La Commissione europea ha aperto a metà giugno un’indagine su Apple, Fiat Finance & Trade (una delle controllate Fiat) e Starbucks per accertare se queste tre grandi multinazionali abbiano o meno usufruito di aiuti di Stato, illegali dai Trattati sull’Unione Europea. In particolare, Apple avrebbe ricevuto un trattamento di favore dal fisco irlandese, Fiat da quello lussemburghese e Starbucks dall’Olanda.
I presunti aiuti contestati sono, in realtà, il frutto di una prassi economica tipica delle grandi imprese che investono in Europa utilizzando un modus operandi oramai consolidato: chiedono di conoscere il carico fiscale in un Paese in modo da acquisire garanzie e tutele giuridiche, ripartiscono i costi aziendali tra vari Stati. Questo fenomeno è diventato così tipico da guadagnarsi l’appellativo “tax ruling”(sentenza fiscale) e, se per certi versi è di dubbia legalità, non lo è per niente, in base alle norme vigenti, nell’ultima parte perché non è consentito dividere i costi d’impresa in più Stati europei al fine di usufruire delle agevolazioni fiscali dei diversi Paesi o di non superare determinate soglie per ottenere una tassazione di favore. Tutto ciò è frutto della legislazione europea che ha trasformato le regole non scritte del libero mercato in norme, equiparando gli accordi bilaterali per il pagamento di tasse a veri e propri aiuti di Stato (intromissione dello Stato in un settore economico). Di certo i controlli non sono agevolati dalla scelta di avere: moneta unica, mercato unico, ma fisco nazionale autonomo, come hanno sottolineato molti impresari del Vecchio Continente.
Ad alimentare ulteriori critiche e problemi è una situazione poco piacevole per il Presidente dell’esecutivo europeo, Jean Claude Juncker, perché i fatti contestati a Fiat in Olanda si riferiscono al periodo in cui era Presidente del Consiglio.
Questo avvenimento non gli gioverà di certo, soprattutto perché l’esecutivo olandese è restio ad inviare gli atti richiesti dall’UE.
Ed è per questo motivo che Bruxelles ha deciso di aprire una procedura d’infrazione verso il Granducato.
In caso le procedure confermassero l’illecito, le norme non prevedono un risarcimento danni ma il pagamento dei tributi che erano dovuti in assenza di accordi bilaterali. Per Apple alcune previsioni del Financial Times parlano di diversi miliardi di dollari.
Il dossier che martedì 30 ottobre la Commissione ha presentato è, nella sostanza, identico a quello di giugno precisando: “Le indagini sono ancora a metà del loro percorso ma era giusto rendere pubblico a che punto siamo e stabilire, assieme alle aziende in questione, quali atti rendere pubblici e quali no per non rivelare segreti aziendali. In caso di condanna, gli Stati in questione potranno chiedere il rimborso delle cifre contestate alle aziende in questione”. Il passo successivo sarà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del verdetto e, da quel momento, entro un mese sarà possibile presentare eventuali contestazioni. Gran parte degli analisti di mercato ritene che non non saranno rivelati tutti i dettagli procedurali per evitare alle tre grandi multinazionali, oltre alla restituzione di quanto evaso, ad un calo nella borsa valori che rappresenterebbe un danno economico di breve-medio termine difficilmente calcolabile.
Se da Fiat non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali, Luca Maestri (direttore finanziario Apple) al Financial Times ha dichiarato “Stavamo solo provando a capire quale fosse il giusto carico fiscale da corrispondere in Irlanda e io lo valuto come un comportamento trasparente e prudente”. Per Starbucks dall’Esecutivo europeo precisano “Sentenza entro due settimane”.
Ferdinando Paciolla