuta non inventata e la bellezza consiste nel fatto che può essere la misura della nostra vita di tutti i giorni. Scrivere una biografia pretende un lavoro stupendo: annullarsi nella persona di cui si scrive, essere quella persona, non tanto negli aspetti che si colgono a prima vista, in superficie, ma nell’essenza più profonda, in quella zona dell’essere che ci rende unici. Diventa un vero e proprio viaggio alla scoperta di un tesoro nascosto, dove muoversi sempre con cautela su un confine sottile, in punta di piedi, nel rispetto della sensibilità della persona, dove ci saranno sempre porte dove non è giusto entrare, altre da spalancare, altre da sbirciare e altre ancora da vivere fino in fondo . Scrivere la biografia di un parente può essere un’arma a doppio taglio ma nel nostro caso è stato semplice, anzi proprio perché zio e nipote abbiamo subito percorso la stessa via, ci siamo lanciati con la stessa gioia e lo stesso dolore nei ricordi, nei luoghi del passato, condividendo il senso ultimo del discorso. Per me è stato non solo conoscere meglio mio zio ma anche me stesso, da dove vengo, quale storia è stata prima di me e che ritrovo in me, nei miei gesti quotidiani. Attraverso la storia di mio zio ho visto le nostre radici, la nostra identità.”
Il pugile è un eroe?
“Assolutamente sì. Già solo per il fatto di salire su un ring e rischiare (e questo aspetto lo rende attuale) tutta la sua vita, la sua carriera, la sua persona, la possibilità di morire. Ciò che rende un pugile un eroe è sicuramente quella intima volontà di lottare per dimostrare prima di tutto il suo valore di uomo e di atleta, per compiere l’imprese impossibile di fronte alla quale rivedersi, per essere sempre un passo oltre se stesso. Non solo un pugile è un eroe ma gli stessi match sono eroici, non tutti ovviamente ma ci sono alcuni incontri in cui è possibile vedere sul ring non due pugili ma due essenze che si sfidano, due visioni del mondo che pulsano tra le sedici corde, matasse organiche di energie che si scagliano l’una contro l’altra.”
È un libro solo per appassionati di boxe?
Assolutamente no. Abbiamo costruito questo libro in maniera diversa. La nostra idea non è mai stata quella di una canonica biografia sportiva. Abbiamo sempre voluto mostrare cosa c’è dietro e intorno ad una grande impresa. Il successo finale è solo un tassello, l’ultimo, di una lunga corsa che comprende episodi della vita. Un’impresa sportiva si costruisce nella quotidianità. Un campione può essere tale solo se è un grande uomo prima di tutto. Per questo motivo abbiamo scelto di aprire il libro all’estetica del romanzo, per avvicinare a questa storia non solo gli appassionati di boxe ma anche chi della boxe sa poco. C’è la vita in questo libro, ci sono i rapporti famigliari, i viaggi, le scoperte, gli incontri. La boxe è mantice.
Perché persiste ancora quel pregiudizio che etichetta il pugilato come carneficina e non come sport dove vince anche l’intelligenza?
“Secondo me perché è più facile identificare due uomini che fanno a pugni con un atto violento piuttosto che con una sfida per dimostrare il valore. E a volte è purtroppo anche un atteggiamento bigotto e superficiale. Mi spiego meglio. La boxe è uno sport violento, questo è innegabile, ma non è violenza gratuita, non è mai pura crudeltà, è uno scontro all’interno di un sistema di regole preciso dove il pilastro fondamentale è la tutela e la salvaguardia del pugile. Quando accade una tragedia sul ring è perché a volte non si vigila come si dovrebbe. Bisogna ricordare sempre che alla fine di un match, per quanto duro possa essere stato, i pugili si abbracciano, e questo non accade in altri sport. Nel calcio per esempio assistiamo spesso ad atti di violenza ma vengono giustificati con troppa facilità. I film di Stallone per esempio, che adoro, hanno da un alto mostrato che un uomo ha sempre la sua possibilità di riuscire nella vita ma dall’altro hanno mostrato quel volto tumefatto che spaventa, che fa identificare l’azione pugilistica solo con il dolore. Invece no, la boxe è nobile arte, i match si vincono prima di tutto con l’intelligenza, con la tattica, con la tecnica. Basta pensare poi che il pugilato si fa prima di tutto con le gambe! Credo infine che sia una anche una questione culturale più ampia: personalmente trovo più violente le risse in un campo di calcio, gli schiaffi in parlamento, la dignità calpestata piuttosto che due pugili sul ring.”
Ringrazio ancora Fabio Rocco Oliva per la disponibilità, e consiglio a tutti, appassionati e non, di leggere questo libro, esempio scritto di come la caparbietà, la tenacia e la sana testardaggine trionfino sempre.
Diego Sbriglia