La lotta delle donne Adivasi, partigiane di un’India fascista 
Foto di Anete Lusina da Pexels

«La nostra terra è la nostra vita» sono le parole delle donne della popolazione indigena degli Adivasi, le quali in più di sei stati dell’India sono vittime di brutali persecuzioni da parte del governo del Primo Ministro Narendra Modi e delle aziende che vogliono il controllo del loro territorio per l’estrazione mineraria.

La denominazione Adivasi deriva dall’hindi “adi” che significa inizio dei tempi e “vasi” che vuol dire residenti. Questa denominazione fu coniata nel 1930 come conseguenza ad un movimento politico per forgiare un senso di identificazione tra le popolazioni indigene dell’India. Gli Adivasi parlano più di 100 lingue diverse e hanno una varietà di usanze etniche e culturali che rendono il gruppo non omogeneo. La popolazione indigena degli Adivasi conta 57 milioni di persone sui 1,38 miliardi della popolazione totale indiana, secondo l’ultimo censimento del 2020. Queste popolazioni vivono maggiormente nelle aree montane e sulle colline, zone dove è possibile raccogliere carbone, bauxite e minerali ferrosi.

Quella delle donne Adivasi non è una lotta recente: già nel 1980 nello stato di Odisha fu accelerato il raccoglimento delle risorse minerarie e sulla collina di Gandhamadan le donne manifestarono mettendo i bambini davanti alla polizia e ai bulldozer per dimostrare che le generazioni future avrebbero combattuto al loro fianco. Negli anni 2000 le donne della popolazione indigena dei Dongria Kondh per proteggere la miniera sacra sulla collina di Niyamgiri dai progetti della compagnia Vedanta Resources, ovvero una miniera a cielo aperto che avrebbe distrutto il territorio e segnato la distruzione di questa popolazione indigena, furono arrestate sulla base di accuse inventate.

Questa tipologia di arresti è una delle punizioni più comuni che gli Stati infliggono nei casi di insurrezione per intimidire i ribelli: il popolo degli Adivasi ha subito alti livelli di imprigionamenti e sanzioni da parte del governo. Il numero di tali azioni ostili è aumentato del 190% da quando il Primo Ministro Narendra Modi è salito al potere. Caso emblematico quello di Hidme Markam attivista per i diritti degli Adivasi incarcerata durante la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne.

L’attivista Hidme Markam fu presa in custodia dalla polizia anche se le accuse a lei rivolte non combaciavano con la realtà. Secondo la polizia aveva una taglia sulla sua testa nonostante l’alto profilo pubblico. In realtà l’arresto di Markam fu utilizzato come punizione per il suo lavoro di attivista nella resistenza dell’attività estrattiva nei luoghi sacri degli Adivasi e per aver chiesto la fine della violazione dei diritti di questo popolo.

Le attiviste continuano a combattere in prima linea per proteggere il loro territorio e sono prese di mira non solo per il lavoro difensivo che svolgono ma anche perché donne. Secondo il report di Survival International i tassi di abusi sessuali subiti dalla polizia sono altissimi, a cui si aggiungono diffamazione, colpi inflitti alle donne incinte e attacchi con acido come nel caso di violenza sessuale di Mukay Oyam, nome fittizio della vittima 16enne, trovata priva di sensi vicino al suo villaggio di Bastar. La polizia non ha voluto aprire un fascicolo su quanto accaduto e ha deciso di chiudere l’indagine archiviando subito il caso. La ragazza, fatto ritorno dall’ospedale, si è impiccata. È stato eretto in sua memoria un monumento dove ai quattro lati sono state raffigurate scene della sua vita fino alla morte. Il giorno prima della commemorazione il monumento è stato vandalizzato dalle forze di sicurezza. Un atto vigliacco utile a cancellare la memoria di Mukay.

Per Indu Netam, leader Adivasi della minoranza etnica dei Gond, «La verità sulle donne Adivasi difensori del territorio deve uscire fuori: stiamo salvando il nostro Paese e il mondo…ma per questo stanno abusando di noi». Le donne Adivasi in India si impegnano ogni giorno per mantenere le proprie foreste intatte, luoghi tutelati dell’articolo 26 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Eppure nonostante ciò la comunità degli Adivasi viene costantemente attaccata, nel silenzio generale di un mondo destinato a perire sotto gli effetti dei propri soprusi.

Gaia Russo

Gaia Russo
Eterna bambina con la sindrome di Peter Pan. Amante dei viaggi, della natura, della lettura, della musica, dell'arte, delle serie tv e del cinema. Mi piace scoprire cose nuove, mi piace parlare con gli altri per sapere le loro storie ed opinioni, mi piace osservare e pensare. Studio lingue e letterature inglese e cinese all'università di Napoli "L'Orientale".

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.