Lo scorso 18 luglio, il celebre maestro napoletano Luciano De Crescenzo, autore e regista del celebre “Così parlò Bellavista”, ha lasciato il mondo terreno alla veneranda età di 90 anni. Insieme a lui è andato via un pezzo della storia della cultura partenopea, quella carica di significato e intrisa di un sentimento che risulta inappagabile e mai sazio.
Scrittore, regista, filosofo, attore e conduttore televisivo, Luciano De Crescenzo è stato un uomo poliedrico e dalle mille sfaccettature: uno che si è cimentato a essere ingegnere ma che in realtà ha seguito la sua vocazione e la sua passione senza aver rimorsi e rimpianti; è il filosofo che ha scelto di raccontare Napoli in ogni sua angolatura mostrandone gli innumerevoli pregi e difetti.
Dalla nascita alla formazione
De Crescenzo nacque il 18 agosto a Napoli nel quartiere Santa Lucia in una famiglia un po’ antica e vecchia. Dopo la formazione scolastica, fu allievo di Renato Caccioppoli (famoso e geniale matematico napoletano) presso la facoltà di ingegneria idraulica all’Università di Napoli: entrambi rimasero folgorati l’uno dall’altro.
Intanto Luciano De Crescenzo alternava lo studio e gli esami universitari al lavoro presso il negozio di guanti del padre sito a Via dei Mille e dopo la laurea, prima di seguire la sua vocazione di artista, si dedicò a cercare il lavoro per il quale aveva studiato. Non fu facile: all’inizio si ritrovò a essere un abile venditore in un negozio di tappeti a piazza Municipio oppure a fare il cronometrista alle Olimpiadi di Roma nel 1960.
Trasferitosi a Milano, Luciano De Crescenzo fu assunto dalla ditta IBM Italia in qualità di rappresentante commerciale: svolgeva il lavoro con grande professionalità e con una facilità impressionante. E nel frattempo, nel 1977 esce il primo capolavoro letterario: “Così parlò Bellavista”.
Così parlò Bellavista: il capolavoro di De Crescenzo
“Così parlò Bellavista” è il trampolino di lancio di Luciano De Crescenzo nel mondo della letteratura. Edito nel 1977 presso Mondadori, “Così parlò Bellavista” è un romanzo nato dalla penna ispirata ad una visita di alcuni amici dell’autore che provenivano dal nord Italia.
Il protagonista è il professor Gennaro Bellavista che descrive la città di Napoli nelle sue lezioni in cui l’ingegner De Crescenzo, il bibliotecario e poeta Luigino, il vice-sostituto portiere Salvatore e il dottor Palluotto, napoletano trapiantato a Milano, alternano i loro pensieri. Il romanzo oscilla tra le lezioni del professore nei capitoli pari e il racconto di una città caratterizzata da una routine quotidiana colorita e mai noiosa nei capitoli dispari.
Per il professor Bellavista, i libri raccontano troppe banalità su Napoli e sui suoi abitanti e non si rendono conto che la vita nella città è completamente diversa da quella che si può immaginare. Napoli è una città fatta a metà tra amore e libertà, in cui l’intelligenza è unita al sorriso e al sentimento: gli uomini d’amore sono quelli che si muovono e che hanno sempre il sorriso sulle labbra.
Il successo arriva senza ombra di dubbio nel 1984 quando arriva sullo schermo la trasposizione del suo romanzo d’esordio. Il cast era composto da attori dal calibro eccezionale, tra cui Renato Scarpa, Isa Danieli, Gerardo Scala, Benedetto Casillo e ovviamente Luciano De Crescenzo nei panni di Bellavista. Questo passaggio segna l’inizio di una brillante carriera, caratterizzata da circa 44 libri pubblicati e tradotti in varie lingue del mondo e innumerevoli film: era diventato colui che con particolare carisma riusciva a catturare l’attenzione del pubblico raccontando aneddoti e curiosità con scioltezza e sicurezza.
“Così parlò Bellavista” è un inno alla città di Napoli, una fotografia che resta nitida e che deve fare il giro del mondo: tutti devono conoscerla e saperla apprezzare. Si tratta di una città legata alle tradizioni che sono sempre meglio della modernità; un luogo in cui la calma, rispetto al voler tutto e subito, è una virtù essenziale che porta al raggiungimento di grandi risultati. E nelle tradizioni dei napoletani, Bellavista racconta anche della loro arte di arrangiarsi che serve sempre per evitare le catastrofi e la fine disastrosa.
Ovviamente non manca la canonica discussione sul divario e sulla rivalità tra Nord e Sud: ecco allora che gli uomini vengono divisi in quelli che si fanno la doccia e uomini che si fanno il bagno. Per i primi, è chiaro il riferimento ai milanesi che hanno fretta e sono sempre di corsa e intenti a consumare poco; per i secondi, il riferimento è ai napoletani che sono considerati uomini d’amore perché vogliono riflettere e pensare in solitudine e in tranquillità senza essere disturbati.
Sulla scia dell’insegnamento di Luciano De Crescenzo, anche noi non dobbiamo dimenticare la sua eredità e il suo essere legato alla città natale, ma soprattutto che tutti siamo il sud di qualcun’altro.
«A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana.»
Lo siamo ancora, Luciano.
Arianna Spezzaferro