L’inferno in Siria promana un silenzio assordante, viene prima l’interesse personale, poi nei momenti vuoti di scandali scoppia l’indignazione di circostanza.

La Siria: una nazione depauperata ideologicamente e materialmente dalle spartizioni effettuate al tavolo delle Grandi Potenze, un tavolo cui siedono la Russia, la Turchia, gli USA, Israele, la Corea del Sud, che non mancano d’infiltrarsi nelle spaccature sociali delle piccole nazioni per ricavarci profitto economico; il prezzo è lavarsi quotidianamente la coscienza nel sangue di 465mila morti.

Nel 1945 nacque l’ONU, un’organizzazione di Stati “civili” al fine di (tra gli altri punti) «Promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui».  Ecco, però, che arriva la notizia shock: dalla testimonianza di Danielle Spencer si evince che gli operatori dell’ONU distribuiscono cibo alle donne in cambio di favori sessuali. Altro che libertà fondamentali. Quando i leader partitici parlano di «piani di sviluppo per aiutare gli immigrati a casa loro» è proprio questo che s’intende: aiuti formali che fanno notizia e assenza di supervisione.

Le molestie proseguono da sette anni, volutamente si è glissato su quest’argomento per non porre fine agli unici soccorsi operativi come la distribuzione di cibo; da sette anni le donne evitano di recarsi presso i centri di distribuzione perché si sa che poter mangiare significa scendere a compromessi con la violazione del proprio corpo. Lo scandalo ha investito organizzazioni come Unicef (il cui vicedirettore ha rassegnato le dimissioni), Save the Children, Oxfam, insomma alcune di quelle onlus cui doniamo 5 euro al mese per salvare i bambini poveri e per sentirci in pace con la nostra coscienza.

Abusi sessuali in un territorio martoriato da parte di operatori e soccorritori che agiscono anche in nostro nome: ma la Siria scompare dall’informazione, dai media, dai programmi politici e gradualmente (sulla scia della questione africana e palestinese) diventa la normalità.

Il  conflitto siriano esplose in tutta la sua recrudescenza nel 2011 in seguito alle proteste popolari contro il Governo centrale; da allora ad oggi la Siria è divisa in quattro zone sotto il dominio governativo, turco, dei ribelli, del Daesh, ma ciascuno a sua volta supportato da protagonisti internazionali come la Russia che sostiene Assad, la Corea del Nord che fornisce armi e supporti tecnici per il proseguimento della guerra, l’Iran che supporta il governo siriano: un intricato gioco di accordi da cui difficilmente si può uscire, un’enorme partita a Risiko, ma il cui riassunto si esaurisce nelle parole di una madre che in un’intervista per l’Espresso afferma: «Guardiamo i nostri figli diventare cadaveri».

Guerra Siria
Ghouta in Siria

Sabato scorso era prevista una piccola tregua, un cessate il fuoco di 5 misere ore che avrebbe permesso l’entrata di aiuti umanitari in Ghouta, roccaforte dei ribelli alle porte di Damasco; di fatto la tregua non è stata rispettata e secondo quanto riportato dall’Osservatorio siriano dei diritti umani in quelle ore Assad ha continuato a bombardare la cittadina, portando a casa come risultato la morte di un bambino che delle spartizioni territoriali e dei giochi di potere non gli interessava proprio nulla.

Pensate alla Seconda Guerra Mondiale e alla devastazione che ha lasciato in eredità tutt’oggi (eppure è durata 6 anni). Ora pensate al conflitto siriano che persevera da 7 anni, reduce della primavera araba, e che non accenna a terminare. Anzi, c’è chi ha visto fabbricare armi nucleari e missili in Siria con supporti tecnici “made in Pyongyang” e in barba agli sforzi diplomatici il peggio deve ancora arrivare.

L’inferno in Siria lo testimoniano le immagini e i dati: 13 milioni di sfollati siriani, 465mila morti civili registrati, abitazioni che assomigliano a trappole per topi e la morte che è sempre ad un millimetro di distanza.

Guerra in Siria
Distruzione in Siria

Di questi 13 milioni di sfollati, probabilmente qualcuno lo incontrerete tra le strade italiane e probabilmente lo giudicherete per non aver un lavoro o un permesso di soggiorno. Gli punterete il dito contro pensando che sia lui il problema dell’Italia e trascurerete gli orrori e i malesseri nascosti nella sua anima e nei suoi occhi. Per pulirvi la coscienza dal razzismo e per autoconvincervi di essere umani applaudirete a chi in piazza giura sul Vangelo e sulla Costituzione e il giorno dopo dice di voler spedire tutti a casa loro, di gettarli in pasto alla morte.

Eddy, studentessa romana e attivista No Tav, ora combatte in Siria tra le milizie dell’Ypg: ha lasciato tutto per i propri principi, rischia ogni giorno la vita. Non vanifichiamo tali coraggiosi sacrifici nella sterilità del razzismo e dell’ignoranza.

Melissa Bonafiglia

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