Qualcosa di nuovo sta nascendo. Le elezioni politiche 2018 sono ormai alle porte. E mentre i partiti tradizionali, ancorati alle vecchie logiche, non sembrano essere consapevoli dei mutamenti della società, c’è qualcuno che se n’è accorto: sono i ragazzi dell’Ex OPG Occupato di Napoli con “Potere al Popolo“. Nel giro di due settimane, la proposta di costruire una lista popolare alternativa per le prossime elezioni sta facendo il giro d’Italia espandendosi a macchia d’olio. Ieri, al Centro Sociale di Salerno, insieme con Spazio Pueblo, hanno spiegato le loro ragioni.
“Potere al popolo non è un partito“. È questo il primo dato che, durante l’assemblea di ieri al Centro Sociale di Salerno, è emerso. Decisioni prese in maniera orizzontale e democratica, lontane dalle logiche verticistiche di partito. Radicalità, popolarità, laicità, partecipazione, sono questi i temi a cui i ragazzi dell’ex OPG Occupato “Je so pazzo” hanno detto di ispirarsi.
Quella di Salerno non è stata l’unica assemblea. Nel giro di due settimane, da quando il 18 novembre il Teatro Italia di Roma ha riunito circa 800 persone da tutta Italia, è nato un vero e proprio movimento capace di affacciarsi già in 50 città d’Italia. Alle loro spalle non ci sono grandi sponsor o grandi politici. C’è il popolo.
Come spiega Davide Trezza, uno dei membri fondatori dell’organizzazione giovanile cavese, Spazio Pueblo: «Dobbiamo ripartire dal basso. Ecco perché nasce questo movimento. C’è bisogno di unire tutti coloro che condividono questo modo di agire sul territorio, e siamo convinti che tramite le assemblee la nostra voce possa arrivare in tutta Italia». E nel corso dell’assemblea si parlato anche di tematiche attuali che riguardano la provincia di Salerno: «Abbiamo il fiume che è uno dei più inquinati d’Italia, e a Battipaglia – prosegue Davide – c’è un popolo in lotta contro l’ennesimo impianto di trattamento rifiuti previsto. Se non vogliamo morire di capitalismo per i prossimi 100 anni è ora di credere davvero in questo progetto. Questo è ciò che chiedo».
Poi c’è Gianpiero, direttamente dall’ex OPG di Napoli che dice: «Noi non puntiamo alle poltrone. Siamo consapevoli che se pure avessimo dieci parlamentari non saremmo certi che le cose cambierebbero. E non ci interessa lo 0,1% o superare lo sbarramento. È fondamentale iniziare a costruire qualcosa. Perché il risultato finale conta. E noi vogliamo vincere. Oggi perderemo, ma domani saremo di più e così via, fin quando non avremo il potere decisionale per cambiare realmente le cose. Io amo definirla una “guerra lampo” la nostra, perché abbiamo poco tempo da qui a marzo 2018. Dobbiamo raccogliere 60.000 firme, autentiche, per presentarci alle elezioni. Non sarà facile perché qualcuno ci romperà le scatole, ma se dopo due settimane siamo arrivati già in 50 città d’Italia, coinvolgendo decine di migliaia di persone, ci sono tutti i presupposti per essere ottimisti».
Anche Gennaro Avallone, docente e ricercatore all’università di Salerno, ha voluto dare il suo contributo concentrandosi sul tema dei migranti, molto dibattuto nel corso dell’assemblea: «È importante lavorare sui territori per combattere il razzismo. In Italia ci sono pochissimi centri Sprar, la maggior parte degli immigrati finiscono in centri di accoglienza gestiti da privati. C’è poco controllo, non sappiamo realmente cosa accade lì dentro. Molti finiscono per fare i braccianti nella Piana del Sele per 25 euro al giorno. il mio consiglio, sui modi di agire, è di ispirarsi alle assemblee antirazziste a antifasciste come quelle che abbiamo tenuto a Salerno». Prima di concludere, Avallone lancia una frecciata al presidente della Regione Vincenzo De Luca: «Ha definito Daouda Niang, referente della comunità senegalese a Salerno, un mezzo camorrista (testuali parole rilasciate a Lira Tv) invitandolo a lasciare la città. Peccato che Daouda abiti a Fisciano, a qualche metro da casa mia. De Luca è sempre ben informato e preparato, questa volta ha fatto un buco nell’acqua».
Durante il dibattito, un signore di età avanzata è uscito a fumare una sigaretta esclamando: «Ai miei tempi, durante le assemblee si fumava all’interno. Dopo qualche ora c’era una cappa di fumo. Da quando non si fuma più luoghi pubblici la politica è cambiata». Un simpatico accostamento. Ecco, quand’è che si tornerà a fumare durante le assemblee?
Paolo Vacca