A Mondragone, in provincia di Caserta, la giornata inizia presto per i braccianti bulgari e dei paesi dell’Est, giunti in Italia per vivere tutte le albe mediterranee come premesse di dure giornate di lavoro nei campi.
Nella cittadina casertana i Palazzi Cirio (luogo in cui risiedono bulgari e ucraini che giungono in Italia reclutati dai caporali) sono un effettivo ghetto, luogo d’incubazione di schiavismo. I Palazzi Cirio sono una realtà che stona col circondario, una realtà fatta di assenza di diritti e tutele, di alloggi ammassati e privi di sicurezza nel pieno centro della città. Dai Palazzi Cirio si mette in moto ogni mattina il consuetudinario reclutamento dei lavoratori da parte dei caporali. Dai Palazzi Cirio parte anche il controllo del sindacato Flai Cgil.
L’ordinaria amministrazione del caporalato sotto gli occhi di tutti
Agosto: sono le 4:40 di mattina e attorno ai Palazzi Cirio di Mondragone si radunano folle di bulgari che aspettano l’arrivo di furgoni oscurati da tende che non permettono di scorgerne l’interno. Alle 4:00 di mattina per strada c’è chi torna da notti in bianco, chi ordina un caffè, chi si allena, e poi ci sono loro: una moltitudine di bulgari, ucraini, polacchi e cittadini dell’Est Europa seduti su marciapiedi o a terra. Aspettano che qualche caporale scelga loro e li carichi su uno di quei furgoni per recarsi nei campi; necessitano di lavorare nonostante siano pagati con cifre irrisorie, ben al di sotto delle normali retribuzioni.
Il sole d’agosto spacca le pietre, si ustioneranno, avranno a stento un’ora di libertà (nelle 10/12 previste) per prendere fiato, ma occorre portare il pane a casa e se questo è l’unico modo si è disposti anche a morire in una serra senza ossigeno. Come spiega Igor Prata, della Flai Cgil, anche un berretto è essenziale per loro, dunque la mattina gli attivisti distribuiscono cappelli per ripararsi dal sole e ciò che gli occorre per attutire il caldo.
Quei furgoni che la mattina sfrecciano tra le strade buie mondragonesi e nell’arco di mezz’ora si dileguano carichi di persone dai volti poco entusiasti, si spostano nel raggio di 50/60 km di distanza da Mondragone per distribuire i braccianti nelle campagne da Napoli fino all’Alto Casertano, in zone come Teano e Vairano.
Chi sono le vittime ingaggiate nel sistema di caporalato?
Si tratta di braccianti provenienti in larga parte dalla Nova Zagora o dalla regione del Montana o di Jambol, insomma i cosiddetti Rom. Il motivo del trasferimento in Italia è semplice: si guadagna di più. Mediamente un bracciante bulgaro nella propria terra guadagna 70/100 euro al mese, in Italia riesce a raggiungere i 500 euro tramite lavori agricoli: ma sia chiaro che quei 500 euro hanno un prezzo più alto del normale. I braccianti, a fronte della disperazione economica e della necessità di sostentare la famiglia e sé stessi, firmano contratti in nero con relative clausole di sfruttamento sottintese.
I bulgari hanno un costo di manodopera di gran lunga più basso. In Italia questo fenomeno si chiama concorrenza sleale ed ai sensi dell’art.2598 c.c. è illecito civile.
Uno degli intervistati della Flai Cgil parla di effettivi “pacchetti espatrio”: i caporali, attraverso le loro reti, riescono ad individuare i bisognosi di lavoro in Bulgaria e da buoni benefattori o subdoli approfittatori propongono 5/6 mesi di lavoro nei campi di Mondragone, Villa Literno e in tutta la Terra di Lavoro. Sei mesi è il periodo medio di permanenza in Italia prima che scattino problematiche legali legate al permesso di soggiorno. Così non sono sempre le stesse facce che nelle varie stagioni s’incrociano nei campi, ma le facce e gli sguardi più tristi da incrociare sono quelli dei bambini.
