«Nessun documento di ciò che sappiamo deve poter essere recuperabile. Falò, farai tanti fottutissimi falò. Non è assolutamente il momento di agitare le acque. E non permettere a nessuno di accedere sul posto, nes-su-no fino a nuovo ordine» ordinò Falco, scandendo lentamente “nessuno” per farne comprendere al sottoposto l’importanza. […]
«Se noi crediamo che questa sia la verità e facciamo in modo, con ogni mezzo a nostra disposizione, che sia credibile a tutti, mi spieghi per quale motivo qualcun altro che non sa quello che è successo dovrebbe mettere in discussione questa versione? Tu pensa a bonificare la scena, io preparo la relazione […] Per il resto, non ti preoccupare, la gente dimentica in fretta. E anche l’opinione pubblica si distrae facilmente e ha la memoria corta. Al momento, ci sono altri fatti caldi e più importanti che la distolgono. Fai bene il tuo lavoro e informami ad avvenuta conclusione dell’operazione. Ricevuto?»
Tratto dal romanzo “111 biglie d’acciaio” (2020) di Daniele Amitrano, 13Lab Milano.
Il 16 novembre del 1988 morirono inspiegabilmente tutti i carabinieri in servizio in quel momento nella Caserma di Bagnara di Romagna (RA). In un attimo, quei drammatici avvenimenti cancellarono cinque vite insieme a inconfessabili verità. Il magistrato incaricato formulò diverse ipotesi, raccontate dalla stampa nei giorni successivi alla strage.
Poi il silenzio. Fino al 26 ottobre 2020. Quando, edito da 13Lab Editore, usciva “111 biglie d’acciaio” di Daniele Amitrano (coautore Marco Conte).
Attraverso documenti, interviste e grazie alla collaborazione con Marco Conte, Amitrano ha riletto e romanzato uno dei più grandi misteri irrisolti della storia contemporanea: la strage di Bagnara di Romagna (RA).
Amitrano lascia volontariamente spazio all’amarezza, a testimonianza del vuoto che la tragedia ha aperto sia nell’anima di chi lo ha vissuto, sia in quanti lottano – sempre strenuamente – alla ricerca della Verità, anche la più torbida e dolorosa. Perché l’opinione pubblica non dimentica in fretta e, soprattutto, perché certe morti raccontano più di tante vite.
E proprio a Daniele Amitrano rivolgiamo qualche domanda sul suo romanzo “111 biglie d’acciaio”.
Cosa ti ha spinto a raccontare questa storia?
«Sono stati diversi i fattori che mi hanno spinto a cimentarmi nel racconto: il primo è la storia stessa, una vicenda da non crederci, da brividi. La seconda è che l’evento ha visto coinvolto, tra gli altri, un mio concittadino, nonché zio del mio coautore, Marco Conte: il brigadiere dei carabinieri Luigi Chianese. E poi, infine, il mistero e l’oblio che gravitavano attorno ai fatti: un avvenimento troppo poco conosciuto per la sua portata e la sua drammaticità, con tanti lati oscuri e di cui non vi era praticamente traccia in rete.»
Questo non è un libro che racconta la verità, ma la storia in memoria delle vittime, correggimi se sbaglio. C’è una frase molto significativa nel libro: “alcune morti raccontano di più di tante vite”. Quanto conta la verità?
«Sono convinto che la ricerca della verità debba sempre guidare e ispirare le nostre vite. Questo è un romanzo che si ispira ai fatti realmente accaduti per come sono raccontati nella versione ufficiale, senza assolutamente pretendere di raccontare la verità, ma con il solo obiettivo di instillare il dubbio che ce ne possa essere una differente, nel massimo rispetto di tutte le persone coinvolte.»
Secondo te c’è un collegamento tra la strage di Bagnara di Romagna e quello che accadde negli anni di piombo?
«Potrebbe esserci un filo rosso che si protrae fino al termine degli anni 80, ma credo di più a un nuovo filone terroristico in una commistione tra apparati dello Stato deviati e corrotti e la malavita organizzata.»
Nel libro si parla di “fili intricati” che tengono unite situazioni compromettenti. Chi sono i soggetti?
«Nel romanzo, oltre alla figura del compianto Chianese, agiscono vari personaggi torbidi e di pura fantasia, come Ilvo e Falco, due agenti dei servizi segreti che avranno a che fare con i drammatici avvenimenti in maniera diretta e indiretta.»
Sei nato come poeta e, dalle recensioni che leggiamo, ti sei affermato poi anche come valido romanziere. Ci racconti brevemente i romanzi precedenti a 111 biglie d’acciaio?
«Sono tre romanzi molto diversi tra loro. La mia opera prima, “Figli dello stesso fango”, è un romanzo di formazione dalle tinte noir ambientato nella mia terra: tra Minturno e Formia, due comuni del basso Lazio in provincia di Latina, in quel bellissimo territorio sub regionale, che spero nel prossimo futuro venga maggiormente valorizzato, che si chiama Sud Pontino. Il secondo, “La bambina che urlava nel silenzio”, è un giallo in cui ho voluto sperimentare una particolarità, ossia l’inserimento della poesia.»
Daniele Amitrano nasce a Formia (LT) il 14 febbraio del 1982.
Consegue la laurea in Scienze Organizzative e Gestionali nel 2006 e una seconda laurea in Scienze politiche nel 2013.
Il suo curriculum letterario vanta tre premi per la composizione di poesie, tre romanzi e un’antologia di poesie, frasi e aforismi: Figli dello stesso fango (13Lab Milano, 2016), La bambina che urlava nel silenzio. Un’indagine dell’ispettore Lorenzi (13Lab Milano, 2018), Pil. Parole in libertà (2019, 13Lab Milano), 111 biglie d’acciaio (13Lab Milano, 2020).
Intervista a cura della redazione di 13Lab Milano