Cambio sesso e miti greci
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Identità di genere e identità sessuale possono apparire argomenti da XXI secolo, ma una piccola anticipazione è riscontrabile già negli antichi miti greci. Nati per dare risposte ai grandi interrogativi dell’uomo, i racconti mitologici nel tempo hanno dato vita a numerose parole ed espressioni d’uso comune, presentando fantasiosamente le più disparate situazioni, dal cambio di sesso all’intimità dell’essere umano, talvolta con crudezza e talvolta con profonda empatia.

Il primo mito da considerare è quello di Ceneo il Lapita, definito da Luciano de Crescenzo come «il primo transessuale di cui si abbia notizia». Ceneo, figlio del re lapita Elato, era originariamente una fanciulla dal nome Ceneide o Cenis. Suo malgrado, divenne bersaglio di insidie da parte del dio del Mare Posidone, che un giorno le osò violenza. In seguito allo scellerato gesto, chiese di poter esaudire un desiderio della ninfa, la quale espresse liberamente la volontà di essere mutata in uomo. A ciò si aggiunse la richiesta dell’invulnerabilità. Il suo cambio di sesso basterebbe già per ascrivere Ceneo alla categoria della notorietà, ma la fama si dipana anche sul campo di battaglia. Lo ritroviamo, infatti, nella prima grande epopea della civiltà greca: la ricerca del vello d’oro da parte degli Argonauti. Si trattava di circa cinquanta uomini al seguito del principe Giasone. Il padre Esone, re di Iolco, era stato spodestato dal fratellastro. Per conseguire nuovamente il trono, Giasone avrebbe dovuto recuperare la preziosa reliquia custodita da un pericoloso drago; si trattava di una pelliccia d’ariete affissa in un bosco della Colchide da Frisso, un giovane uomo sfuggito dal padre che aveva tentato di sacrificarlo agli dei.  L’altra grande vicenda di cui Ceneo è protagonista è sul fronte opposto ai centauri, figure per metà uomini e metà cavalli, assoldati un giorno da Zeus per punire Ceneo e la sua arroganza. L’invulnerabilità di cui era dotata però non permetteva di essere trafitta e l’unica soluzione fu seppellirlo con numerosi e massicci tronchi, al di sotto dei quali, in punto di morte, ritornò ad essere donna trasformandosi in un uccello.

Un altro mito riguardante il cambio di sesso, in questo caso involontario, ha per protagonista Tiresia. Secondo una delle tradizioni più accreditate, un giorno l’indovino camminando per i boschi vide due serpenti copulare. Turbato dalla scena ne uccise la femmina. Istantaneamente venne punito da Zeus, che lo mutò in donna. Tale condizione persistette per sette anni, dopo i quali si ritrovò ad assistere nuovamente alla scena dei serpenti. Questa volta pensò di ucciderne il maschio. Questo, infatti, gli avrebbe permesso di ritornare alla condizione maschile. Così avvenne. Avendo, dunque, sperimentato entrambi i sessi, un giorno venne convocato da Zeus e sua moglie Era per sciogliere una diatriba e cioè se il piacere sessuale fosse maggiore negli uomini o nelle donne. Tiresia rivelò che le donne godevano di più e per questo venne punito da Era che lo privò della vita; ma in compenso ottenne da Zeus la facoltà di predire il futuro.

In tale contesto non può di certo mancare il mito di Ermafrodito, l’unico che riuscì a sperimentare contemporaneamente la condizione maschile e femminile, e il cui cambio di sesso avvenne per volontà di una ninfa. Nato dall’unione di Afrodite, dea della bellezza, ed Ermes, messaggero degli dei, Ermafrodito era un giovane bello ma annoiato. Un giorno si mise in viaggio e giunse presso un lago abitato dalla ninfa Salmace. Quando il giovane fanciullo si immerse nell’acqua, attirò subito le attenzioni della fanciulla. Nonostante il rifiuto, ella continuò a baciare e toccare Ermafrodito che venne trascinato in fondo alle acque. Lì, Salmace chiese agli dei di poter rimanere per sempre unita al suo amato, che da quel giorno divenne metà uomo e metà donna e in cambio ottenne dagli dei che chiunque facesse il bagno in quel lago perdesse la sua virilità.

Alessio Arvonio

Alessio Arvonio
Classe 1993, laureato in lettere moderne e specializzato in filologia moderna alla Federico II di Napoli. Il mio corpo e la mia anima non vanno spesso d'accordo. A quest'ultima devo la necessità di scrivere, filosofare, guardare il cielo e sognare. In attesa di altre cose, vivo.

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