Dopo la pandemia di SARS-CoV-2, ogni volta che vengono notificati casi di nuove malattie è facile che si crei un clima di terrore, oppure l’opposto, lo scetticismo. La verità è che entrambe le emozioni non sono quelle giuste per affrontare la situazione, piuttosto bisogna aver la consapevolezza che in una società globalizzata non sia raro che insorgano nuove patologie infettive o che ne riaffiorino alcune già conosciute.
Sono due le malattie che ultimamente stanno dilagando ed è comune la preoccupazione che si possano diffondere come il Covid-19: l’epatite acuta nei bambini e il vaiolo delle scimmie.
L’epatite acuta nei bambini
Attualmente non si conosce la causa di questa “nuova” epatite, che sembra interessare soprattutto la fascia infantile e che in comune con gli altri ceppi di epatite conosciuti pare abbia soltanto i sintomi, tra cui l’ittero: una colorazione giallastra della pelle, degli occhi e dell’interno della bocca e del naso, dovuta all’accumulo di una sostanza epatica, la bilirubina, che non viene correttamente smaltita.
Tuttavia, ad ora l’ipotesi più accreditata dalle autorità internazionali, è che sia coinvolta l’infezione da Adenovirus, un tipo di virus diffuso soprattutto nei bambini che causa generalmente sintomatologia lieve quale raffreddore, diarrea e vomito.
Bisogna ricordare però che l’Adenovirus non causa generalmente l’epatite, se non come complicazione rare negli individui immunocompromessi; per questo motivo si pensa che potrebbe essere una nuova variante di questo virus oppure una variante già presente stia colpendo i bimbi più piccoli immunologicamente non protetti in seguito a una minore circolazione di questo tipo di virus durante la pandemia.
Un’altra ricerca scientifica ipotizza, invece, che questi nuovi casi di epatite siano dovuti all’infezione di questo virus combinata a una precedente infezione da SARS-CoV-2: le proteine virali del Covid-19 persistono nel tratto gastrointestinale e possono causare l’iperattivazione immunitaria. I casi di epatite acuta sono stati evidenziati in bambini con questa sindrome, chiamata Sindrome Infiammatoria Multisistemica, ma la co-infezione con altri virus non è stata al momento indagata.
Il vaiolo delle scimmie
Questa malattia è chiamata così perché è trasmessa da un virus della stessa famiglia del vaiolo, infatti un sintomo in comune è la comparsa di vescicole o pustole cutanee. Si tratta di un’infezione zoonotica, ossia di una patologia che generalmente si diffonde tra gli animali e che in alcuni casi può infettare l’uomo: i primi casi di diffusione della malattia interessavano primati e roditori, soprattutto in Africa.
In alcuni stati dell’Africa è attualmente endemica, ossia sono frequenti nuovi casi ma rientrano nella soglia di controllo. Da pochi mesi sta spaventando il fatto che siano stati riportati casi anche in Europa. Momentaneamente però sembra che ci sia bisogno di contatti molto stretti per contrarre la malattia, quali rapporti sessuali o il contatto prolungato faccia a faccia, insieme al contatto con materiale contaminato attraverso lesioni cutanee.
Le cause
Il diffondersi di patologie infettive era molto comune in passato e l’avvento dell’era delle vaccinazioni ha permesso di ridurne la diffusione e la conseguente mortalità. Tuttavia, uno studio su Nature ha dimostrato quanto il cambiamento climatico, l’urbanizzazione e il cambiamento nei modelli di gestione del territorio (in particolare il “land grabbing“) potrebbero influenzare la diffusione di nuove patologie nelle decadi future.
In particolare, mentre il cambiamento climatico e l’urbanizzazione possono condizionare lo stile di vita di alcune specie portandole alla mobilità verso altri habitat (talvolta a contatto con gli esseri umani, favorendo l’insorgenza di zoonosi), la globalizzazione ha aumentato la connessione tra luoghi molto distanti e molto diversi tra di loro, agevolando l’importazione di nuovi patogeni.
Una delle grandi frontiere della scienza nella riduzione di molte malattie endemiche in Occidente è l’accesso per tutte le fasce ai vaccini e all’assistenza sanitaria, eppure l’introduzione di un nuovo vaccino non implica l’immediata eliminazione della patologia. Inoltre, l’imperfetta copertura vaccinale e sanitaria in alcune aree del pianeta può portare all’aumento della suscettibilità dell’intera popolazione mondiale alla malattia, rappresentando un rischio per tutti: bisognerebbe, per questo motivo, svolgere delle adeguate indagini sierologiche come monitoraggio e mettere a disposizione le cure sanitarie anche per gli Stati più poveri.
Una società mutevole richiede metodologie altrettanto in evoluzione per valutare attentamente i rischi futuri delle malattie infettive.
Bisogna avere consapevolezza che qualsiasi nostra scelta attuale, per quanto comoda e abitudinaria, può avere impatti rilevanti sul futuro del pianeta.
Miriana di Gloria