«La giustizia malata ha ucciso Stefano». Ѐ così che Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, giovane geometra arrestato il 15 ottobre di cinque anni fa per possesso di droga e deceduto una settimana dopo nel reparto detenuti al Pertini di Roma, ha commentato l’assoluzione dei medici, degli infermieri e degli agenti imputati per la morte del ragazzo.
«Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l’udienza di convalida del suo arresto per droga, e in quel caso il giudice non vide che era stato massacrato. Si è spento da solo tra dolori atroci. Attenderemo le motivazioni e andremo avanti. Chi ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita come mio fratello».
A farle eco anche i genitori, Rita e Giovanni, che assieme ad Ilaria si battono dal lontano 2009 per la verità e per avere giustizia. «Mio figlio è morto dentro quattro mura dello Stato che doveva proteggerlo» ha asserito la signora Cucchi, «è un verdetto assurdo».
Tanta rabbia traspare dalle parole del padre della vittima: «Stefano così è stato ucciso tre volte. Vogliamo la verità. Possono assolvere tutti, ma io continuerò a chiedere allo Stato chi ha ucciso mio figlio. Proseguiremo la nostra battaglia finché non avremo giustizia. Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli».
Soddisfazione per l’assoluzione degli imputati viene espressa dal Sap, il sindacato di polizia, con un comunicato rilasciato direttamente dal segretario generale, Gianni Tonelli. «Tutti assolti, come è giusto che sia. In questo Paese bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie».
Parole dure che non sono passate inosservate agli occhi dell’opinione pubblica, la stessa che nei mesi scorsi aveva pesantemente contestato il Sap e che torna oggi a criticare più che mai il sindacato di polizia. Il tam-tam è stato immediato, soprattutto sui social network come Twitter e Facebook, ma il Sap sembra non voler retrocedere di una virgola: continua a portare avanti a testa alta il sostegno agli imputati assolti dalla Corte d’Appello.
Bisogna tuttavia specificare che la sentenza emessa aveva davanti a sé tre strade da poter percorrere: condannare tutti gli imputati, assolvere tutti gli imputati o confermare la condanna in primo grado ai danni soltanto dei medici, accusati di omicidio colposo. Alla fine i giudici della Corte d’Appello hanno perseguito la via dell’assoluzione, portando l’avvocato della famiglia Cucchi ad affermare un ricorso in Cassazione. «Era quello che temevo. Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».
La partita quindi non è ancora chiusa e se la sentenza emessa continuerà a far discutere per molto tempo, il sostegno dato a Ilaria, Rita e Giovanni da famiglie che condividono un dolore identico al loro, è solido più che mai. «Ѐ difficile trovare qualcosa da dire. Rimango allibita, è incredibile questo verdetto, è come se Stefano fosse morto senza che ci sia nessuna responsabilità. Abbiamo visto tutti le foto, è chiaro che è morto per una causa.» ha detto Patrizia Moretti, madre del Federico Aldrovandi, morto nel 2005.
Commenti sull’assoluzione sono pervenuti anche da Giorgio Sandri, padre di Gabriele Sandri, ucciso nel 2007. «Ci si sente abbandonati. Ci si porta dietro un lutto che non passerà mai.» ha detto, con profonda costernazione, «è davvero tutto molto triste. Ѐ una sentenza che lascia amareggiati: viviamo in un Paese in cui basta chiedere scusa e si continua ad andare avanti… senza che nessuno paghi».
Maria Stella Rossi