Avrete sentito parlare di Immuni, l’app di contact tracing finalizzata al contenimento dei contagi nel corso della Fase 2 – e chissà per quante altre a seguire – che sarà presto disponibile per il free download. Più volte è stato ribadito che l’app funzionerà soltanto se almeno il 60% (anche se su questa proiezione non c’è consenso) della popolazione deciderà di scaricarla, ma è necessario che la scelta sia ponderata sulla base di considerazioni circa le caratteristiche che la compongono, gli scopi del data mining, il processo politico che soggiace alla sua creazione.
Il 31 marzo 2020 un gruppo di lavoro istituito dal Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione (MID), in accordo con il Ministero della Salute, aveva avviato una serie di valutazioni per “proporre soluzioni tecnologiche basate sull’analisi dei dati e affrontare l’emergenza sanitaria, sociale e economica legata alla diffusione del virus SARS-CoV-2 in Italia“, fino all’ideazione di un’app di contact tracing. Nel rispetto delle autonomie e delle competenze, l’AGCM, l’AGCOM e il Garante per la protezione dei dati personali avrebbero presentato pareri soltanto in un secondo momento. In materia di intelligenza artificiale ed etica anche la ministra Paola Pisano, di recente, ha espresso il suo punto di vista: la tecnologia non è neutra e il valore che genera dipenderà dal suo sviluppo e dalla sua applicazione.
L’app Immuni: di cosa si tratta?
Il 21 aprile scorso il MID ha pubblicato un chiarimento su Immuni, o meglio un aggiornamento sull’applicazione di contact tracing digitale a cui stava lavorando la squadra di esperti. Come si legge nella nota, il compito del gruppo di lavoro è stato quello di “individuare e valutare soluzioni tecnologiche basate sui dati che possano essere utili al Governo e alle altre istituzioni nel definire politiche di contenimento del contagio da coronavirus e da realizzare anche a emergenza terminata” e si dice, subito dopo, che l’ispirazione sia giunta dall’estero senza, tuttavia, menzionare esempi concreti. Una tale iniziativa, infine, tiene conto delle linee guida europee sul tracciamento dei contatti personali per mezzo di dispositivi mobili. Stando al racconto, dopo il lancio dell’iniziativa “Innova per l’Italia”, hanno avuto luogo confronti istituzionali volti all’analisi nel dettaglio delle proposte presentate.
L’app Immuni in pillole:
- sarà possibile scaricarla in base al principio di volontarietà;
- utilizzerà il segnale Bluetooth (sul punto, anche il presidente Conte ha ribadito che non usufruirà di GPS e geolocalizzazione);
- il suo codice sorgente sarà rilasciato con licenza Open Source MPL 2.0, come software libero e aperto;
- uno o più soggetti pubblici italiani saranno titolari del trattamento dei dati;
- all’estrazione farà seguito l’eliminazione dei dati “resi sufficientemente anonimi da impedire l’identificazione dell’interessato” a finalità raggiunta, “con l’eccezione dei dati aggregati e pienamente anonimi a fini di ricerca o statistici“;
- non dovrà accedere alla rubrica dei contatti, non chiederà il numero di telefono e non invierà SMS di notifica;
- è stato stipulato un contratto con la società Bending Spoons SpA, che se ne occuperà “per spirito di solidarietà“.
L’utente non dovrà fare altro che aggiornare il suo sistema operativo e scaricare l’app, dotata della capacità di generare un codice identificativo temporaneo. I codici comunicheranno tra loro attraverso bluetooth (low energy) quando saranno in prossimità – cioè a meno di 2 metri di distanza – e per più di 15 minuti. L’insieme di dati e metadati verrà localizzato all’interno dei dispositivi mobili e, tramite un matching con i dati raccolti in un server, sarà possibile ricevere una notifica con le istruzioni da seguire (a cura dell’autorità sanitaria) qualora avvenga uno scambio con soggetti risultati positivi al tampone.
Uno dei presupposti essenziali di Immuni dovrà essere la sua efficacia sul piano epidemiologico perché, in caso contrario, “diverrebbe difficile giustificare qualsivoglia, pur modesta e eventuale, compressione di diritti e libertà fondamentali“.
Nonostante la libera scelta sul download, il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha, però, fatto riferimento a funzioni sanitarie aggiuntive per coloro che se ne doteranno, come “le politiche sanitarie da remoto“.