Tra le fila dell’esercito dei braccianti sono arruolati anche donne, bambini e bambine, intere famiglie che lavorano insieme stipendiati 2/3 euro l’ora gli uomini, 1/2 euro le donne e bambini. Dalla busta paga c’è inoltre da sottrarre il compenso di 5/7 euro per il trasporto; la merce sarà poi rivenduta al triplo sul mercato internazionale.
Chi sono i caporali e come agiscono:
I caporali sono le agenzie di viaggio, che li reclutano in Bulgaria, gli offrono trasporti per raggiungere l’Italia a prezzi modici compreso l’alloggio, o meglio ghetto, di permanenza. I caporali sono sia bulgari che mondragonesi, ma ciò poco importa, perché il filo rosso che li unisce è la malavita organizzata.
Da un lato potrebbero apparire come benefattori che offrono lavoro in luoghi esteri in cui regna la disoccupazione e per molti braccianti questa è la luce sotto cui vederli. Ben lungi dalla solidarietà e dal concetto di pietas virgiliana l’unico interesse del caporalato è il proprio e la selezione di persone che costano meno, persone trattate esattamente come fattori produttivi. Altri lavoratori, invece, ne denunciano le violenze, la soggezione ai limiti dello schiavismo e gli abusi di potere.
Come spiega la Flai Cgil, il rapporto tra caporale e bracciante varia a seconda se ci siano rapporti interfamilistici: «Se il reclutatore/caporale non ingaggia familiari ma estranei lontani dai vincoli di parentela i rapporti si caratterizzeranno con essi per la loro freddezza e mera strumentalità di natura gerarchica. Improntati, come spesso accade, sulla sudditanza più rigida ed impersonale».
L’azione sindacale e il contrasto all’agromafia
Gli attivisti della Flai Cgil sono coloro che nel 2016 denunciarono il meccanismo di caporalato. L’azione sindacale è un’azione locale che si concretizza nel sindacato di strada, già l’apertura della sede Flai Cgil a Mondragone è un simbolo di assistenza e presenza sul territorio e gradualmente mira a contrastare lo stato di emarginazione in cui riversano i lavoratori bulgari. L’obiettivo è quello di conquistare la fiducia dei braccianti, nonché di denunciare lo sfruttamento lavorativo degli immigrati non solo a Mondragone.
Igor Prata afferma: ««Siamo in presenza di un territorio in cui persiste un’illegalità diffusa nel mondo del lavoro bracciantile. Tale situazione coinvolge sia i cittadini comunitari che extra comunitari. Braccianti agricoli reclutati al mattino presto per lavorare 10/12 ore nei campi ovvero il doppio di quanto previsto dal contratto AGRICOLTURA, per una retribuzione che a seconda che siano uomini, donne o adolescenti spazia tra i 20 e i 40 euro al massimo. Lavoratori arruolati dai caporali ai quali devono corrispondere una somma di 5 euro giornaliera in cambio di trasporto ed intermediazione con i datori di lavoro. ».
« Negli ultimi anni come Flai Cgil ci siamo impegnati dapprima alla scoperta di tale fenomeno, in seguito con le nostre attività di sindacato siamo loro vicini e in generale offriamo assistenza sindacale a tutti gli operai del territorio. Il nostro obiettivo è quello di far emergere sempre più questa vertenza in modo che chi di dovere, utilizzando la legge 199/2016 (legge contro il caporalato), possa intervenire. Da tempo stiamo chiedendo controlli sui furgoni fatiscenti in cui vengono ammassati gli operai e a tal fine sarebbe estremamente necessario che siano attivati percorsi per applicare la seconda parte della 199/2016 che riguarda l’istituzione di trasporto e collocamento pubblico in agricoltura».
La realtà è che le regole del mercato e la concorrenza spietata del sistema capitalista conducono sempre di più al declassamento del valore umano in quanto tale, all’attribuzione di un valore economico ad ogni cosa o persona o sentimento. Ciò che non si può acquistare si denigra, passano in secondo piano i principi e le persone diventano merce da importare ed esportare in base alle necessità economiche, con un’etichetta, un prezzo e un codice a barre. Il caporalato è una delle tante conseguenze nefaste del sistema, che agisce la mattina all’alba perché la criminalità non ha paura del sole, la criminalità si sente al sicuro quando sguazza nel fango dell’omertà.
Melissa Bonafiglia