Alla vigilia delle elezioni europee 2024 tra i tanti candidati ce n’è una, la più importante, che rischia di non superare la soglia di sbarramento: la democrazia. Amica di vecchia data, la democrazia ha dovuto affrontare nel corso della storia fin troppe peripezie e superare, spesso a fatica, pericolosi ostacoli. Dovremmo quindi tutelarla e custodirla in quanto preziosa eredità invece che infettarla dall’interno. La degenerazione democratica portata avanti dalla deriva fascistoide che coinvolge, purtroppo, non solo l’Italia di Meloni, bensì l’Europa stessa, è sicuramente preoccupante, ma non certo inaspettata. Il soffio del pungente venticello nero si fa sempre più forte da decenni, partendo da Berlusconi; e Meloni è colei che sta facendo tornare certi individui, colei che è affiancata da chi non troppo tempo indietro faceva il saluto romano in Parlamento, colei che, insieme alla sua cerchia di fidati, non si è mai dichiarata antifascista. E se i vertici del Governo non si dichiarano apertamente antifascisti, abbiamo un grosso problema.
Come sta la democrazia?
Estirpare l’erba malata non è certo facile, la cultura e l’unione potrebbero essere l’antidoto. Il potere della parola è sottovalutato. Parlare, discutere, confrontarsi, aiuta ad affrontare tematiche complesse, a trovare soluzioni ai problemi, a fornire supporto reciproco. E la parola diventa ancora più forte se non isolata. È per questo che per far fronte alla crisi democratica in corso dobbiamo unirci e parlare. Questo è ciò che si propone Feltrinelli con la campagna di comunicazione “Leggere insegna a leggere” stavolta, con il 2 giugno alle porte e in clima di elezioni elettorali europee, portando l’attenzione sullo stato della democrazia attuale, in Italia e nel mondo, durante la serie di incontri tematici che hanno avuto luogo dal 18 aprile allo scorso 8 maggio e ai quali hanno preso parte figure di rilievo della resistenza antifascista.
In apertura della rassegna “Come sta la democrazia?”, il 23 aprile si è tenuto il talk di Antonio Scurati, Paolo Berizzi, Enrico Deaglio e Angela Mauro, un interessante dialogo sullo stato della democrazia attuale, guardando al passato per capire il presente.
L’italiano non ha, infatti, ancora fatto i conti con il passato fascista: per fugare il fantasma, dice Scurati, bisogna attraversare questo fantasma, accettare di essere stati fascisti e quindi guardare da quell’abisso i fatti di oggi. Mussolini aveva capito che per diventare leader delle masse doveva identificarsi con queste, il populismo non si discosta troppo da questo assunto: se io sono il popolo e il popolo sono io, a cosa ci serve questo Parlamento? Il Parlamento è costoso, superfluo, nonché corrotto, e quindi ecco che i nostri Ministri danno libero sfogo alla fantasia nella costruzione di politiche antiparlamentari, attendendo che un pesce abbastanza grande abbocchi all’amo. Sappiamo bene che fine fa quel pesce dopo aver abboccato.
La Bestia è quindi tornata, stavolta ancora più subdola. Per Berizzi la bestia non è però il fascismo storico, quello delle marce e delle maglie nere, queste vecchie abitudini non sono mai scomparse del tutto. Il neofascismo è realtà ed è più pericoloso, perché i fascisti, quelli di sempre, si riconoscono, li identifichiamo dai vestiti e dai gesti, i fascisti di oggi no, sono di moda, si insinuano in modo inconsapevole nei linguaggi, nei modi di dire, nel modo di pensare. Il neofascismo condiziona il senso comune in toto, ed ecco che, senza accorgercene, abbiamo mutuato slogan, discorsi, mentalità, ci siamo abituati all’oscenità, all’odio, all’intolleranza, alla violenza, al sessismo, al patriarcato e all’idea di supremazia.
Agendo dall’interno il neofascismo ha indebolito una democrazia già fragile e, a quanto pare, non siamo in grado di somministrarle la cura di cui ha bisogno. Sandro Pertini, come ci ricorda Deaglio, affermava che “abbiamo fatto bene ad ammazzare Mussolini, altrimenti ce lo saremo trovati al Governo”. Noi cosa abbiamo fatto? Al Governo abbiamo messo i figli di Mussolini, da La Russa a Meloni, e con lei è stata portata avanti una politica di incubazione del fascismo.
Questa politica ha agito non solo su territorio nazionale, ma è stata esportata in Europa, dove le idee e le proposte dell’estrema destra non trovano un muro a bloccarli, anzi dimostrano essere un punto di stabilità per un’Europa che scivola sempre più verso destra, quello che Mauro ha definito “effetto Meloni”. E poi c’è Trump, che non si ferma nemmeno con cause penali in corso, a dare ancora più sostegno e speranza alle politiche antidemocratiche candidate alle elezioni europee.
Alla luce dei fatti attuali, si palesa la necessità di votare consapevolmente. Il voto è la nostra opportunità per far sentire la nostra voce, usiamolo finché si può ancora parlare di democrazia. Il 2 giugno 1946 l’Italia tutta fu chiamata alle urne e con la scelta della Repubblica l’Italia votò per un paese democratico, a cui la Costituzione avrebbe dovuto fare da garante. A differenza di quei giorni apparentemente così lontani, oggi possiamo dire che “c’è ancora domani?”
Nunzia Tortorella