Gli occhi dell’intera comunità internazionale sono puntati sull’ Ucraina ormai da sette giorni.
L’ Unione Europea ha stupito tutti, sicuramente anche lo stesso Vladimir Putin, per la straordinaria compattezza dimostrata nel condannare, con le parole e con i fatti, l’invasione russa ai danni della popolazione ucraina, che sta fuggendo in massa dalla regione. Se inizialmente la risposta europea era sembrata fiacca, con il passare dei giorni queste sanzioni si sono fatte consistenti e sono state approvate all’unanimità dai membri del G7 e non solo.
Gli Stati Uniti, dichiarando dal primo giorno di non avere intenzione di coinvolgere le truppe americane in un conflitto in Ucraina per non rischiare di sfociare in una terza guerra mondiale, si sono associati alle sanzioni economiche europee, introducendone ulteriori. Questa fermezza occidentale nel piegare l’economia russa, sebbene abbia il rischio di veder scricchiolare anche la nostra, sta iniziando a mostrare i suoi frutti proprio in questi ultimi giorni: i tassi di interesse sono raddoppiati e il rublo è crollato ai minimi storici. Conseguenze che potranno solo che peggiorare, di fronte alla decisione della Commissione Europea di interrompere qualsiasi tipo di transazione con la Banca Centrale Russa.
Se fino a oggi singoli stati della comunità internazionale fra cui Germania, Francia, Italia ma anche Repubblica Ceca, Svezia e le Repubbliche Baltiche avevano deciso di supportare l’Ucraina attraverso l’invio di consistenti armamenti (armi anticarro, missili terra-aria, munizioni), è di poche ore fa una decisione unica presa dall’Unione Europea. Per la prima volta nella sua storia fornirà armi e aiuti alle forze armate schierate in un conflitto, in questo caso alle forze ucraine, per un valore di 500 milioni di euro. Decisione definita “spartiacque” dalla stessa Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, e a cui Mosca ha reagito affermando che i Paesi che sostengono l’Ucraina con armi letali se ne assumeranno la responsabilità.
La Bielorussia di Lukašėnko, invece, è passata dal permettere l’ingresso attraverso il suo territorio delle truppe russe in territorio ucraino, a sostenere un referendum sulla cessazione dello stato di denuclearizzazione del Paese. Decisione, che, quindi, gli permetterebbe di accogliere le armi nucleari del partner russo.Una settimana di guerra è riuscita non solo a unire come mai l’Unione Europea, ma ha determinato anche cambiamenti inediti nella comunità internazionale: paesi storicamente neutrali come Svizzera, Finlandia e Svezia si sono infatte esposte e schierate.
La Germania di Scholz invece, ha deciso di destinare il 2% del suo PIL alle spese militari, ossia 100 miliardi di euro volti a potenziare un esercito che, dalla fine della seconda guerra mondiale, era stato quasi completamente depotenziato. Se sul fronte occidentale non stupisce la presa di posizione dei membri dell’Unione Europea e dei suoi alleati, non sorprende la reazione di Siria e Cuba, dichiaratamente vicine a Mosca. Come neanche il supporto a Putin del Venezuela di Maduro e della Corea del Nord di Kim Jong-un, che hanno “giustificato” l’invasione russa e condannato le dilaganti sanzioni economiche imposte dal blocco occidentale.
Per quanto riguarda il ruolo della Cina il discorso è molto più complesso. In un primo momento il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato la sua contrarietà nei confronti delle sanzioni economiche imposte alla Russia, sostenendone la loro inutilità, legittimando le preoccupazione dell’alleato Vladimir Putin. Nelle ultime ore l’atteggiamento della Cina sembra essere cambiato. Alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 26 febbraio che condannava l’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina (su cui la Russia ha posto il veto), la Cina ha risposto con l’astensione. Wang Yi, inoltre, in una conversazione con il Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha ha dichiarato che ≪la Cina deplora lo scoppio del conflitto ed è estremente preoccupata per i danni ai civili≫.
È indubbio che le azioni di Vladimir Putin abbiano portato a un suo isolamento, non solo economico, da parte di quasi tutta la comunità internazionale. La vera domanda è: basterà a farlo retrocedere, o gli farà giocare il tutto per tutto?
Giulia Esposito
Fermo restando che la guerra non è la soluzione, ma è da condannare senza se e senza ma. Se la Comunità Internazionale avesse messo in campo questa grande attenzione per tutelare la dignità anche di altri popoli come i curdi, i palestinesi, gli yemeniti e tanti altri sulle cui terre magari a fare i bulli sono quelli del clan della Nato con le loro scorribande, il mondo, forse, sarebbe migliore.