Decentralizzazione sì/no
Il tema dell’archiviazione dei dati raccolti è sempre rilevante e non avrebbe potuto essere altrimenti anche nel caso dell’app di contact tracing Immuni. Come riporta in maniera esaustiva Carola Frediani nella sua newsletter “Guerre di Rete“, il nodo non è stato stato ancora del tutto sciolto. La posizione che sta avendo la meglio in questo dibattito pare essere quella a supporto della decentralizzazione: si chiede, infatti, che i dati estratti, una volta protetti e pseudonomizzati, vengano conservati all’interno dei singoli smartphone; qualora fosse necessario il trasferimento dei dati a server centrali, che ciò avvenga mediante chiavi anonime e temporanee a tutela dell’identità degli utenti.
I governi, al contrario, hanno la tendenza a preferire la centralizzazione nella gestione delle chiavi e del codice degli incontri, basandosi sulla “fiducia” che gli utenti hanno dell’interesse pubblico alla base di una tale estrazione. Al momento questa è la posizione assunta da Francia e Regno Unito. Ciononostante, pare che l’Italia (e da poco anche la Germania) abbia intrapreso la strada di una maggiore protezione della privacy e della sicurezza, incontrando le richieste di Google ed Apple (anche perché, contraddicendoli, si condannerebbe l’app a malfunzionamenti). Con il passare del tempo, i due giganti tech integreranno le “notifiche di esposizione” all’interno dei propri sistemi operativi – mantenendone comunque l’adozione volontaria – sganciandole dall’app.
Il parere del Garante sul contact tracing
Luce verde per l’app Immuni da parte del Garante per il trattamento dei dati personali, premesso che “siano garantite su base permanente la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento nonché misure adeguate ad evitare il rischio di reidentificazione degli interessati cui si riferiscono i dati pseudonimizzati oggetto di trattamento“, indipendentemente dal sistema di archiviazione concordato.
Il Garante ritiene che il contact tracing sia conforme alle norme europee, riscontrandovi: volontarietà, previsione normativa, trasparenza, determinatezza ed esclusività dello scopo, selettività e minimizzazione dei dati, non esclusività dell’algoritmo, interoperabilità con altri sistemi analoghi e, per concludere, “reciprocità di anonimato tra gli utenti dell’app, i quali devono peraltro non essere identificabili dal titolare del trattamento, dovendo la identificazione ammettersi al limitato fine dell’individuazione dei contagiati“. In chiusura, l’Autorità precisa anche che la comparsa di applicazioni simili, in ambito pubblico, non sarebbe compatibile con il quadro giuridico vigente.
Hang the COVID-19
Ci siamo, Immuni arriverà a fine maggio e sulle modalità digitali per il tracciamento dei contagi proliferano le notizie. Poco chiaro, invece, è come verrà affrontato il digital divide (per chi non ha uno smartphone come si fa?) e come saranno potenziati tra loro l’approccio manuale tradizionale, le misure legislative, il welfare, in che direzione andrà il mercato del lavoro e quali tutele si introdurranno per incentivare lo smart working. I corpi sono a rischio, al di là dei dati che producono.
Come dimenticare “Hang the DJ“, l’episodio 4×04 di Black Mirror, in cui un’applicazione scandiva i tempi dei rapporti umani. Questa situazione porta con sé sentimenti contrastanti: dopo due mesi di isolamento, chi non farebbe ancora uno sforzo pur di riottenere un po’ della propria libertà? E in molti non avrebbero alcun problema a cedere i propri dati, argomentando tale scelta con espressioni del tipo “veniamo quotidianamente tracciati, dove sta la differenza?” o “per una giusta causa, lo farei”. Tuttavia, al limite dell’alienazione e della paura, siamo sicuri che questa decisione verrà presa in maniera razionale? Fatto salvo l’indiscusso principio di volontarietà, è giusto porsi tutte le domande dal caso.
La normalità verso cui ci dirigiamo, forse, è fatta dell’ansia di incontri privi di ogni spontaneità e non è detto che saremo pronti a rinunciarvi. Chi deciderà di non scaricare l’app Immuni, in fin dei conti, prova un po’ di nostalgia per il passato.
Sara C. Santoriello