Dopo gli annunci della scorsa settimana anche la Francia interviene militarmente in Siria. È il quotidiano francese Le Monde ad annunciare che la Francia ha cominciato i suoi primi raid in territorio siriano per sconfiggere le milizie dello Stato Islamico.

Il primo raid si è abbattuto su di un campo di addestramento, l’intervento è stato confermato da Hollande, che assicura l’assenza di vittime civili. Il portavoce del Ministero degli Esteri russo, Zakharova, dichiara l’intervento illegittimo dal punto di vista del diritto internazionale poiché non vi è stata alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza né alcun permesso da parte del governo legittimo siriano come prevede la procedura ONU.

Hollande, tuttavia, giustifica l’intervento della Francia, dichiarandolo uno strumento di autodifesa perché la “sicurezza nazionale” è in pericolo, è un intervento di legittima difesa in via preventiva data la minaccia rappresentata dall’organizzazione terroristica del Califfato. Il presidente francese, inoltre, ha ringraziato gli Stati Uniti per le informazioni fornite poiché il raid arriva dopo giorni di studi condotti sul territorio siriano. Putin continua a sostenere la linea pro Assad, la comunità internazionale, infatti, dovrebbe mostrargli sostegno dato che si trova a combattere contro delle organizzazioni terroristiche e ha criticato il sostegno degli americani ai ribelli “moderati” anti regime perché ritiene l’intervento illegittimo e inefficace dato che molti dei moderati finiscono per confluire tra le forze jihadiste, continuando ad usare le armi fornitegli da Washington.

Mentre la guerra civile continua ad imperversare, Putin e Obama, dopo i rispettivi interventi all’Assemblea Generale dell’ONU in cui si sono criticati con stoccate di stile, hanno avuto un faccia a faccia durato più di un’ora. All’orizzonte potrebbe esserci un nuovo accordo tra i due paesi anche se il punto fondamentale su cui i due leader non sono d’accordo è il regime di Assad. Putin continuerà a sostenere il governo di Damasco e vorrebbe che anche gli altri  Stati lo facessero, mentre per l’inquilino della Casa Bianca quando si parla del Raiss, si parla di un tiranno e per questo gli Stati Uniti non sono disponibili a sostenere il suo regime.

L’ultimo tassello di quello che potremmo definire un puzzle geopolitico, si aggiunge quando comincia a balenare l’ipotesi di un intervento della Cina in Siria. Secondo Debka File, un’agenzia vicina all’intelligence israeliana, la Cina avrebbe già schierato sulle coste siriane la portaerei Liaoning ed un incrociatore lanciamissili. Secondo le analisi israeliane, il governo di Pechino, però, non avrebbe anche potere offensivo poiché gli aerei dovrebbero arrivare entro la metà di novembre a cui poi seguirebbe lo schieramento di almeno mille soldati.  La notizia è ancora poco chiara, sono in molti a credere che si tratti di una bufala del sito Debka File, vicino all’intelligence israeliana, mentre Zhang Junshe, ricercatore presso l’Istituto di ricerca di studi navale dell’Esercito popolare, dichiara al quotidiano cinese “Global Times”  che la Cina non invierà portaerei in Siria.

Francia e complottismi a parte, ciò che permane è la disperazione di una popolazione civile che non sa più dove riconoscersi in uno spazio in cui sono si sono estinti i concetti di territorio, democrazia, Stato e libertà.  Un popolo che vede il proprio patrimonio culturale distrutto non può ritenersi un popolo libero e un popolo che per sopravvivere deve scavalcare muri di filo spinato o semplicemente affidarsi alle  preghiere non può definirsi rispettato. Questo è quello che probabilmente la comunità internazionale tutta, ONU compreso, dimentica.  La Siria, prima di rappresentare un’emergenza o di essere uno scenario geopolitico fondamentale, è anzitutto abitata da persone che in quanto tali e in un mondo civile dovrebbero vedersi riconosciute le libertà fondamentali tanto care al mondo globalizzato.

Sabrina Carnemolla

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