Alice Sacchi, Calcio Femminile, Centro Storico Lebowski
Alice Sacchi, attaccante del Centro Storico Lebowski.

La maggior parte dei tifosi di calcio avrà conosciuto il Centro Storico Lebowski quando il centrocampista ex Fiorentina Borja Valero, dopo aver deciso di smettere con il calcio professionistico, pensò di vestire, nella stagione 2021/2022, la maglietta della squadra grigionera. Come abbiamo visto in una nostra precedente intervista, questa Società si caratterizza per la volontà di trasmettere un concetto di calcio legato all’aggregazione umana, condizione di partenza attraverso la quale proporre un importante progetto di valorizzazione sociale territoriale. Nel tempo, questo duro lavoro sta portando il Centro Storico Lebowski ad ottenere ottimi risultati, tra cui la promozione in Serie C della loro squadra femminile di calcio. Quest’anno, infatti, la società toscana è arrivata a promuovere la sua idea di calcio nella terza serie professionistica del campionato femminile italiano: stadio pieno, una squadra che rappresenta i valori di una comunità, protagonismo collettivo, azione diretta. Abbiamo perciò intervistato la loro attaccante, Alice Sacchi, per comprendere la traiettoria che sta prendendo il calcio femminile nel nostro Paese.

Quali sono le motivazioni che hanno spinto Alice Sacchi a diventare una calciatrice?

«La passione per questo sport c’è l’ho fin da quando sono piccola. La famiglia di mia madre era interamente della Fiorentina, quindi mi è stata tramandata la passione. Ho iniziato a chiedere da molto piccola di poter giocare, per poi essere iscritta un pochino più tardi, come si faceva vent’anni fa quando era difficile per una bambina praticare questo sport. Però alla fine li ho convinti».

Lo scorso anno anche il calcio femminile è diventato una disciplina professionistica: in qualità di suo esponente, percepisce che qualcosa sta cambiando rispetto all’importanza che viene attribuita al movimento? Riuscirà il calcio femminile italiano ad eguagliare quello estero in termini di appeal?

«Sì, secondo me ci riuscirà, però dovremo aspettare diversi anni. Bisogna aspettare che tutte le scuole calcio delle varie società che stanno adesso mettendo le basi con le bambine di oggi potranno appunto sviluppare le qualità di queste bambine nel futuro, per il venturo campionato di Serie A femminile. Quindi ci sarà da aspettare ancora qualche annetto per essere al pari delle altre nazioni europee che fanno questo già da diversi anni. Ma lo faremo sicuramente. Non abbiamo niente di meno delle altre, se non – finora – una scarsa organizzazione».

Secondo Lei, la scarsa visibilità data dai media al calcio femminile può influire negativamente sugli investimenti verso questo settore?

«Sì, può influire, però più migliorano le prestazioni più la gente è invogliata a vedere le partite, quindi una cosa alimenta l’altra. Maggiori sono gli investimenti, più si punta sulla formazione delle ragazze, così le prestazioni migliorano e cresce il ritorno economico e mediatico. Se quindi il loop è quello giusto, quello che è iniziato in Italia da un paio di anni, secondo me si può pensare che arriveranno comunque degli investimenti importanti. Tante società già li stanno facendo e se le prestazioni saranno come quella che abbiamo visto ieri a Roma nella partita scudetto tra Roma e Juventus, secondo me qualcosa di buono verrà fuori».

In quanto esponente del movimento, Alice Sacchi ritiene che pregiudizi di tipo culturale e sociale impediscono le ragazze a praticare calcio femminile in Italia?

«Secondo me sì, però in misura inferiore rispetto a quando ho iniziato io».

Per quale motivo in Italia il calcio femminile è mal sopportato dal pubblico maschile? Alice Sacchi, perché gli uomini faticano ancora ad accettare che le donne giocano a calcio?

«È una questione culturale. Come si fa fatica a pensare ad una donna che fa un lavoro da uomo, in generale. Vedendo una donna che fa un lavoro che viene tipicamente ritenuto maschile, un uomo dirà sempre che è in grado di farlo meglio. È proprio una questione insita nella cultura italiana: non c’è apertura mentale e quindi il primo commento è quello. Poi magari io conosco tante persone che mi hanno detto di essersi ricredute dopo aver visto varie partite come quelle dei Mondiali o alcune partite di Serie A. Basta che la gente poi si informi e ci sia cultura. Se uno non ci si informa, si rischia di lasciarsi andare a dei commenti superficiali poiché purtroppo sono deviati da un retaggio culturale che abbiamo noi qui in Italia, poco aperto in generale ai cambiamenti».

Nel calcio maschile l’identità sessuale rappresenta un problema, e questo determina uno stato d’indifferenza da parte dei calciatori omosessuali: alla luce delle dinamiche che interessano il calcio femminile, come mai, secondo Alice Sacchi la sessualità rimane tuttora tra gli uomini un taboo difficile da scardinare?

«Sempre per la stessa cosa. Secondo me è sempre una questione di cultura generale. In Italia ancora di più, ma anche all’estero l’omosessuale ancora viene visto come il diverso che fa ‘paura’. Anche chi lo è si espone poco, perché teme di essere discriminato. C’è ancora questa cosa qui e tra i maschi molto di più perché vige un poco “la regola del Rambo”: se uno è più forte, più ‘macho’, ha sicuramente più consensi di uno che può avere una caratteristica diversa come questa qui, che viene vista come una debolezza. Nelle donne non è così, assolutamente. Il nostro è un ambiente molto più aperto mentalmente, ma anche emotivamente».

Queste dichiarazioni rilasciate dalla calciatrice Alice Sacchi fanno il paio con un comunicato emanato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Tale comunicato si sofferma sullo sviluppo dal punto di vista commerciale che sta facendo subendo il calcio femminile italiano. La stagione 2021/22, infatti, ha effettivamente fatto registrare un aumento dei ricavi legati ai diritti televisivi pari al +38% rispetto agli anni precedenti, mentre del +30% se si considerano gli accordi commerciali e il valore delle sponsorizzazioni, dovuti anche ad un significativo aumento degli accordi sottoscritti. Passi in avanti stanno venendo fatti dalle calciatrici italiane anche in termini di celebrità: da un punto di vista mediatico vanno presi in considerazione i dati visibili sui social network delle varie calciatrici, ed in particolare sui loro canali Instagram. La classifica delle calciatrici più seguite in Italia vede: Alves Andressa dell’As Roma con 672 mila followers; subito dopo di lei si posiziona Barbara Bonansea della Juventus con 667 mila; in terza posizione troviamo Eleonora Goldoni del Sassuolo seguita da 464 mila estimatori; a seguire Rincón Yoreli della Sampdoria, con 349 mila; infine troviamo Martina Rosucci, anch’essa della Juventus, con 256 mila followers. In seguito perciò a queste buone indicazioni, i prossimi obiettivi della FIGC saranno quello di provare ad aumentare il numero delle giocatrici tesserate, migliorare la competitività e lo spettacolo delle rassegne, accrescere il numero dei tifosi verso il calcio femminile e provare a raggiungere successi internazionali con le squadre che partecipano alle competizioni europee.

Gabriele Caruso

Gabriele Caruso
Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, mi occupo soprattutto di indagare la politica italiana e di far conoscere le rivendicazioni dei diversi movimenti sociali. Per quanto riguarda la politica estera, affronto prevalentemente le questioni inerenti al Regno Unito.

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