Sono passati tre anni da quando davanti al Ministero dell’Istruzione, per protestare contro i continui tagli alla scuola, comparve lo striscione “il precariato uccide“.
Quello striscione non fu un’esagerazione e non fu casuale. Era dedicato alla memoria di Carmine Cerbera, 48 anni, docente di storia dell’arte che decise di togliersi la vita perché non riusciva a reggere il peso del suo stato: lavoratore precario che non aveva ricevuto ancora incarichi per quell’anno.
Sono passati tre anni e le cose stentano a cambiare, ma il ricordo di Carmine è vivo nei pensieri delle tante persone che continuano a mostrare il loro affetto, e condividono quella sensazione di abbandono che i lavoratori precari sono costretti a vivere nel nostro paese; nonché il dolore per “un docente di storia dell’arte che voleva insegnare la bellezza, la vastità e la profondità che il patrimonio artistico e architettonico dell’Italia offre, e che è stato lasciato nella disperazione” come fa presente Marcella Raiola, professoressa precaria, sempre in prima linea per la difesa dei diritti dei lavoratori, che sottolinea l’importanza e la volontà di “voler ricordare sempre Carmine”.
Nell’epoca in cui il dio denaro è il padrone, lo Stato risparmia su tutto. Ma lo fa in modo sbagliato ovvero sulla pelle dei lavoratori: “il precariato consente di abbattere i costi, su ogni precario vengono risparmiati ottomila euro l’anno tra TFR (trattamento di fine rapporto), sospensione dello stipendio a Luglio e ad Agosto e mancate retribuzioni accessorie“, ci dice ancora Raiola. Il precariato, quindi, fa comodo. Ma prima o poi tutti i nodi vengono al pettine.
Il 26 Novembre del 2014 l’Italia ha ricevuto una sentenza di condanna dalla Corte Europea per non aver applicato la norma 70 del 1999, una direttiva europea che vieta il protrarsi dei contratti a tempo determinato per oltre 36 mesi. Superati i tre anni il rapporto di lavoro deve considerarsi a tempo indeterminato. Eppure Marcella Raiola è precaria da quattordici anni.
È proprio lei che ci spiega il “sotterfugio” trovato dal Governo: “La sentenza europea dice che abbiamo diritto o al ruolo o al risarcimento. Così nella legge 107 Renzi ha inserito una voce nella quale stanzia 10 milioni di euro per risarcire i precari che faranno ricorso. Hanno preferito pagare qualche spicciolo a chi farà ricorso ma non daranno il ruolo. Loro non hanno fatto le assunzioni che sarebbero costate molto di più perché quando tu hai quattordici, quindici anni di precariato e diventi di ruolo, devono fare una ricostruzione di carriera che costa molto di più.”
Fino ad oggi l’unica sentenza emessa è stata a favore di due maestre ischitane per opera del magistrato Paolo Coppola che “non ha avuto paura, non si è piegato al ‘regime’ del governo Renzi e non solo ha condannato lo Stato a pagare le spese processuali ma prescrive risarcimento e anche l’entrata in ruolo.“
E mentre si aspetta che la Cassazione confermi la sentenza, tanti continuano a lottare per i proprio diritti. Perché non è il gesto estremo di un individuo che cambia le cose, né il dispiacere fugace che si prova leggendo di migliaia di persone senza posto fisso, precarie nel lavoro tanto quanto nella vita, ma lo sforzo collettivo per rivendicare giustizia. Giustizia per Carmine Cerbera, che non può rimanere l’ennesimo nome che cade nel dimenticatoio dell’indifferenza comune.
Alessandra Vardaro