Che rumore fa il razzismo? Se lo sarà chiesto molte volte Daisy Osakue in questi giorni, dopo l’aggressione subita domenica notte a Moncalieri, in provincia di Torino, quando da un’auto a grossa velocità le veniva lanciato un uovo che la colpiva in pieno volto. «È acido», ha pensato subito la giovane atleta, vedendosi colare del liquido dal viso. Invece, non è stata alcuna sostanza acida a sfregiarla, ma soltanto un vile gesto che comunque le riporta un serio problema all’occhio, il quale potrebbe pregiudicarle la presenza ai prossimi europei di atletica.

Daisy Osakue è una discobola italiana

Classe 1996, Daisy è un’atleta campionessa italiana under 23 del lancio del disco. Fin da piccola ha praticato sport, impostando la sua carriera sulla velocità e sugli ostacoli, ottenendo anche buoni risultati. Con l’avanzare degli anni e l’aumento della prestanza fisica, lei e i suoi preparatori hanno deciso di puntare sul lancio del disco e del peso, divenendo uno dei maggiori prospetti della nazionale italiana. Appunto, italiana. Daisy è nata e cresciuta a Torino da genitori nigeriani, ma “grazie” allo ius soli ha dovuto attendere i diciott’anni prima di poter indossare l’azzurro. La sua infanzia/adolescenza non è stata facile, nonostante sia stata messa al mondo sotto la Mole.

Sì, proprio sotto la Mole: visti i tempi che corrono, è necessario specificare che Daisy è a tutti gli effetti italiana, quasi debba essere un’esenzione da qualsiasi forma di razzismo. E se non lo fosse stata? Se Daisy fosse nata e cresciuta a Lagos (Nigeria)? Sarebbe stata giustificato o, addirittura, sarebbe stato perdonato tale gesto? Sono tutte domande che, alla luce di quanto detto e scritto in questi giorni, è lecito porsi.

Il problema è che il razzismo difficilmente trova risposte, ma formula tante domande. Tutte le sue forme vanno condannate, dal frastuono che genera fino all’eco che si espande fra la gente, i mass media, i social. Il polverone mediatico, politico, sociale che si è alzato, come spesso accade, esula dal fulcro della questione. È stata colpita una donna con un gesto da vigliacchi in piena notte, indipendentemente dalla nazionalità, dal colore della pelle, dalla religione. Molto probabilmente, secondo quanto dicono gli inquirenti, non è stato nemmeno un atto a sfondo razzista, ma lo ha senz’altro creato.

Un’occasione ghiotta per ogni politico, giornalista, opinionista, persona comune che a suon di tweet e post ha alimentato polemiche, discussioni, confronti sull’argomento più scottante in questo momento in Italia, il razzismo. Nessuno si è tirato indietro, nessuno ha rinunciato a gettar benzina sul fuoco mentre si respira un clima di per sé già ardente a causa del tema immigrati, che riempie le colonne – oramai non più distinguibili – dei giornali e dei social. Forse proprio il suono di un tweet di chi minimizza l’accaduto, il debole spostamento d’aria che provocano le pagine di una testata, dove ancora una volta si annuncia la morte di un migrante o di un omicidio a sfondo razziale, sono alcuni dei suoni più ripugnanti che il razzismo tralascia. Suoni che fanno certamente male, quasi quanto un uovo ricevuto sul viso.

Suoni che la giovane Daisy Osakue conosce bene, in quanto è stata lei stessa a raccontare gli ostacoli che ha dovuto affrontare nella sua vita, ben più difficili di quelli che superava correndo in allenamento e ben più pesanti di quelli che getta in gara. Sminuire, dunque, ogni forma di discriminazione è il gesto più crudele che si può attuare, il colpo di grazia contro chiunque lotta quotidianamente contro i soprusi.

Daisy Osakue, 22 anni

L’Italia dello sport è razzista

Definire un popolo razzista per intero è impossibile, ma ammettere che ci sono molti indizi che evidenziano come una buona parte di esso lo sia non è difficile. Dallo sport non sono arrivati sempre buoni esempi, per dire, dalle frasi di Tavecchio ai mugugni sulla possibile fascia di capitano a Balotelli, durante gli ultimi impegni della nazionale, fatti che denotano come il problema sia più esteso di quanto si possa pensare. Certo, integrazione e cultura saranno ingredienti indispensabili affinché si possa eliminare del tutto il razzismo nello sport, e non solo.

Il sogno europeo

Daisy, nelle prime dichiarazioni, ha assicurato il massimo impegno affinché il suo sogno di partecipare agli europei di Berlino – dal 6 al 12 agosto – non svanisca. Questo a evidenziare la grande forza di volontà che la giovane atleta ha mostrato. La Fidal in tal senso ha emanato un comunicato nel quale si precisa che: «Il 3 agosto l’atleta si sottoporrà a una controllo oculistico al fine di valutare se le condizioni cliniche e la terapia in atto siano compatibili con la partecipazione agli Europei di Berlino». Un augurio che non si può non fare alla campionessa italiana, affinché l’unico rumore che possa sentire Daisy sia quello del disco lanciato e atterrato il più lontano possibile.

 

Ivan D’Ercole

4 Commenti

  1. Avreste mai scritto di questa atleta se non fosse stata colpita dall’uovo? Capirei la natura di questo articolo se nel gesto di quegli scriteriati ci fosse stata la benché minima intenzione di colpire la ragazza perchè di colore. Ma così non è, gli inquirenti lo escludono categoricamente, difatti la banda delle uova aveva già colpito nei giorni precedenti altri tre soggetti tutti e tre bianchi. Costruire la storiella della italiana di colore che difende anche i colori italiani è certamente allettante ma non è etico, ne morale, ne giusto.

    • Ma di che sta parlando?
      Si rende conto che non ha alcun senso la frase con cui conclude il suo commento?

      Qualsiasi atleta italiano, come rappresentante della nazione agli europei di Berlino o qualsiasi altro evento simile, difende i colori della nazionale.

      Non c’è nessuna storiella immorale o ingiusta in questo articolo, la vede solo lei.

  2. Articolo noiosissimo e razzista al contrario in quanto con l’uovo è stata colpita un’altra persona BIANCA. Quindi se colpiscono uno nero è razzismo, ma se un nero picchia un bianco è caso isolato. Queste le leggi sinistri di quelli che scrivono simili nefandezze.

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