Se prima si trattava solo di un discutibile progetto presente nel programma elettorale di Fratelli d’Italia alle elezioni politiche del 2022, oggi la cosiddetta riforma del “Premierato” è diventato realtà. Insieme alla Riforma Costituzionale sull’elezione diretta del Premier, anche il decreto legge sull’Autonomia Differenziata è stato approvata lo scorso 18 giugno alla Camera in via definitiva. Con queste due nuove disposizioni il Governo ha avviato un pericoloso processo che potrebbe portare il Paese alla dissoluzione.
Premierato, cos’è e in cosa consiste
Il fulcro della Riforma riguarda l’articolo 92 della Costituzione e prevederà «l’elezione diretta del presidente del Consiglio». L’attuale modalità di elezione del Presidente del Consiglio prevede che durante le elezioni politiche i cittadini eleggano i loro rappresentanti che poi, a loro volta, esprima la loro preferenza per eleggere il Premier. In seguito alla preferenza espressa dal parlamento, il compito di nominare un governo e un capo del governo spetta al Presidente della Repubblica.
Secondo il testo della riforma la sua elezione verrà invece svolta contemporaneamente a quella delle due Camere e resterà in carica per cinque anni con un limite di due mandati che potrebbero diventare tre se, nelle precedenti legislature, il periodo di tempo in cui l’incarico è stato ricoperto sia stato inferiore a sette anni e mezzo. Nella riforma, oltre al potere di revoca dei Ministri spettante al Premier, si parla di abrogazione del potere di nomina dei senatori a vita.
L’unico punto non ancora specificato è come verrà eletto il Premier. In questo caso, la riforma non ha ancora espresso con precisione le modalità previste. Una volta entrata in vigore, la legge sul Premierato cambierebbe il modo stesso di intendere la figura del Presidente dal Consiglio da semplice espressione della coalizione vincitrice delle elezioni a mera preferenza dei cittadini , stravolgendo la Costituzione.
Autonomia differenziata, di cosa si tratta
Con il termine Autonomia Differenziata s’intende il riconoscimento da parte dello Stato dell’attribuzione di autonomia legislativa ad una regione a statuto ordinario. In altri termini con la Legge Calderoli (dal nome del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli), approvata definitivamente lo scorso 26 giugno, lo Stato concede alle Regioni la possibilità di legiferare non solo sulle materie di competenza concorrente (ossia materie su cui sia Stato che Regioni possono promulgare leggi) ma anche sulle tre materie che l’articolo 116 della Costituzione definisce di competenza esclusiva dello Stato (si tratta dell’organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull’istruzione, e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).
Una delle criticità di questa riforma è sicuramente quella relativa al finanziamento dei LEP, ovvero i livelli essenziali delle prestazioni. I LEP rappresentano i requisiti minimi di servizio che devono essere garantiti in modo uniforme in tutto il territorio nazionale così da poter assicurare equi diritti sociali e civili sanciti dalla Costituzione. L’entità di questi finanziamenti andrebbe stabilita prima delle richieste di autonomia, in modo tale da avere chiaro di quante risorse ha bisogno ogni regione richiedente.
Tuttavia, visto che il disegno di legge conferisce al governo un anno di tempo per stabilire i LEP, le regioni potranno formulare un’intesa anche senza il decreto del Presidente del Consiglio che dovrebbe stabilirne l’entità. In questo modo, il divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud non potrà che ampliarsi, accentuando ancora di più le diseguaglianze tra il territorio del nostro paese dato che si tratta di livelli minimi e non omogenei.
Mobilitarsi affinché la democrazia non venga smantellata
Già da prima della data dell’approvazione la risposta dell’opposizione sul Ddl Calderoli era chiara: Il rifiuto netto dell’opposizione alla legge sull’Autonomia Differenziata e sulla riforma del Premierato ha generato diversi momenti di tensione in Parlamento tra cui l’aggressione del deputato M5S Leonardo Donno.
Diverse poi sono state le manifestazioni da parte di sindacati, movimenti e leader dell’opposizione anche prima del 18 giugno: Il 25 maggio a Napoli hanno partecipato in più di 50mila alla manifestazione “La Via Maestra” promossa dalla CGIL.
Ma, ad oggi, l’unica strada possibile per impedire che l’Italia unita e democratica che conosciamo venga smantellata dalla radice è quella di mobilitare l’opinione pubblica contro l’Autonomia Differenziata firmando per chiedere l’approvazione di un referendum abrogativo. La piattaforma per la raccolta delle firme online è già attiva, e ha già raccolto 500.000 adesioni.
Benedetta Gravina